giovedì 7 febbraio 2008

I professori anti-Papa scendono in campo

il Riformista 7.2.08
Angelo D'Orsi: «mettersi in gioco è un dovere morale»
I professori anti-Papa scendono in campo
In passato aveva ricevuto proposte a cui aveva detto no. Ora è diverso

Dicono che non sono "cattivi maestri". E che non faranno politica. O forse sì. Ma se la faranno sarà per dovere e non in modo organizzato anche se - qualora politica fosse - ci sarà qualcosa di meno estemporaneo di un comitato. Comunque sia, l'onda lunga dei fatti della Sapienza non si ferma alla contestazione della lectio magistralis di Benedetto XVI, poi mai avvenuta, ma rischia di finire dentro le urne. Angelo D'Orsi, professore di storia del pensiero politico all'Università di Torino e allievo di Norberto Bobbio, potrebbe infatti presentarsi alle elezioni.
A dirlo è stato lo stesso D'Orsi, forte delle 1500 firme in calce all'appello in sostegno ai 67 docenti di fisica che sottoscrissero la lettera a partire dalla quale scoppiò il caso Sapienza. «Mettersi in gioco, scendere in campo - ha detto scherzando ma non troppo - è un dovere morale». E, se così fosse, sarebbe meglio farlo - ha fatto capire - con un nuovo soggetto politico che con uno di quelli esistenti.
D'Orsi è intervento ieri a un dibattito organizzato dai giovani di Sinistra Critica proprio alla Sapienza. E, prima e dopo il dibattito, ha annunciato questa sua intenzione. «Già in passato diversi partiti mi hanno proposto candidature che ho rifiutato», ha spiegato aggiungendo che però questa volta è diverso: «oggi, di fronte a una emergenza, valuterei in modo diverso l'opportunità di un impegno diretto in politica». Insomma, «se ci fosse una proposta seria la prenderei in considerazione». Dunque, l'appello firmato dai 1500 diventa "permanente", un quasi manifesto politico.
Insieme a lui, ieri, c'era Carlo Cosmelli, uno dei 67 docenti di fisica, che poco prima dell'inizio dell'incontro, a chi gli chiedeva se fosse da escludere una sua candidatura, aveva risposto diversamente: «ma certo, non diciamo eresie». Poi, però, il fisico aveva voluto aggiungere che «c'è un disagio presente anche tra i cattolici» e che «ci piacerebbe diventare un punto di aggregazione di idee» anche se l'episodio da cui tutto è nato va considerato chiuso.
Mentre nell'aula Calasso della Facoltà di Giurisprudenza si discuteva di laicità e si lanciava l'appuntamento alla manifestazione "No Vat!" di sabato 9 febbraio, fuori, nei corridoi, della tensione che ha attraversato nelle scorse settimane questi luoghi non c'era più quasi traccia. Un gruppetto di ragazzi, ad esempio, si aggirava circospetto, ma indisturbato, per la Facoltà, finendo per appendere, proprio a due passi dai manifesti di Sinistra Critica, un proprio manifesto sul quale era scritto: «È vergognoso che una minoranza decida chi possa parlare nella nostra università. Aderisci anche tu al comitato Sapienza Libera». Firmato: Azione Universitaria. Dentro, invece, in un'aula Calasso nella quale sedeva non più di qualche decina di ragazzi, i toni ricordavano - forse troppo da vicino - quelli dei decenni passati, soprattutto quelli utilizzati dai giovani militanti di Sinistra Critica. Qualcuno ha sostenuto che il «Vaticano è una multinazionale inserita in un mondo globalizzato in cui comanda l'economia e non la politica»; qualcuno ha aggiunto che «una critica agli attacchi della Chiesa non può essere che di genere e di classe» e che dovrebbe partire «da una condizione di oppressione per formulare una proposta alternativa a quella del Vaticano».
Ben diversi i discorsi dei due docenti, seppure altrettanto duri nei toni. Tutti, però, docenti e studenti, hanno finito per essere d'accordo, oltre che sulla necessità di fare una battaglia per la laicità e contro l'ingerenza vaticana negli affari nazionali, su un altro punto: la strumentalizzazione che la stampa italiana avrebbe fatto di tutta la vicenda. Ma è la critica all'atteggiamento del Vaticano ad aver tenuto banco. A proposito della mancata visita del papa alla Sapienza, e delle polemiche nate perché sarebbe stato impedito al Papa di parlare, D'Orsi ha risposto che è inaccettabile sostenere una tesi del genere. «Il Papa sta invadendo tutti gli spazi», ha attaccato, spiegando che «in questo paese tutti i giorni ci dicono cosa ha detto il Papa. Poi diciamo dell'Iran: noi siamo un paese fondamentalista». Poi, ha parlato di «rivolta morale» contro una «condizione di invadenza continua di un super-partito politico quale ormai è la chiesa cattolica». E lo stesso concetto D'Orsi lo ha ripetuto al termine del suo intervento, invitando il Vaticano a «sciogliere questa ambiguità per cui la Chiesa si proclama religione ma svolge un ruolo politico come un partito. Allora - ha proseguito riferendosi alle gerarchie ecclesiastiche - scendano in campo e si presentino alle elezioni. Vediamo quanti voti prendono».
Aspettando il Vaticano, a decidere di fare il grande passo potrebbe essere però proprio D'Orsi. Lui, almeno, ci sta pensando.