l’Unità 16.1.08
Carlo Bernardini. Macché intolleranza. Disdicevole è chiedere al Papa, intransigente sull’etica, la lectio magistralis
«Non viene? Bene. Sarebbe stato irresponsabile»
di Cristiana Pulcinelli
«Sono contento che Ratzinger non venga. Se avesse provocato tafferugli, lo avrei giudicato peggio che mai: "socialmente irresponsabile per motivi ideologici"». Il fisico Carlo Bernardini chiude con una battuta una storia cominciata qualche giorno fa con la pubblicazione di una lettera indirizzata da un gruppo di docenti al rettore dell’università La Sapienza. Bernardini quella lettera l’aveva firmata. «La lectio magistralis l’anno scorso l’ho fatta io. Quando ho saputo che quest’anno sarebbe stata affidata a Ratzinger la cosa mi ha colpito. L’inaugurazione ha un significato preciso. L’idea su cui viene costruita la lezione magistrale è quella di dare l’indirizzo culturale all’università per l’anno che si sta aprendo. Che questo indirizzo lo desse Ratzinger ci è sembrato disdicevole».
Come ha inizio la storia?
«La storia ha inizio il giorno in cui Marcello Cini è venuto a sapere che si stava discutendo l’ipotesi di far fare la lezione magistrale di inaugurazione dell’anno accademico a Ratzinger. Così ha scritto al Manifesto per esporre il suo dissenso. Noi abbiamo sostenuto la sua iniziativa con una lettera al rettore».
Il problema era Ratzinger?
«Ratzinger non è una figura innocua: il suo atteggiamento verso la scienza è dogmatico, la sua pretesa è quella di un controllo assoluto. Ratzinger è una persona intransigente sui problemi dell’etica legata alla ricerca scientifica e questo è sotto gli occhi di tutti: lo si è visto sulla questione della fecondazione assistita, sulla limitazione dei rapporti sessuali alle sole coppie eterosessuali, sulla questione delle coppie di fatto. Tutte le posizioni della Chiesa su questi temi sono ispirate da lui. In generale, c’è da chiedersi se è mai possibile che un esponente dottrinario di una delle tante religioni locali venga ad inaugurare l’anno accademico all’università, luogo in cui si deposita la conoscenza. Che all’università si insegni la storia delle religioni, va bene. Ma che sia presente la teologia dominante è un’altra cosa. Tanto più che la dottrina rappresentata non è simpatizzante con la conoscenza scientifica le cui basi sono il dubbio e l’incertezza, come dimostra anche l’affermazione fatta dal papa su Galileo che abbiamo citato nella lettera».
Che cosa è accaduto dopo?
«Il rettore forse capì che nasceva un inutile vespaio e decise di cambiare programma: la lezione magistrale è stata chiesta a Mario Caravale e Ratzinger sarebbe stato invitato per parlare della moratoria sulla pena di morte. Rimaneva il rischio che, con l’occasione della pena di morte, il papa parlasse di aborto. Ma decidemmo di soprassedere. In fondo, il papa non avrebbe più dato l’indirizzo: la sua presenza ci avrebbe lasciato liberi di scrivere e dire quello che abbiamo sempre scritto, detto e pensato. Così la lettera non è stata resa pubblica fino a giovedì scorso, quando è riapparsa».
Molti hanno protestato dicendo che l’università è intollerante. Che ne pensa?
«La cosa più giusta l’ha detta Emma Bonino: come fate a dire che l’università ha imbavagliato il papa se parla dappertutto? Io rimango dell’idea che venire a parlare all’università sarebbe stata una scelta inopportuna. Si dice: ciascuno ha il diritto di esprimere la propria opinione. Vero, ma abbiamo anche il diritto di dire che alcune opinioni sono sciocchezze. Se si parte da quel presupposto, infatti, dobbiamo affermare che il diritto di parlare all’università ce l’ha anche l’astrologo o lo sciamano. Se però io nego questo diritto all’astrologo tutti lo trovano ovvio. Il papa sarebbe venuto a parlare in un luogo dove tanti hanno lavorato per anni con tutt’altro spirito da quello che lui incarna».
Cosa dobbiamo imparare da questa vicenda?
«Credo che faremmo bene a riflettere: questi rigurgiti di religiosità ci porteranno ad obbedienze che dovrebbero essere da sempre estranee alla nostra civiltà».
Carlo Bernardini. Macché intolleranza. Disdicevole è chiedere al Papa, intransigente sull’etica, la lectio magistralis
«Non viene? Bene. Sarebbe stato irresponsabile»
di Cristiana Pulcinelli
«Sono contento che Ratzinger non venga. Se avesse provocato tafferugli, lo avrei giudicato peggio che mai: "socialmente irresponsabile per motivi ideologici"». Il fisico Carlo Bernardini chiude con una battuta una storia cominciata qualche giorno fa con la pubblicazione di una lettera indirizzata da un gruppo di docenti al rettore dell’università La Sapienza. Bernardini quella lettera l’aveva firmata. «La lectio magistralis l’anno scorso l’ho fatta io. Quando ho saputo che quest’anno sarebbe stata affidata a Ratzinger la cosa mi ha colpito. L’inaugurazione ha un significato preciso. L’idea su cui viene costruita la lezione magistrale è quella di dare l’indirizzo culturale all’università per l’anno che si sta aprendo. Che questo indirizzo lo desse Ratzinger ci è sembrato disdicevole».
Come ha inizio la storia?
«La storia ha inizio il giorno in cui Marcello Cini è venuto a sapere che si stava discutendo l’ipotesi di far fare la lezione magistrale di inaugurazione dell’anno accademico a Ratzinger. Così ha scritto al Manifesto per esporre il suo dissenso. Noi abbiamo sostenuto la sua iniziativa con una lettera al rettore».
Il problema era Ratzinger?
«Ratzinger non è una figura innocua: il suo atteggiamento verso la scienza è dogmatico, la sua pretesa è quella di un controllo assoluto. Ratzinger è una persona intransigente sui problemi dell’etica legata alla ricerca scientifica e questo è sotto gli occhi di tutti: lo si è visto sulla questione della fecondazione assistita, sulla limitazione dei rapporti sessuali alle sole coppie eterosessuali, sulla questione delle coppie di fatto. Tutte le posizioni della Chiesa su questi temi sono ispirate da lui. In generale, c’è da chiedersi se è mai possibile che un esponente dottrinario di una delle tante religioni locali venga ad inaugurare l’anno accademico all’università, luogo in cui si deposita la conoscenza. Che all’università si insegni la storia delle religioni, va bene. Ma che sia presente la teologia dominante è un’altra cosa. Tanto più che la dottrina rappresentata non è simpatizzante con la conoscenza scientifica le cui basi sono il dubbio e l’incertezza, come dimostra anche l’affermazione fatta dal papa su Galileo che abbiamo citato nella lettera».
Che cosa è accaduto dopo?
«Il rettore forse capì che nasceva un inutile vespaio e decise di cambiare programma: la lezione magistrale è stata chiesta a Mario Caravale e Ratzinger sarebbe stato invitato per parlare della moratoria sulla pena di morte. Rimaneva il rischio che, con l’occasione della pena di morte, il papa parlasse di aborto. Ma decidemmo di soprassedere. In fondo, il papa non avrebbe più dato l’indirizzo: la sua presenza ci avrebbe lasciato liberi di scrivere e dire quello che abbiamo sempre scritto, detto e pensato. Così la lettera non è stata resa pubblica fino a giovedì scorso, quando è riapparsa».
Molti hanno protestato dicendo che l’università è intollerante. Che ne pensa?
«La cosa più giusta l’ha detta Emma Bonino: come fate a dire che l’università ha imbavagliato il papa se parla dappertutto? Io rimango dell’idea che venire a parlare all’università sarebbe stata una scelta inopportuna. Si dice: ciascuno ha il diritto di esprimere la propria opinione. Vero, ma abbiamo anche il diritto di dire che alcune opinioni sono sciocchezze. Se si parte da quel presupposto, infatti, dobbiamo affermare che il diritto di parlare all’università ce l’ha anche l’astrologo o lo sciamano. Se però io nego questo diritto all’astrologo tutti lo trovano ovvio. Il papa sarebbe venuto a parlare in un luogo dove tanti hanno lavorato per anni con tutt’altro spirito da quello che lui incarna».
Cosa dobbiamo imparare da questa vicenda?
«Credo che faremmo bene a riflettere: questi rigurgiti di religiosità ci porteranno ad obbedienze che dovrebbero essere da sempre estranee alla nostra civiltà».