La Repubblica 19.2.08
Pillola Ru486, medici verso il processo
Torino, sotto accusa il ginecologo Viale e tre colleghi: violata la legge sull'aborto
di Ottavia Giustetti e Sarah Martinenghi
Il pm: dopo aver somministrato il farmaco fecero uscire le donne dall´ospedale
TORINO - Va verso il processo l´inchiesta torinese sulla pillola Ru 486. La fase di indagine è conclusa e la procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per i quattro medici accusati di aver violato il protocollo sulla sperimentazione dell´aborto farmacologico, cominciata al Sant´Anna nel settembre del 2005. I medici dell´ospedale torinese avrebbero concesso alle pazienti di uscire tra una somministrazione e l´altra del farmaco quando le indicazioni ministeriali lo vietavano. Il principio su cui si basa l´accusa è che l´aborto, secondo la legge, deve avvenire tra le mura dell´ospedale. Ma i medici si difendono dicendo che nel caso della pillola fa fede l´atto volontario di abortire, quindi l´attimo in cui si assume il farmaco e non l´aborto vero e proprio che avviene in un momento non prevedibile.
L´avviso di conclusione delle indagini è stato notificato ieri al ginecologo Silvio Viale, ai due primari Mario Campogrande e Marco Massobrio e all´ex direttore generale Gianluigi Boveri. I reati ipotizzati dal pm Sara Panelli e dai procuratori aggiunti Raffaele Guariniello e Francesco Saluzzo sono quelli di falso ideologico, violazione della legge sull´interruzione di gravidanza, e tentata truffa ai danni della Regione. «Non si tratta di un´indagine che vuole entrare nel dibattito politico o etico sull´aborto - hanno detto i magistrati - ma di un atto dovuto, in seguito alla violazione delle norme che regolano l´interruzione di gravidanza». «Anche se lo spunto per indagare non è stato politico - risponde il ginecologo Silvio Viale - lo saranno le conseguenze. Perché la decisione di rinviarci a giudizio sarà inevitabilmente presa a pretesto da coloro che intendono contestare il diritto della donna ad abortire».
La chiusura dell´inchiesta arriva un anno e mezzo dopo la sospensione della sperimentazione, proprio quando a Torino si ricomincia a parlare di somministrare la discussa pillola abortiva. È Viale, coordinatore del protocollo e pioniere dell´utilizzo del farmaco in Italia, il principale indagato. Secondo l´accusa il protocollo prevedeva espressamente che le donne sottoposte alla sperimentazione avrebbero dovuto abortire dentro le mura dell´ospedale, mentre il medico concedeva loro il permesso di tornare a casa tra l´assunzione di una pillola e l´altra. Viale, a differenza degli altri indagati, deve rispondere anche dell´accusa di tentata truffa ai danni della Regione e di falso ideologico: sulle schede delle pazienti che venivano dimesse non risultavano i permessi di uscita dall´ospedale. In questo modo dunque Viale avrebbe procurato un ingiusto profitto al Sant´Anna, e di conseguenza consumato un tentativo di truffa ai danni della Regione che, basandosi sulle schede, avrebbe poi pagato il rimborso per inesistenti ricoveri. «Dimostreremo che non c´è stato alcun profitto, bensì un risparmio di denaro pubblico» ha spiegato l´avvocato Cosimo Palumbo che assiste il ginecologo Viale. La Regione Piemonte comunque ha già fatto sapere che non intende costituirsi parte civile al processo.
Dopo l´esperienza torinese molti altri ospedali hanno comprato all´estero singole confezioni del farmaco e adesso sono in attesa che arrivi il via libera definitivo del ministero della Salute per l´importazione a livello nazionale. «Temo che un processo a Torino - dice Viale - possa rappresentare un nuovo ostacolo per la conclusione di un iter che va avanti ormai da troppi anni».
Pillola Ru486, medici verso il processo
Torino, sotto accusa il ginecologo Viale e tre colleghi: violata la legge sull'aborto
di Ottavia Giustetti e Sarah Martinenghi
Il pm: dopo aver somministrato il farmaco fecero uscire le donne dall´ospedale
TORINO - Va verso il processo l´inchiesta torinese sulla pillola Ru 486. La fase di indagine è conclusa e la procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per i quattro medici accusati di aver violato il protocollo sulla sperimentazione dell´aborto farmacologico, cominciata al Sant´Anna nel settembre del 2005. I medici dell´ospedale torinese avrebbero concesso alle pazienti di uscire tra una somministrazione e l´altra del farmaco quando le indicazioni ministeriali lo vietavano. Il principio su cui si basa l´accusa è che l´aborto, secondo la legge, deve avvenire tra le mura dell´ospedale. Ma i medici si difendono dicendo che nel caso della pillola fa fede l´atto volontario di abortire, quindi l´attimo in cui si assume il farmaco e non l´aborto vero e proprio che avviene in un momento non prevedibile.
L´avviso di conclusione delle indagini è stato notificato ieri al ginecologo Silvio Viale, ai due primari Mario Campogrande e Marco Massobrio e all´ex direttore generale Gianluigi Boveri. I reati ipotizzati dal pm Sara Panelli e dai procuratori aggiunti Raffaele Guariniello e Francesco Saluzzo sono quelli di falso ideologico, violazione della legge sull´interruzione di gravidanza, e tentata truffa ai danni della Regione. «Non si tratta di un´indagine che vuole entrare nel dibattito politico o etico sull´aborto - hanno detto i magistrati - ma di un atto dovuto, in seguito alla violazione delle norme che regolano l´interruzione di gravidanza». «Anche se lo spunto per indagare non è stato politico - risponde il ginecologo Silvio Viale - lo saranno le conseguenze. Perché la decisione di rinviarci a giudizio sarà inevitabilmente presa a pretesto da coloro che intendono contestare il diritto della donna ad abortire».
La chiusura dell´inchiesta arriva un anno e mezzo dopo la sospensione della sperimentazione, proprio quando a Torino si ricomincia a parlare di somministrare la discussa pillola abortiva. È Viale, coordinatore del protocollo e pioniere dell´utilizzo del farmaco in Italia, il principale indagato. Secondo l´accusa il protocollo prevedeva espressamente che le donne sottoposte alla sperimentazione avrebbero dovuto abortire dentro le mura dell´ospedale, mentre il medico concedeva loro il permesso di tornare a casa tra l´assunzione di una pillola e l´altra. Viale, a differenza degli altri indagati, deve rispondere anche dell´accusa di tentata truffa ai danni della Regione e di falso ideologico: sulle schede delle pazienti che venivano dimesse non risultavano i permessi di uscita dall´ospedale. In questo modo dunque Viale avrebbe procurato un ingiusto profitto al Sant´Anna, e di conseguenza consumato un tentativo di truffa ai danni della Regione che, basandosi sulle schede, avrebbe poi pagato il rimborso per inesistenti ricoveri. «Dimostreremo che non c´è stato alcun profitto, bensì un risparmio di denaro pubblico» ha spiegato l´avvocato Cosimo Palumbo che assiste il ginecologo Viale. La Regione Piemonte comunque ha già fatto sapere che non intende costituirsi parte civile al processo.
Dopo l´esperienza torinese molti altri ospedali hanno comprato all´estero singole confezioni del farmaco e adesso sono in attesa che arrivi il via libera definitivo del ministero della Salute per l´importazione a livello nazionale. «Temo che un processo a Torino - dice Viale - possa rappresentare un nuovo ostacolo per la conclusione di un iter che va avanti ormai da troppi anni».