La Stampa, 27/11/2004
Povertà infantile in Italia
Ma l’embrione conta più di un bambino?
Michele Ainis
«Maxima debetur puero reverentia», diceva Giovenale: ai fanciulli si deve il massimo rispetto. E la ragione è ovvia, dato che essi formano il serbatoio del nostro futuro collettivo, e hanno perciò diritto a una speciale protezione. Diritto? A leggere l'ultimo Rapporto Eurispes-Telefono azzurro, rimane solo il torto. Quasi 2 milioni di bambini poveri. Un aumento di quelli che svaniscono nel nulla (624 in più tra il 2002 e il 2003), vittime del traffico d'organi, dell'abbandono, del disagio. Un'altrettanto grave crescita dei suicidi fra gli adolescenti. E queste cifre non si riferiscono alle strade di Manila, dove ogni notte 200 mila bambini dormono contro i marciapiedi; o al Darfur, dove in agosto l'Onu ha denunciato l'esistenza di migliaia di orfani armati, che uccidono e saccheggiano per procurarsi un po' di cibo. No, queste dell'Eurispes sono cifre italiane, scattano una fotografia di casa nostra.
Del resto non è tutto. Un recente studio di Eta Meta Research calcola che ogni 4 minuti i bambini italiani vengano colpiti da un'immagine violenta davanti alla tv. L'ultimo rapporto sulla sicurezza (stilato dal ministero dell'Interno) misura 1.200 violenze sessuali sui minori nel periodo 2001-2004; e l'84% degli episodi si verifica in famiglia. Sono molti di più, d'altronde, gli abusi psicologici, le prepotenze, le incurie d'ogni sorta: ai telefoni del numero verde 113 Emergenza Infanzia (che peraltro è attivo solo in Lombardia, Veneto e Sicilia) arrivano ogni giorno oltre 2.500 segnalazioni. Altrettanti casi d'infanzia negata.
Da qui tre distinte riflessioni. Primo: a che serve elargire ai nostri figli un lenzuolo di garanzie giuridiche, se poi non riusciamo ad applicarle?
L'Italia ha ratificato la Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo; reprime la violenza sessuale sui minori con una normativa del 1996; dal 1997 sostiene l'infanzia attraverso un Fondo nazionale; tutela la maternità mediante un testo unico del 2001, emendato l'anno scorso; poi però dai codici abbassi lo sguardo sui cortili, e ti ritrovi dinanzi a uno spettacolo assai meno edificante. Secondo: l'ingiustizia del mondo è ancora più ingiusta verso i deboli, verso chi non ha unghie per difendersi. I bambini poveri dunque, ma non solo: per dirne una, in Italia quando il capofamiglia è anziano i consumi sono più bassi del 25% rispetto alla media nazionale. Terzo: la politica dovrebbe smetterla d'arrovellarsi su questioni astratte, mettendo una buona volta i piedi sulla terra. A febbraio il Parlamento ha varato un profluvio di divieti per difendere la sopravvivenza dell'embrione, ossia d'un gruppo di cellule che ingrandito di 130 volte appare come una punta di spillo; ma non trova ancora il tempo d'occuparsi dei bambini in carne ed ossa, e anzi s'appresta a tagliare risorse dalla scuola. Possiamo allora permetterci un consiglio? Lasciate il microscopio agli scienziati, e inforcatevi gli occhiali.
Povertà infantile in Italia
Ma l’embrione conta più di un bambino?
Michele Ainis
«Maxima debetur puero reverentia», diceva Giovenale: ai fanciulli si deve il massimo rispetto. E la ragione è ovvia, dato che essi formano il serbatoio del nostro futuro collettivo, e hanno perciò diritto a una speciale protezione. Diritto? A leggere l'ultimo Rapporto Eurispes-Telefono azzurro, rimane solo il torto. Quasi 2 milioni di bambini poveri. Un aumento di quelli che svaniscono nel nulla (624 in più tra il 2002 e il 2003), vittime del traffico d'organi, dell'abbandono, del disagio. Un'altrettanto grave crescita dei suicidi fra gli adolescenti. E queste cifre non si riferiscono alle strade di Manila, dove ogni notte 200 mila bambini dormono contro i marciapiedi; o al Darfur, dove in agosto l'Onu ha denunciato l'esistenza di migliaia di orfani armati, che uccidono e saccheggiano per procurarsi un po' di cibo. No, queste dell'Eurispes sono cifre italiane, scattano una fotografia di casa nostra.
Del resto non è tutto. Un recente studio di Eta Meta Research calcola che ogni 4 minuti i bambini italiani vengano colpiti da un'immagine violenta davanti alla tv. L'ultimo rapporto sulla sicurezza (stilato dal ministero dell'Interno) misura 1.200 violenze sessuali sui minori nel periodo 2001-2004; e l'84% degli episodi si verifica in famiglia. Sono molti di più, d'altronde, gli abusi psicologici, le prepotenze, le incurie d'ogni sorta: ai telefoni del numero verde 113 Emergenza Infanzia (che peraltro è attivo solo in Lombardia, Veneto e Sicilia) arrivano ogni giorno oltre 2.500 segnalazioni. Altrettanti casi d'infanzia negata.
Da qui tre distinte riflessioni. Primo: a che serve elargire ai nostri figli un lenzuolo di garanzie giuridiche, se poi non riusciamo ad applicarle?
L'Italia ha ratificato la Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo; reprime la violenza sessuale sui minori con una normativa del 1996; dal 1997 sostiene l'infanzia attraverso un Fondo nazionale; tutela la maternità mediante un testo unico del 2001, emendato l'anno scorso; poi però dai codici abbassi lo sguardo sui cortili, e ti ritrovi dinanzi a uno spettacolo assai meno edificante. Secondo: l'ingiustizia del mondo è ancora più ingiusta verso i deboli, verso chi non ha unghie per difendersi. I bambini poveri dunque, ma non solo: per dirne una, in Italia quando il capofamiglia è anziano i consumi sono più bassi del 25% rispetto alla media nazionale. Terzo: la politica dovrebbe smetterla d'arrovellarsi su questioni astratte, mettendo una buona volta i piedi sulla terra. A febbraio il Parlamento ha varato un profluvio di divieti per difendere la sopravvivenza dell'embrione, ossia d'un gruppo di cellule che ingrandito di 130 volte appare come una punta di spillo; ma non trova ancora il tempo d'occuparsi dei bambini in carne ed ossa, e anzi s'appresta a tagliare risorse dalla scuola. Possiamo allora permetterci un consiglio? Lasciate il microscopio agli scienziati, e inforcatevi gli occhiali.