Soldi per sanità e scuole cattoliche Ecco i veri obiettivi del Vaticano
Il Manifesto del 11 gennaio 2008, pag. 8
di E. Ma.
Tutela degli interessi della sanità e della scuola privata cattolica, contrasto al riconoscimento delle unioni civili, promozione della famiglia patriarcale dove la donna ritorni ad assumere un ruolo squisitamente riproduttivo, e sostegno alla politica securitaria come risposta ai conflitti sociali. Con tutta evidenza il discorso di Benedetto XVI rivolto ai rappresentanti degli enti locali di Roma e Lazio si proponeva queste principali finalità. D'altronde negli ultimi tempi le preoccupazioni delle gerarchie vaticane attorno a questi temi hanno più di un fondamento.
Infatti, a parte il finanziamento pubblico agli oratori come «centri di socialità e di promozione culturale» incassato con gratitudine da Papa Ratzinger, troppo spesso evidentemente i politici locali non mostrano sufficiente attenzione ai beni della Chiesa. Certo, Benedetto XVI mostra a sua volta poca gratitudine verso il sindaco di Roma che senza dubbio ebbe un ruolo fondamentale il 17 dicembre scorso nel far naufragare l'istituzione di un registro delle unioni civili capitolino, tanto da sacrificare l'unità della maggioranza del Consiglio comunale. Ma è altrettanto vero che deve essere suonato come un campanello d'allarme il discorso fatto mercoledì scorso da Livia Turco con il quale la ministra della Salute si era riproposta di far applicare meglio la legge 194, soprattutto nella sua parte riguardante la prevenzione, visto l'aumento del numero di aborti tra le donne immigrate. Il problema è che prevenzione, cioè anche pianificazione familiare, consapevolezza della maternità e controllo delle nascite, suona a orecchie vaticane come una bestemmia.
Per evitare la quale occorrono appunto molti più ospedali cattolici, in modo da rimpolpare meglio l'esercito di medici obiettori di coscienza che, come ha evidenziato anche un'inchiesta presentata ieri dai Radicali Roma, ormai ostacolano anche la distribuzione della pillola del giorno dopo, riconosciuta dall'Oms e in tutto il resto del mondo come anticoncezionale. D'altra parte non sarà un caso se nei campi rom, menzionati dal Papa, dove da decine di anni sono presenti le associazioni di volontariato cattolico più care al Santo padre come Sant'Egidio, c'è una tale ignoranza sessuale e dei metodi contraccettivi che le bambine di 15 o 16 anni spesso crescono assieme ai loro figli.
Ma il motivo che più di tutti ha spinto il fine teologo a scendere sul piano più pragmatico delle finanze è stato il recente tentativo della Regione Lazio di mettere alcuni limiti alle erogazioni verso le strutture sanitarie private. Nulla di più che tentare di risanare il buco di 10 miliardi di euro della sanità pubblica regionale dovuti per larga parte al modo in cui per anni, soprattutto durante l'era Storace, sono stati finanziati gli ospedali, i laboratori e le cliniche private, la maggior parte delle quali sono a gestione diretta o indiretta di enti cattolici. Cercando di stabilire un tetto per le prestazioni erogate dai privati e un monitoraggio delle spese almeno semestrale.
Papa Benedetto XVI dunque ha pensato bene di intervenire personalmente nel tavolo di confronto aperto qualche mese fa dalla Regione con il Policlinico Gemelli, uno dei più grandi centri di eccellenza del paese, ma privato. Il Gemelli infatti costa ormai alla Regione Lazio circa 20 milioni di euro al mese, oltre 200 milioni l'anno. Un giro di interessi da far impallidire quasi qualunque porpora. Un tesoro da tutelare.
Il Manifesto del 11 gennaio 2008, pag. 8
di E. Ma.
Tutela degli interessi della sanità e della scuola privata cattolica, contrasto al riconoscimento delle unioni civili, promozione della famiglia patriarcale dove la donna ritorni ad assumere un ruolo squisitamente riproduttivo, e sostegno alla politica securitaria come risposta ai conflitti sociali. Con tutta evidenza il discorso di Benedetto XVI rivolto ai rappresentanti degli enti locali di Roma e Lazio si proponeva queste principali finalità. D'altronde negli ultimi tempi le preoccupazioni delle gerarchie vaticane attorno a questi temi hanno più di un fondamento.
Infatti, a parte il finanziamento pubblico agli oratori come «centri di socialità e di promozione culturale» incassato con gratitudine da Papa Ratzinger, troppo spesso evidentemente i politici locali non mostrano sufficiente attenzione ai beni della Chiesa. Certo, Benedetto XVI mostra a sua volta poca gratitudine verso il sindaco di Roma che senza dubbio ebbe un ruolo fondamentale il 17 dicembre scorso nel far naufragare l'istituzione di un registro delle unioni civili capitolino, tanto da sacrificare l'unità della maggioranza del Consiglio comunale. Ma è altrettanto vero che deve essere suonato come un campanello d'allarme il discorso fatto mercoledì scorso da Livia Turco con il quale la ministra della Salute si era riproposta di far applicare meglio la legge 194, soprattutto nella sua parte riguardante la prevenzione, visto l'aumento del numero di aborti tra le donne immigrate. Il problema è che prevenzione, cioè anche pianificazione familiare, consapevolezza della maternità e controllo delle nascite, suona a orecchie vaticane come una bestemmia.
Per evitare la quale occorrono appunto molti più ospedali cattolici, in modo da rimpolpare meglio l'esercito di medici obiettori di coscienza che, come ha evidenziato anche un'inchiesta presentata ieri dai Radicali Roma, ormai ostacolano anche la distribuzione della pillola del giorno dopo, riconosciuta dall'Oms e in tutto il resto del mondo come anticoncezionale. D'altra parte non sarà un caso se nei campi rom, menzionati dal Papa, dove da decine di anni sono presenti le associazioni di volontariato cattolico più care al Santo padre come Sant'Egidio, c'è una tale ignoranza sessuale e dei metodi contraccettivi che le bambine di 15 o 16 anni spesso crescono assieme ai loro figli.
Ma il motivo che più di tutti ha spinto il fine teologo a scendere sul piano più pragmatico delle finanze è stato il recente tentativo della Regione Lazio di mettere alcuni limiti alle erogazioni verso le strutture sanitarie private. Nulla di più che tentare di risanare il buco di 10 miliardi di euro della sanità pubblica regionale dovuti per larga parte al modo in cui per anni, soprattutto durante l'era Storace, sono stati finanziati gli ospedali, i laboratori e le cliniche private, la maggior parte delle quali sono a gestione diretta o indiretta di enti cattolici. Cercando di stabilire un tetto per le prestazioni erogate dai privati e un monitoraggio delle spese almeno semestrale.
Papa Benedetto XVI dunque ha pensato bene di intervenire personalmente nel tavolo di confronto aperto qualche mese fa dalla Regione con il Policlinico Gemelli, uno dei più grandi centri di eccellenza del paese, ma privato. Il Gemelli infatti costa ormai alla Regione Lazio circa 20 milioni di euro al mese, oltre 200 milioni l'anno. Un giro di interessi da far impallidire quasi qualunque porpora. Un tesoro da tutelare.