Aborto, è caccia alle streghe: la polizia irrompe al Policlinico
Liberazione del 13 febbraio 2008, pag. 1
di Davide Varì
Un blitz, una sofisticata e repentina operazione di polizia per cogliere il colpevole - anzi, la colpevole - in flagranza di reato: il «reato di feticidio». Nella realtà un aborto del tutto ordinario ed entro i termini previsti dalla legge 194.
E' successo l'altro ieri sera al Policlinico dell'Università Federico II di Napoli. Erano le 18 della sera circa quando sei poliziotti hanno fatto irruzione nel reparto di ostetricia. Un'azione scattata dopo una segnalazione telefonica, a quanto pare non anonima, che parlava di "feticidio in corso". L'"assassina", una trentanovenne di Napoli, era lì per abortire a causa di una grave malformazioni fetale. Un'operazione del tutto ordinaria se non fosse che la feroce campagna antiabortista sta condizionando comportamenti e linguaggio fino a quasi rasentare il grottesco.
Fatto sta che i sei pubblici ufficiali pretendevano di interrogare la donna colpevole di aver praticato l'aborto ed accertarsi che il tutto fosse entro i termini previsti dalla legge. A quel punto i medici di turno hanno chiesto un mandato, un pezzo di carta qualsiasi che giustificasse quell'irruzione. Nulla, i poliziotti non avevano neanche l'ombra di un mandato, una scartoffia, un timbro istituzionale.
Presi alla sprovvista hanno pensato bene di telefonare in procura per ottenere l'autorizzare via cavo. Ricevuto l'ok hanno proceduto: sono entrati nella stanza della donna per iniziare l'interrogatorio e non contenti hanno interrogato anche la sua compagna di stanza. Chi era presente parla di vere e proprie "intimidazioni": «Se non parla ora - avrebbero detto i poliziotti - dovrà farlo davanti a un giudice».
A quel punto sono intervenuti i medici di turno che hanno per così dire persuaso i pubblici ufficiali ad allontanarsi. Di fronte a quella richiesta - e resisi forse conto che in fondo si trovavano pur sempre in un ospedale - i poliziotti hanno girato i tacchi e si sono allontanati portandosi via la cartella clinica ed il «prodotto abortivo»: un feto di venti settimane per 400 grammi di peso circa, che ora dovrà essere analizzato e utilizzato in qualità di reperto e prova.
Una vicenda che non è passata certo inosservata e che ha preoccupato non poco la parte laica della politica italiana. Senza considerare che l'aborto della signora era avvenuto nel pieno rispetto della legge.
Raggiunto al telefono da Liberazione, il dottor Francesco Leone, responsabile del Servizio Ivg, si dice turbato e scosso per quanto ha dovuto assistere. «Abbiamo praticato l'interruzione di gravidanza terapeutica nel secondo trimestre», ha spiegato lo specialista, «quindi nei termini di legge. D'altronde il feto era affetto da una grave malattia congenita». La donna, la presunta colpevole, è semplicemente sconvolta: «Mi è stato chiesto se per abortire avevo pagato - ha dichiarato la donna dopo l'interrogatorio - ed ho spiegato che non era stato così. I risultati dell'amniocentesi, ritirata lo scorso 31 gennaio, avevano accertato che il feto soffriva della sindrome di Klineferter, un'anomalia cromosomica».
Nella relazione del primario, Carmine Nappi, si legge che «il feto presentava un'alterazione cromosomica. Se la gravidanza fosse stata portata a termine ci sarebbe stato il 40% di possibilità di un deficit mentale. La donna ha presentato un certificato psichiatrico della stessa struttura universitaria sul rischio di grave danno alla salute psichica, che ha autorizzato l'intervento». Una misura terapeutica, quindi, nel pieno rispetto della legge 194, effettuata alla ventunesima settimana di gravidanza.
Rina Gagliardi, senatrice di Rifondazione parla senza mezzi termini di «fatto gravissimo. Si prova uno sgomento immenso nel leggere notizie come questa», aggiunge Gagliardi. «Vogliamo conoscere i responsabili di questo gesto violento e irrispettoso e chiediamo che paghi per questa inqualificabile, disgustosa condotta» conclude la senatrice. Anche Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale (Sidip) e presidente del Forum delle associazioni di diagnosi, genetica e riproduzione parla di «fatto gravissimo» e di clima da caccia alle streghe».
Sui fatti di Napoli è intervenuta anche la ministro alla salute Livia turco:«Siamo arrivati al punto - ha commentato - di fare ed usare denunce anonime, con il risultato di porre sul banco degli accusati una donna che aveva appena effettuato un'interruzione di gravidanza nell'ambito della legge 194 in un ospedale pubblico e i sanitari che l'hanno assistita».
Dura anche l'Unione donne in Italia che parla di «clima che sta montando contro le donne, nel nostro paese e nel caso specifico in Campania, che genera procedure ai limiti della legittimità, ma soprattutto contrarie ad ogni buon senso» e dà appuntamento a tutte le donne napoletane per giovedì prossimo, in piazza Vanvitelli, alle ore 17.
Non ha dubbi e difende l'operato delle forze dell'ordine, Antonio Martusciello di Forza Italia: «L'intervento della polizia nella clinica ostetrica del policlinico dell'università Federico II di Napoli è stato originato da una denuncia di un probabile aborto illegittimo e non, come asserito da alcuni esponenti della sinistra, da una campagna di criminalizzazione contro le donne». Il tutto mentre dal policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena arriva notizia di uno studio sul dolore del feto, quasi che quello umano non fosse sufficientemente rappresentato in questo in mondo.
Liberazione del 13 febbraio 2008, pag. 1
di Davide Varì
Un blitz, una sofisticata e repentina operazione di polizia per cogliere il colpevole - anzi, la colpevole - in flagranza di reato: il «reato di feticidio». Nella realtà un aborto del tutto ordinario ed entro i termini previsti dalla legge 194.
E' successo l'altro ieri sera al Policlinico dell'Università Federico II di Napoli. Erano le 18 della sera circa quando sei poliziotti hanno fatto irruzione nel reparto di ostetricia. Un'azione scattata dopo una segnalazione telefonica, a quanto pare non anonima, che parlava di "feticidio in corso". L'"assassina", una trentanovenne di Napoli, era lì per abortire a causa di una grave malformazioni fetale. Un'operazione del tutto ordinaria se non fosse che la feroce campagna antiabortista sta condizionando comportamenti e linguaggio fino a quasi rasentare il grottesco.
Fatto sta che i sei pubblici ufficiali pretendevano di interrogare la donna colpevole di aver praticato l'aborto ed accertarsi che il tutto fosse entro i termini previsti dalla legge. A quel punto i medici di turno hanno chiesto un mandato, un pezzo di carta qualsiasi che giustificasse quell'irruzione. Nulla, i poliziotti non avevano neanche l'ombra di un mandato, una scartoffia, un timbro istituzionale.
Presi alla sprovvista hanno pensato bene di telefonare in procura per ottenere l'autorizzare via cavo. Ricevuto l'ok hanno proceduto: sono entrati nella stanza della donna per iniziare l'interrogatorio e non contenti hanno interrogato anche la sua compagna di stanza. Chi era presente parla di vere e proprie "intimidazioni": «Se non parla ora - avrebbero detto i poliziotti - dovrà farlo davanti a un giudice».
A quel punto sono intervenuti i medici di turno che hanno per così dire persuaso i pubblici ufficiali ad allontanarsi. Di fronte a quella richiesta - e resisi forse conto che in fondo si trovavano pur sempre in un ospedale - i poliziotti hanno girato i tacchi e si sono allontanati portandosi via la cartella clinica ed il «prodotto abortivo»: un feto di venti settimane per 400 grammi di peso circa, che ora dovrà essere analizzato e utilizzato in qualità di reperto e prova.
Una vicenda che non è passata certo inosservata e che ha preoccupato non poco la parte laica della politica italiana. Senza considerare che l'aborto della signora era avvenuto nel pieno rispetto della legge.
Raggiunto al telefono da Liberazione, il dottor Francesco Leone, responsabile del Servizio Ivg, si dice turbato e scosso per quanto ha dovuto assistere. «Abbiamo praticato l'interruzione di gravidanza terapeutica nel secondo trimestre», ha spiegato lo specialista, «quindi nei termini di legge. D'altronde il feto era affetto da una grave malattia congenita». La donna, la presunta colpevole, è semplicemente sconvolta: «Mi è stato chiesto se per abortire avevo pagato - ha dichiarato la donna dopo l'interrogatorio - ed ho spiegato che non era stato così. I risultati dell'amniocentesi, ritirata lo scorso 31 gennaio, avevano accertato che il feto soffriva della sindrome di Klineferter, un'anomalia cromosomica».
Nella relazione del primario, Carmine Nappi, si legge che «il feto presentava un'alterazione cromosomica. Se la gravidanza fosse stata portata a termine ci sarebbe stato il 40% di possibilità di un deficit mentale. La donna ha presentato un certificato psichiatrico della stessa struttura universitaria sul rischio di grave danno alla salute psichica, che ha autorizzato l'intervento». Una misura terapeutica, quindi, nel pieno rispetto della legge 194, effettuata alla ventunesima settimana di gravidanza.
Rina Gagliardi, senatrice di Rifondazione parla senza mezzi termini di «fatto gravissimo. Si prova uno sgomento immenso nel leggere notizie come questa», aggiunge Gagliardi. «Vogliamo conoscere i responsabili di questo gesto violento e irrispettoso e chiediamo che paghi per questa inqualificabile, disgustosa condotta» conclude la senatrice. Anche Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale (Sidip) e presidente del Forum delle associazioni di diagnosi, genetica e riproduzione parla di «fatto gravissimo» e di clima da caccia alle streghe».
Sui fatti di Napoli è intervenuta anche la ministro alla salute Livia turco:«Siamo arrivati al punto - ha commentato - di fare ed usare denunce anonime, con il risultato di porre sul banco degli accusati una donna che aveva appena effettuato un'interruzione di gravidanza nell'ambito della legge 194 in un ospedale pubblico e i sanitari che l'hanno assistita».
Dura anche l'Unione donne in Italia che parla di «clima che sta montando contro le donne, nel nostro paese e nel caso specifico in Campania, che genera procedure ai limiti della legittimità, ma soprattutto contrarie ad ogni buon senso» e dà appuntamento a tutte le donne napoletane per giovedì prossimo, in piazza Vanvitelli, alle ore 17.
Non ha dubbi e difende l'operato delle forze dell'ordine, Antonio Martusciello di Forza Italia: «L'intervento della polizia nella clinica ostetrica del policlinico dell'università Federico II di Napoli è stato originato da una denuncia di un probabile aborto illegittimo e non, come asserito da alcuni esponenti della sinistra, da una campagna di criminalizzazione contro le donne». Il tutto mentre dal policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena arriva notizia di uno studio sul dolore del feto, quasi che quello umano non fosse sufficientemente rappresentato in questo in mondo.