venerdì 8 febbraio 2008

Legge 194 e libertà di scelta, sabato a Roma corteo contro le ingerenze vaticane.

Il Manifesto 05.02.08

Legge 194 e libertà di scelta, sabato a Roma corteo contro le ingerenze vaticane. Mentre infuria la polemica sull’aborto. La Cgil: una discussione pericolosa

Roma. Ad aprire saranno donne e lesbiche, il concetto sarà “autodeterminazione”. Quelli di “no Vat”, che sulla strategia politica della Chiesa riflettono con sistematicità ormai da tre anni, lo avevano capito prima: “Quest’anno il tema centrale da mettere in evidenza nella nostra manifestazione nazionale – dice Graziella Bertotto – ci sembrava dovesse essere l’attacco alle donne, quanto l’anno scorso quello all’omosessualità”. Dunque la crescente protesta – e preoccupazione – contro l’attacco alla 194 e alle libere scelte delle donne avrà anche una sua piazza: i no Vat danno appuntamento per sabato alle 14 a piazzale Ostiense. “Ovviamente i contenuti ci sono tutti – precisa Bertotto – tutti quelli che abbiamo elaborato in questi anni, la laicità, l’antifascismo, il tentativo da parte della Chiesa di incidere anche sul sistema del welfare: lo Stato arriva solo laddove non arriva la famiglia”.

Ma è chiaro che in questo momento di transizione politica piuttosto delicato il documento delle quattro università romane ha aperto una breccia pericolosa e ambigua sul diritto delle donne a non avere un figlio. Si è cominciato parlando della possibilità di far vivere feti partoriti prematuramente, e si è arrivati e parlare della possibilità di rianimare feti abortiti. Una discussione “ambigua e pericolosa” la definisce la Cgil, che si rallegra per “l’avanzamento della ricerca medica che permette di salvare i neonati anche a stadi della gravidanza meno avanzati rispetto al passato”, ma mette in guardia dal “sostenere l’esigenza di tentare di rianimare sempre e comunque il feto, anche dopo un aborto terapeutico e anche in palese contrasto con il volere della madre”. Il punto è tutto qui.

Ma si vuole spostare il dibattito. Verso più ineffabili e scivolosissime vette, come il piddista Peppino Caldarola: “La Cei, la Binetti e alcuni laici devoti stanno cercando di mettere in luce quella parte della 194 che appare poco applicata o non sufficientemente valorizzata”, scrive nel suo blog. E i laici, a suo avviso, tacciono oppure gridano “all’aggressione clericale”. Invece, consiglia Caldarola, “il Papa ha ragione a mettersi dalla parte della vita. Tocca a noi laici ricominciare a ragionare sulla cita in modo aperto”. Eppure nel variegato mondo del Partito democratico c’è anche chi, come la senatrice Vittoria Franco osserva: “Sostenere la legittimità di fare a meno del consenso della madre sempre e comunque a me sembra un primo passo verso lo svuotamento del principio fondamentale della legge 194, la maternità responsabile e consapevole”. E mentre la ministra della salute uscente Livia Turco invita anche le donne immigrate “a prendere voce e fare qualcosa” per difendere la 194 “a cui sono affezionata”. Le posizioni più chiare sul dibattito scatenato dal documento dei ginecologi romani arrivano dalla Sinistra Arcobaleno e dai Radicali (“non siamo assassine”, ha chiarito ieri la ministra alle Politiche comunitarie Emma Bonino al Tgl).

“Quel documento rientra in una concezione astratta della cita in quanto tale – dichiara la senatrice Maria Luisa Boccia del Prc – ma contraddice le modalità stesse con cui la medicina affronta le problematiche della nascita e della morte. Non coinvolgere infatti i genitori rivela una insensibilità sul piano umano ed etico e contraddice gli stessi principi giuridici che prevedono la responsabilità genitoriale e la necessità del consenso per evitare ogni accanimento terapeutico. Scienziati, medici, bioeticisti vogliono sostituirsi alle madri, rendere le donne senza voce. Quando le donne parlano a partire da sé non vengono ascoltate, le riflessioni delle femministe vengono comunque ignorate. Non da ora siamo impegnate a prendere parola nella sfera pubblica, scegliendo però noi le pratiche e i modi con cui farlo”. Da che parte tira il vento di chi, a destra e a sinistra, parla della vita con la testa rivolta al Vaticano, lo spiega Rita Munizzi del Movimento italiano genitori: “Occorre ricordare che se una madre ha deciso di abortire, non può poi accampare ancora diritti sulla vita o sulla morte del feto nel caso in cui questo si possa ancora salvare”.

(ci.gu)