lunedì 18 febbraio 2008

CAGLIARI: SI ALLA DIAGNOSI PREIMPIANTO

L’Unione Sarda 25 Sett. ‘07

CAGLIARI: SI ALLA DIAGNOSI PREIMPIANTO

Decisione-modello del giudice civile di Cagliari
Superato il limite imposto dalla legge 40 sulla procreazione assistita (vieta
ogni intervento sugli embrioni): ora i medici, a meno di ricorsi della Procura
generale, dovranno eseguire la diagnosi. Contrordine: la diagnosi preimpianto si
può fare, anzi: si deve fare. LA SENTENZA Con una decisione che non mancherà di
suscitare polemiche, ieri il giudice civile di Cagliari Maria Grazia Cabitza ha
stabilito che la coppia cagliaritana in lotta da oltre due anni contro la legge
40 (quella sulla procreazione assistita che vieta ogni intervento sugli
embrioni) ha il diritto di ottenere l'accertamento preventivo sullo stato di
salute del feto. La sentenza potrebbe cambiare la vita di migliaia di coniugi
italiani, sempre che le cose non cambino in futuro: se pare scontato che non ci
saranno ricorsi da parte del pm Mario Marchetti, che si era già espresso a
favore del sì alla diagnosi, resta da capire cosa deciderà di fare la Procura
generale. LA DIAGNOSI «Con questa decisione il Tribunale ha ritenuto che la
legge in qualche modo preveda la possibilità di effettuare la diagnosi
preimpianto. È una sentenza che supera il problema della legittimità
costituzionale». Luigi Concas, il legale della coppia, è soddisfatto. Era stato
lui a sollevare prima il dubbio dell'anticostituzionalità della legge 40 e poi,
respinto quel ricorso, ad andare davanti al giudice civile chiedendogli di
entrare nel merito della causa. Due le possibilità prospettate dal penalista: il
Tribunale avrebbe dovuto obbligare i medici a effettuare la diagnosi preimpianto
o, in alternativa, rivolgersi una seconda volta alla Consulta perché ritenesse
incostituzionale la legge. LA VICENDA Si parla dei coniugi che, perso un bambino
nel 2004 (il feto era malato), avevano deciso di ricorrere alla fecondazione
assistita. Dei tre ovociti prelevati solo uno era stato fecondato, ma la donna
questa volta voleva sapere se il figlio sarebbe nato sano. Il medico però non
poteva fare nulla per scoprirlo: la legge 40 impediva qualunque intervento
sull'embrione. La coppia allora si era rivolta all'avvocato Concas, che aveva
chiesto al Tribunale civile di consentire la diagnosi preimpianto. LA PROCURA A
questa richiesta si era associato il pm Mario Marchetti, che con il suo “parere
obbligatorio” aveva chiesto allo stesso Tribunale di accogliere il ricorso dei
coniugi e ordinare la diagnosi preimpianto sull'embrione, oppure di dichiarare
rilevante l'eccezione di legittimità costituzionale tra la legge 40 e gli
articoli 2, 3 e 32 della Costituzione sospendendo il giudizio e rinviando gli
atti alla Corte Costituzionale. Il pm vedeva numerose contraddizioni nella legge
40, che se da un lato vietava qualunque intervento sull'embrione, dall'altro
ammetteva la ricerca clinica e sperimentale per ragioni terapeutiche e
diagnostiche che tutelassero la salute e lo sviluppo dell'embrione, proprio come
in questo caso. Ma il decreto ministeriale del 22 luglio 2004 (detta le linee
guida sulla procreazione assistita) afferma che le tecniche diagnostiche debbano
essere solo di tipo “osservazionale”, cioè non così invasive da compromettere la
salute e il possibile sviluppo dell'embrione. L'AVVOCATO «È stato stabilito che
la coppia ha diritto a ottenere l'accertamento sullo stato di salute del feto»,
spiega ora Concas, «quindi la diagnosi preimpianto va eseguita». La sentenza
ipotizza anche l'uso di «tecniche invasive che diano il maggior grado di
attendibilità della diagnosi e il minor margine di rischio per lo sviluppo
dell'embrione». ANDREA MANUNZA