I medici che obiettano per carriera
Diario del 15 febbraio 2008, pag. 16
di Furio Colombo
Un alacre e intenso boicottaggio contro la Repubblica e le sue leggi è in atto in Italia sotto la civilissima e disorientante definizione di «obiezione di coscienza». Un atteggiamento che era di sfida e di coraggio quando rifiutarsi «per obiezione» al servizio militare costava la prigione. Adesso, nell'Italia cattolica fondata sul lavoro (nel senso di carriera), «obiezione» significa una vasta ondata di conformismo, quasi mai dettata dalla fede, quasi sempre dalla pesante intimidazione della Chiesa, con cui si obbedisce alla prescrizione dei vescovi (guadagnando un evidente vantaggio nella corsa alla designazione dei primariati che contano) e si disob-bedisce alle leggi della Repubblica (ma senza alcun timore di conseguenze).
La sistematica disobbedienza civile dei medici crea una frontiera spesso ( e sempre per i più poveri) insuperabile fra cittadini e servizi che i cittadini tendono (e non è ingiusto) ad attribuire allo Stato e alle istituzioni, non alla Chiesa.
In ogni caso li isola, facendo crescere solitudine, rabbia, antipolitica. Tutti i segni mostrano che il boicottaggio è destinato ad allargarsi, invadendo altri campi e momenti della medicina. Anzi, è già progetto politico, che conta sulla solitudine dei cittadini malati. Per essi sono impediti gli interventi e gli aiuti necessari, in modo da provocare o conversione alle leggi della Chiesa o rivolta contro lo Stato.
Documentari televisivi e notizie hanno dimostrato che non è più un'avventura isolata la impossibilità — causa obiezione — di assistenza ginecologica al pronto soccorso di grandi ospedali o di trovare la pillola del giorno dopo nelle farmacie di un'intera città. Intanto, di giorno in giorno, gli interventi del Papa e dei suoi cardinali restringono l'area dei comportamenti individuali consentiti, chiudendoli nella garrota di una neoteologia che - si dice impropriamente - ci riporta al medioevo, quando molti ricorderanno che nel medioevo, epoca «oscura», la predicazione cattolica assegnava la presenza dell'anima nel neonato settimane o mesi dopo la sua nascita, impedendo quindi l'anatema dell'aborto.
In realtà la neoteologia di cui stiamo parlando è un progetto politico che poggia su tre pilastri. Il primo è una predicazione sempre più esigente, se necessario sempre più assurda, come la proibizione di verificare le condizioni di un embrione (comprese malattie gravissime) prima del suo impianto (così la incredibile legge italiana sulla fecondazione artificiale). Tutto ciò per allargare lo spazio di dominio e di potere arbitrario.
Il secondo pilastro è l'accorrere «spontaneo» e volontario dei nuovi credenti. In politica ciò da luogo a un penoso gioco al sorpasso, basato sul ricatto della Chiesa, che porta l'intero ambito politico fuori dalla democrazia: chi non obbedisce non sarà votato. Ma determina anche lo spettacolo umiliante di una frenetica gara di fede fra apparati politici disposti a una sempre più concitata e piena accettazione di tutto. Ciò provoca da un lato un distacco dalle leggi della Repubblica, disattese, svilite, reinterpretate, mentre si inseguono gli annunci di modifica, di cambiamento e di cancellazione. Dall'altro lato, però, si fa sempre più netto lo spacco rispetto alla cultura europea e anche alle leggi e alle direttive europee.
Attenzione all'apparenza laico-religiosa del conflitto. Si tratta, in realtà, di un attacco alla Repubblica, alle sue leggi, al rapporto (fiduciario) fra cittadini e istituzioni. In parte, questo attacco, benché assurdo e unico nei Paesi a prevalente religione cattolica è — come dire — in buona fede. Anzi, è letteralmente in buona fede, in quanto condotto da chi crede davvero nel naturale e necessario dominio della Chiesa. In parte, invece, è una ben congegnata macchina politica, manovrata con calcolata abilità per spaccare la Repubblica «in nome di Dio».
È il caso del congegno detto «moratoria dell'aborto», deformazione studiata e voluta dalla grande iniziativa dei Radicali italiani detta «moratoria della pena di morte nel mondo». Si tratta di una forma di terrorismo soft: il progetto è di polverizzare l'esistenza e il senso di una legge ponendo quella legge sotto una luce di criminalità che si riverbera sia sui legislatori (nessuno oserà mai più), sia su coloro che osservassero quella legge. I destinatari spaventati sono ì medici. E ciò crea una situazione di abbandono spontaneo della legge e delle pazienti, sottratte per ora all'antica accusa di omicidio, ma condannate in qualunque caso e a qualunque costo a partorire (o ad abortire in modo normale se agiate, in clandestinità se povere). I medici sono chiaramente avvertiti: si salgono ì gradini di una carriera solo per chiamata politica. Ma nessuna chiamata politica può avvenire per chi disattende un editto cattolico, visto che ciascun gruppo politico - da destra a sinistra - non intende essere trovato fuori dalle prescrizioni della neoteologia, che è progetto politico per governare il governo.
Sopra questo reticolato di spaccature che intacca come una ruggine tutti i punti che legano Stato, leggi, costumi, società, autorità, cittadini, rendendo infido e incerto ogni passaggio e molto alto il costo (e tutto a carico dei cittadini che fatalmente vorranno vendicarsi contro la sola controparte visibile e certa: lo Stato), si colloca un atteggiamento nuovo perfino per l'anarcoide vita italiana. È la sfida pubblica e proclamata alle leggi non convenienti e che disturbano i propri affari. Anzi, il dileggio e l'accusa contro quelle leggi come «complotto dell'avversario». È ciò che è accaduto e sta accadendo da quando la Corte europea ha respinto come estranea ai principi giuridici delle democrazie europee e alle regole del mercato dell'Unione la legge Gasparri, che aveva riformato le comunicazioni in Italia a immagine e somiglianza di Mediaset, la megaimpresa mediatica di Silvio Berlusconi. Si noti che forti obiezioni giuridiche, di mercato, politiche, ma anche morali (un governo che legifera sulle proprietà del capo del governo) erano già state mosse in Italia, creando violente reazioni e catene di cause civili e penali. In altre parole, coloro che avevano fatto una simile legge si dichiaravano offesi e diffamati al primo aprirsi di discussione. Quando il governo Prodi ha annunciato il progetto di legge di riforma della riforma, detto Gentiloni — un intervento mite ma pur correttivo della pioggia di privilegi, facilitazioni e pubblicità previste per l'azienda del capo - la reazione è stata di tipo rivoluzionano: non ci arrenderemo mai.
Infine, di fronte alla sentenza europea, la legge, denunciata e respinta per il suo palese squilibrio e parzialità ed estraneità al mercato, viene sventolata sugli spalti di un pezzo frantumato del Paese (il dominio di Berlusconi) che — miniando a rovescio la Lega che vuole il distacco — proclama di voler sottomettere la fazione ribelle attraverso un'elezione annunciata come uno strappo violento. « È una forzatura anomala che peserà sulla governabilità del Paese», ha detto con amarezza il Capo dello Stato. Le fenditure del Paese si allargano.
Diario del 15 febbraio 2008, pag. 16
di Furio Colombo
Un alacre e intenso boicottaggio contro la Repubblica e le sue leggi è in atto in Italia sotto la civilissima e disorientante definizione di «obiezione di coscienza». Un atteggiamento che era di sfida e di coraggio quando rifiutarsi «per obiezione» al servizio militare costava la prigione. Adesso, nell'Italia cattolica fondata sul lavoro (nel senso di carriera), «obiezione» significa una vasta ondata di conformismo, quasi mai dettata dalla fede, quasi sempre dalla pesante intimidazione della Chiesa, con cui si obbedisce alla prescrizione dei vescovi (guadagnando un evidente vantaggio nella corsa alla designazione dei primariati che contano) e si disob-bedisce alle leggi della Repubblica (ma senza alcun timore di conseguenze).
La sistematica disobbedienza civile dei medici crea una frontiera spesso ( e sempre per i più poveri) insuperabile fra cittadini e servizi che i cittadini tendono (e non è ingiusto) ad attribuire allo Stato e alle istituzioni, non alla Chiesa.
In ogni caso li isola, facendo crescere solitudine, rabbia, antipolitica. Tutti i segni mostrano che il boicottaggio è destinato ad allargarsi, invadendo altri campi e momenti della medicina. Anzi, è già progetto politico, che conta sulla solitudine dei cittadini malati. Per essi sono impediti gli interventi e gli aiuti necessari, in modo da provocare o conversione alle leggi della Chiesa o rivolta contro lo Stato.
Documentari televisivi e notizie hanno dimostrato che non è più un'avventura isolata la impossibilità — causa obiezione — di assistenza ginecologica al pronto soccorso di grandi ospedali o di trovare la pillola del giorno dopo nelle farmacie di un'intera città. Intanto, di giorno in giorno, gli interventi del Papa e dei suoi cardinali restringono l'area dei comportamenti individuali consentiti, chiudendoli nella garrota di una neoteologia che - si dice impropriamente - ci riporta al medioevo, quando molti ricorderanno che nel medioevo, epoca «oscura», la predicazione cattolica assegnava la presenza dell'anima nel neonato settimane o mesi dopo la sua nascita, impedendo quindi l'anatema dell'aborto.
In realtà la neoteologia di cui stiamo parlando è un progetto politico che poggia su tre pilastri. Il primo è una predicazione sempre più esigente, se necessario sempre più assurda, come la proibizione di verificare le condizioni di un embrione (comprese malattie gravissime) prima del suo impianto (così la incredibile legge italiana sulla fecondazione artificiale). Tutto ciò per allargare lo spazio di dominio e di potere arbitrario.
Il secondo pilastro è l'accorrere «spontaneo» e volontario dei nuovi credenti. In politica ciò da luogo a un penoso gioco al sorpasso, basato sul ricatto della Chiesa, che porta l'intero ambito politico fuori dalla democrazia: chi non obbedisce non sarà votato. Ma determina anche lo spettacolo umiliante di una frenetica gara di fede fra apparati politici disposti a una sempre più concitata e piena accettazione di tutto. Ciò provoca da un lato un distacco dalle leggi della Repubblica, disattese, svilite, reinterpretate, mentre si inseguono gli annunci di modifica, di cambiamento e di cancellazione. Dall'altro lato, però, si fa sempre più netto lo spacco rispetto alla cultura europea e anche alle leggi e alle direttive europee.
Attenzione all'apparenza laico-religiosa del conflitto. Si tratta, in realtà, di un attacco alla Repubblica, alle sue leggi, al rapporto (fiduciario) fra cittadini e istituzioni. In parte, questo attacco, benché assurdo e unico nei Paesi a prevalente religione cattolica è — come dire — in buona fede. Anzi, è letteralmente in buona fede, in quanto condotto da chi crede davvero nel naturale e necessario dominio della Chiesa. In parte, invece, è una ben congegnata macchina politica, manovrata con calcolata abilità per spaccare la Repubblica «in nome di Dio».
È il caso del congegno detto «moratoria dell'aborto», deformazione studiata e voluta dalla grande iniziativa dei Radicali italiani detta «moratoria della pena di morte nel mondo». Si tratta di una forma di terrorismo soft: il progetto è di polverizzare l'esistenza e il senso di una legge ponendo quella legge sotto una luce di criminalità che si riverbera sia sui legislatori (nessuno oserà mai più), sia su coloro che osservassero quella legge. I destinatari spaventati sono ì medici. E ciò crea una situazione di abbandono spontaneo della legge e delle pazienti, sottratte per ora all'antica accusa di omicidio, ma condannate in qualunque caso e a qualunque costo a partorire (o ad abortire in modo normale se agiate, in clandestinità se povere). I medici sono chiaramente avvertiti: si salgono ì gradini di una carriera solo per chiamata politica. Ma nessuna chiamata politica può avvenire per chi disattende un editto cattolico, visto che ciascun gruppo politico - da destra a sinistra - non intende essere trovato fuori dalle prescrizioni della neoteologia, che è progetto politico per governare il governo.
Sopra questo reticolato di spaccature che intacca come una ruggine tutti i punti che legano Stato, leggi, costumi, società, autorità, cittadini, rendendo infido e incerto ogni passaggio e molto alto il costo (e tutto a carico dei cittadini che fatalmente vorranno vendicarsi contro la sola controparte visibile e certa: lo Stato), si colloca un atteggiamento nuovo perfino per l'anarcoide vita italiana. È la sfida pubblica e proclamata alle leggi non convenienti e che disturbano i propri affari. Anzi, il dileggio e l'accusa contro quelle leggi come «complotto dell'avversario». È ciò che è accaduto e sta accadendo da quando la Corte europea ha respinto come estranea ai principi giuridici delle democrazie europee e alle regole del mercato dell'Unione la legge Gasparri, che aveva riformato le comunicazioni in Italia a immagine e somiglianza di Mediaset, la megaimpresa mediatica di Silvio Berlusconi. Si noti che forti obiezioni giuridiche, di mercato, politiche, ma anche morali (un governo che legifera sulle proprietà del capo del governo) erano già state mosse in Italia, creando violente reazioni e catene di cause civili e penali. In altre parole, coloro che avevano fatto una simile legge si dichiaravano offesi e diffamati al primo aprirsi di discussione. Quando il governo Prodi ha annunciato il progetto di legge di riforma della riforma, detto Gentiloni — un intervento mite ma pur correttivo della pioggia di privilegi, facilitazioni e pubblicità previste per l'azienda del capo - la reazione è stata di tipo rivoluzionano: non ci arrenderemo mai.
Infine, di fronte alla sentenza europea, la legge, denunciata e respinta per il suo palese squilibrio e parzialità ed estraneità al mercato, viene sventolata sugli spalti di un pezzo frantumato del Paese (il dominio di Berlusconi) che — miniando a rovescio la Lega che vuole il distacco — proclama di voler sottomettere la fazione ribelle attraverso un'elezione annunciata come uno strappo violento. « È una forzatura anomala che peserà sulla governabilità del Paese», ha detto con amarezza il Capo dello Stato. Le fenditure del Paese si allargano.