l’Unità 13.1.08
Tra Bertone e Ruini fulmini all’ombra del Vaticano
di Roberto Monteforte
Pace fatta tra Vaticano e Campidoglio dopo le precisazioni seguite all’udienza di giovedì. Tutti soddisfatti dopo la nota di chiarificazione della Santa Sede sulle reali intenzioni del pontefice, vescovo di Roma a proposito del degrado della Capitale. Ma il freddo resta e pesante tra amministrazione capitolina e un altro palazzo apostolico, quello di san Giovanni in Laterano, sede del Vicariato e del cardinal-vicario Camillo Ruini. Non solo. Se si è dissinescata una polemica che poteva avere effetti pericolosi per i rapporti tra la Chiesa, praticamente possibile ostaggio della campagna di strumentalizzazione della destra, e l’intero centrosinistra, lo si deve all’intervento diretto del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone che ha colto il pericolo. Anche per la telefonata del premier, Romano Prodi che pare gli abbia chiarito la portata politica delle strumentalizzazioni delle parole del pontefice, critiche verso il sindaco di Roma, nonché leader del Pd, Walter Veltroni. La segreteria di Stato interviene e chiarisce. È un passo importante per mantere aperta quell’interlocuzione con il primo cittadino della Capitale anche nella sua nuova veste di leader politico interlocutore attento e aperto alle esigenze della Chiesa.
L’obiettivo può essere stato anche un altro. Più interno alle dinamiche in seno alla Chiesa. Visto che la secca denuncia sul degrado che colpisce la Città eterna contenuta nel discorso del Papa, era stata confezionato altrove, in Vicariato appunto, negli uffici dove ancora governa il cardinale Ruini, fautore convinto di una presenza più direttamente «politica» della Chiesa in Italia. Al porporato che ha guidato in modo incontrastato la Cei per oltre un ventennio, al fine stratega della «visibilità» della Chiesa nella società secolarizzata, al regista «politico» dell’astensione sul referendum sulla fecondazione assistita, brandito come una vittoria della Chiesa ed espressione della sua egemonia sulla società italiana, non potevano certo sfuggire le implicazioni di quel messaggio. Compreso il rischio di una rottura brusca con il centrosinistra e con la novità per la democrazia italiana rappresentata dal Pd.
Ma l’era Ruini è finita. C’è da correggere. Bertone non delega. Non a caso alla guida della Cei è stato chiamato l’arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, figura robusta, ma certo non presenzialista. Lo ha chiarito più volte Bertone, vuole essere lui e solo lui a tenere i fili dei rapporti con la politica in Italia. Decide di intervenire: da qui la nota ufficiale della Santa Sede e il suggello datole con la sua dichiarazione.
È una contrapposizione che prosegue. Ruini è una personalità forte, che continua ad avere un suo peso nella vita della Chiesa italiana ed anche nella dinamica politica. Lo si è visto sulla 194, con il suo appoggio all’inziativa di moratoria sull’aborto lanciata dal direttore del Foglio, Giuliano Ferrara.
Il vero strappo con l’«era Ruini» c’è stato lo scorso febbraio, in un’occasione solenne e impegnativa sia per il Vaticano che per lo Stato italiano: l’anniversario della firma dei patti Lateranensi. Il tradizionale incontro presso l’ambasciata d’Italia a villa Borromeo tra i massimi rappresentanti della Repubblica italiana e della Chiesa, è stato anticipato da un faccia a faccia tra il segretario di Stato Bertone e il premier Prodi. Uno scambio di impressioni durato una buona mezz’ora. Fuori, ad attenderne la conclusione, l’allora presidente della Cei e cardinal vicario Ruini e i suoi collaboratori.
È da quell’incontro che emerge con chiarezza come qualcosa sia cambiato nei rapporti tra le due sponde del Tevere. Senza nulla togliere all’intransigenza nella difesa dei valori, il segretario di Stato sembra poco propenso a dare spazio allo spirito di crociata. Vuole lasciarsi aperte le vie del dialogo a tutto campo, L’importante è incidere. Così, «pragmaticamente» incontra il leader del Pd, Veltroni a cui pone il niet vaticano sul registro delle unioni civili ed anche il Berlusconi che annuncia il nuovo partito del centrodestra.
Ma Ruini è tenace, intende condizionare il futuro, avere voce in capitolo nella oramai prossima nomina del suo successore. C’è chi dice che avverrà entro Pasqua, chi invece ipotizza entro l’estate. Chi gli succederà? «Sarà un pastore, una figura dal forte tratto spirituale». Questo è l’identikit indicato dalla segreteria di Stato. Corrisponde alla linea impressa da Ratzinger alla Chiesa. Sarà il Papa a decidere. Ma le ipotesi si succedono. Viene dato in forte ribasso il prelato che più impersona la linea della continuità con il «Ruini-pensiero»: il rettore della Lateranense e vescovo ausiliare della Capitale, monsignor Rino Fisichella, «cappellano» di Montecitorio e politico per vocazione. È un altro il nome che circola con insistenza: quello del cardinale Agostino Vallini, attualmente a capo del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. È figura di pastore, oltre che fine giurista, una persona lontana dalla ribalta. Si vedrà. Certo è che quella scelta vorrà dire molto non solo per la diocesi di Roma.
Tra Bertone e Ruini fulmini all’ombra del Vaticano
di Roberto Monteforte
Pace fatta tra Vaticano e Campidoglio dopo le precisazioni seguite all’udienza di giovedì. Tutti soddisfatti dopo la nota di chiarificazione della Santa Sede sulle reali intenzioni del pontefice, vescovo di Roma a proposito del degrado della Capitale. Ma il freddo resta e pesante tra amministrazione capitolina e un altro palazzo apostolico, quello di san Giovanni in Laterano, sede del Vicariato e del cardinal-vicario Camillo Ruini. Non solo. Se si è dissinescata una polemica che poteva avere effetti pericolosi per i rapporti tra la Chiesa, praticamente possibile ostaggio della campagna di strumentalizzazione della destra, e l’intero centrosinistra, lo si deve all’intervento diretto del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone che ha colto il pericolo. Anche per la telefonata del premier, Romano Prodi che pare gli abbia chiarito la portata politica delle strumentalizzazioni delle parole del pontefice, critiche verso il sindaco di Roma, nonché leader del Pd, Walter Veltroni. La segreteria di Stato interviene e chiarisce. È un passo importante per mantere aperta quell’interlocuzione con il primo cittadino della Capitale anche nella sua nuova veste di leader politico interlocutore attento e aperto alle esigenze della Chiesa.
L’obiettivo può essere stato anche un altro. Più interno alle dinamiche in seno alla Chiesa. Visto che la secca denuncia sul degrado che colpisce la Città eterna contenuta nel discorso del Papa, era stata confezionato altrove, in Vicariato appunto, negli uffici dove ancora governa il cardinale Ruini, fautore convinto di una presenza più direttamente «politica» della Chiesa in Italia. Al porporato che ha guidato in modo incontrastato la Cei per oltre un ventennio, al fine stratega della «visibilità» della Chiesa nella società secolarizzata, al regista «politico» dell’astensione sul referendum sulla fecondazione assistita, brandito come una vittoria della Chiesa ed espressione della sua egemonia sulla società italiana, non potevano certo sfuggire le implicazioni di quel messaggio. Compreso il rischio di una rottura brusca con il centrosinistra e con la novità per la democrazia italiana rappresentata dal Pd.
Ma l’era Ruini è finita. C’è da correggere. Bertone non delega. Non a caso alla guida della Cei è stato chiamato l’arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, figura robusta, ma certo non presenzialista. Lo ha chiarito più volte Bertone, vuole essere lui e solo lui a tenere i fili dei rapporti con la politica in Italia. Decide di intervenire: da qui la nota ufficiale della Santa Sede e il suggello datole con la sua dichiarazione.
È una contrapposizione che prosegue. Ruini è una personalità forte, che continua ad avere un suo peso nella vita della Chiesa italiana ed anche nella dinamica politica. Lo si è visto sulla 194, con il suo appoggio all’inziativa di moratoria sull’aborto lanciata dal direttore del Foglio, Giuliano Ferrara.
Il vero strappo con l’«era Ruini» c’è stato lo scorso febbraio, in un’occasione solenne e impegnativa sia per il Vaticano che per lo Stato italiano: l’anniversario della firma dei patti Lateranensi. Il tradizionale incontro presso l’ambasciata d’Italia a villa Borromeo tra i massimi rappresentanti della Repubblica italiana e della Chiesa, è stato anticipato da un faccia a faccia tra il segretario di Stato Bertone e il premier Prodi. Uno scambio di impressioni durato una buona mezz’ora. Fuori, ad attenderne la conclusione, l’allora presidente della Cei e cardinal vicario Ruini e i suoi collaboratori.
È da quell’incontro che emerge con chiarezza come qualcosa sia cambiato nei rapporti tra le due sponde del Tevere. Senza nulla togliere all’intransigenza nella difesa dei valori, il segretario di Stato sembra poco propenso a dare spazio allo spirito di crociata. Vuole lasciarsi aperte le vie del dialogo a tutto campo, L’importante è incidere. Così, «pragmaticamente» incontra il leader del Pd, Veltroni a cui pone il niet vaticano sul registro delle unioni civili ed anche il Berlusconi che annuncia il nuovo partito del centrodestra.
Ma Ruini è tenace, intende condizionare il futuro, avere voce in capitolo nella oramai prossima nomina del suo successore. C’è chi dice che avverrà entro Pasqua, chi invece ipotizza entro l’estate. Chi gli succederà? «Sarà un pastore, una figura dal forte tratto spirituale». Questo è l’identikit indicato dalla segreteria di Stato. Corrisponde alla linea impressa da Ratzinger alla Chiesa. Sarà il Papa a decidere. Ma le ipotesi si succedono. Viene dato in forte ribasso il prelato che più impersona la linea della continuità con il «Ruini-pensiero»: il rettore della Lateranense e vescovo ausiliare della Capitale, monsignor Rino Fisichella, «cappellano» di Montecitorio e politico per vocazione. È un altro il nome che circola con insistenza: quello del cardinale Agostino Vallini, attualmente a capo del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. È figura di pastore, oltre che fine giurista, una persona lontana dalla ribalta. Si vedrà. Certo è che quella scelta vorrà dire molto non solo per la diocesi di Roma.