«Si è evitato un milione di aborti clandestini»
di M.Z.
L'Unità del 04/01/2008
L’Istituto superiore di sanità: la legge penalizzata dall’alto tasso di medici obiettori
I dati e le parole. La legge sull’interruzione volontaria di gravidanza quest’anno compie trent’anni e in dote si porta una grande quantità di numeri che da
soli basterebbero a porre fine alle roventi polemiche di questi ultimi giorni. Secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità nell’arco di tre decenni sono state evitate oltre 3 milioni 300mila interruzioni volontarie, di cui oltre un milione aborti clandestini. Erano proprio questi ultimi la piaga che spinse il Parlamento a dotare il Paese di una legge che tutellase la decisione sofferta e drammatica delle donne di non portare avanti la gravidanza senza dover rischiare la vita.
Ma oggi la legge, come fa notare Angela Spinelli, esperta dell’Iss, deve fare i conti con un altro dato che rischia di renderla inefficace: l’obiezione di coscienza del personale medico. Il 60% dei medici, il 46% degli anestesisti e il 39% del personale non medico si dichiara «obiettore di coscienza», soprattutto nel Sud del Paese. E non è un caso, allora, se il maggior numero di interruzioni di gravidanza si effettua nel Nord (60280 contro le 1187 del Sud), dando vita a una vera e propria migrazione verso le strutture dove c’è un maggior numero di medici che praticano l’Ivg e liste di attesa meno lunghe. Eppure, proprio grazie all’obiezione, anche nel 2006 gli aborti clandestini sono stati oltre 20mila. L’obiezione di coscienza - commenta Spinelli - «è un fenomeno che andrebbe considerato, ed in qualche modo affrontato, ai fini dell’applicabilità della legge. Anche perché le maggiori difficoltà che le donne incontrano in questi casi sono un elemento che, indirettamente, finisce per favorire il ricorso all’aborto clandestino. Soprattutto tra le immigrate per le quali, tra l’altro, l’Ivg è a pagamento se nopn sono iscritte al Servizio sanitario nazionale».
Nonostante questo, il bilancio è senza dubbio positivo: «È sicuramente notevole la diminuzione al ricorso all’Ivg registratasi dall’entrata in vigore della legge», spiega Spinelli. Si è passati, infatti, da 235mila aborti nel 1982, ai 130 mila del 2006, mentre gli aborti clandestini sono scesi dai 350mila registrati prima dell’entrata in vigore della legge ai 20 mila del 2006. Prima della legge 194 ogni anno morivano 10 donne, numero sottostimato, dal momento che l’aborto era illegale: questo vuol dire che potenzialmente da allora ad oggi le donne salvate - ha spiegato l’esperta dell’Iss - sono 300.
I fronti su cui lavorare sono ancora molti, a partire dalla prevenzione e l’informazione sui metodi anticoncezionali. Nel 2006 si registrano 4000 ivg tra le giovanissime, pari al 3% del totale, tra ragazze sotto i 18 anni e 10mila aborti tra quelle sotto i 20 anni. Fondamentale sarebbe, secondo l’Iss, il ruolo delle scuole.
Secondo Onda, l’osservatorio sulla salute delle donne, «la legge 194 andrebbe, semmai, aggiornata alla luce degli avanzamenti medici che consentono oggi interventi di interruzione della gravidanza meno invasivi, così come, sulla base del diritto a una gravidanza responsabile che la legge 194 garantisce alla donna, andrebbero modificate in modo coerente le linee guida della legge 40 sulla fecondazione assistita. In particolare, per consentire la diagnosi preimpianto degli embrioni, ed evitare successivamente il ricorso all'aborto».
Francesca Merzagora, presidente dell’Osservatorio, intervendo circa il dibattito politico in corso, commenta: «La legge 194 non obbliga le donne ad abortire, e prevede tra l'altro una consulenza volta a rendere più ponderata la scelta da parte della donna. Una donna che consideri l'aborto - pur regolato da una legge votata da un Parlamento democratico e confermata da un referendum - alla stregua di un infanticidio , è libera di non abortire».
di M.Z.
L'Unità del 04/01/2008
L’Istituto superiore di sanità: la legge penalizzata dall’alto tasso di medici obiettori
I dati e le parole. La legge sull’interruzione volontaria di gravidanza quest’anno compie trent’anni e in dote si porta una grande quantità di numeri che da
soli basterebbero a porre fine alle roventi polemiche di questi ultimi giorni. Secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità nell’arco di tre decenni sono state evitate oltre 3 milioni 300mila interruzioni volontarie, di cui oltre un milione aborti clandestini. Erano proprio questi ultimi la piaga che spinse il Parlamento a dotare il Paese di una legge che tutellase la decisione sofferta e drammatica delle donne di non portare avanti la gravidanza senza dover rischiare la vita.
Ma oggi la legge, come fa notare Angela Spinelli, esperta dell’Iss, deve fare i conti con un altro dato che rischia di renderla inefficace: l’obiezione di coscienza del personale medico. Il 60% dei medici, il 46% degli anestesisti e il 39% del personale non medico si dichiara «obiettore di coscienza», soprattutto nel Sud del Paese. E non è un caso, allora, se il maggior numero di interruzioni di gravidanza si effettua nel Nord (60280 contro le 1187 del Sud), dando vita a una vera e propria migrazione verso le strutture dove c’è un maggior numero di medici che praticano l’Ivg e liste di attesa meno lunghe. Eppure, proprio grazie all’obiezione, anche nel 2006 gli aborti clandestini sono stati oltre 20mila. L’obiezione di coscienza - commenta Spinelli - «è un fenomeno che andrebbe considerato, ed in qualche modo affrontato, ai fini dell’applicabilità della legge. Anche perché le maggiori difficoltà che le donne incontrano in questi casi sono un elemento che, indirettamente, finisce per favorire il ricorso all’aborto clandestino. Soprattutto tra le immigrate per le quali, tra l’altro, l’Ivg è a pagamento se nopn sono iscritte al Servizio sanitario nazionale».
Nonostante questo, il bilancio è senza dubbio positivo: «È sicuramente notevole la diminuzione al ricorso all’Ivg registratasi dall’entrata in vigore della legge», spiega Spinelli. Si è passati, infatti, da 235mila aborti nel 1982, ai 130 mila del 2006, mentre gli aborti clandestini sono scesi dai 350mila registrati prima dell’entrata in vigore della legge ai 20 mila del 2006. Prima della legge 194 ogni anno morivano 10 donne, numero sottostimato, dal momento che l’aborto era illegale: questo vuol dire che potenzialmente da allora ad oggi le donne salvate - ha spiegato l’esperta dell’Iss - sono 300.
I fronti su cui lavorare sono ancora molti, a partire dalla prevenzione e l’informazione sui metodi anticoncezionali. Nel 2006 si registrano 4000 ivg tra le giovanissime, pari al 3% del totale, tra ragazze sotto i 18 anni e 10mila aborti tra quelle sotto i 20 anni. Fondamentale sarebbe, secondo l’Iss, il ruolo delle scuole.
Secondo Onda, l’osservatorio sulla salute delle donne, «la legge 194 andrebbe, semmai, aggiornata alla luce degli avanzamenti medici che consentono oggi interventi di interruzione della gravidanza meno invasivi, così come, sulla base del diritto a una gravidanza responsabile che la legge 194 garantisce alla donna, andrebbero modificate in modo coerente le linee guida della legge 40 sulla fecondazione assistita. In particolare, per consentire la diagnosi preimpianto degli embrioni, ed evitare successivamente il ricorso all'aborto».
Francesca Merzagora, presidente dell’Osservatorio, intervendo circa il dibattito politico in corso, commenta: «La legge 194 non obbliga le donne ad abortire, e prevede tra l'altro una consulenza volta a rendere più ponderata la scelta da parte della donna. Una donna che consideri l'aborto - pur regolato da una legge votata da un Parlamento democratico e confermata da un referendum - alla stregua di un infanticidio , è libera di non abortire».