Ipocriti e fanatici al capezzale delle donne
La Repubblica del 14 febbraio 2008, pag. 38
di Corrado Augias
Caro Augias, sono una donna di 49 anni che ha sempre pensato di vivere in un paese dove certi diritti erano acquisiti dopo lotte e democratici referendum; dopo ciò che si legge sui giornali, in relazione a quella sala operatoria in un ospedale di Napoli, mi viene da chiedere se sia possibile una tale barbarie. Una donna ha il sacrosanto diritto di decidere se volere o no una maternità. Basta con i falsi perbenismi di alcuni ipocriti.
Gabriella Ciotola
Gentile Dott. Augias, non ho mai abortito e il mio bambino è nato forte bello e sano. Ero considerata a rischio e mi sottoposi ad amniocentesi. Ricordo ancora l'ansia mentre aspettavo il risultato. Mi dicevo " e se?...". L'idea di un aborto per una donna è devastante, forse gli uomini non riescono a capirlo. Ancora pochi giorni fa, un' amica che aborti quando aveva 17 anni mi diceva: «ci penso sempre, adesso avrebbe 23 anni». E' un dolore che ti porti dentro per sempre. Ho letto di Napoli: è una vergogna!
Antonella Schiaretti
Risponde Corrado Augias: Ci vorrebbero più consultori, ci vorrebbe più informazione anticoncezionale. Invece tutto si riduce a una campagna furibonda che a Napoli ha dato frutti adeguati al fanatismo che la distingue. Poi c'è la strumentalizzazione politica. Berlusconi in un primo momento aveva aderito all'idea della cosiddetta 'moratoria' che in pratica vorrebbe dire sospendere o abolire la legge 194. Ben consigliato, forse da se stesso, ha poi frenato per vari motivi non esclusi, ritengo, quelli personali. Nel 2005, alla vigilia del referendum sulla procreazione assistita (Legge 40) sua moglie Veronica Lario confidò al Corriere della Sera (8 aprile) di aver abortito al settimo mese cioè ben oltre i termini di cui ora si discute: « Ho avuto un aborto terapeutico, molti anni fa. Al quinto mese di gravidanza ho saputo che il bambino che aspettavo era malformato e per i due mesi successivi ho cercato di capire, con l'aiuto dei medici, che cosa fosse più giusto fare. Al settimo mese di gravidanza sono dolorosamente arrivata alla conclusione di dover abortire. È stato un parto prematuro e una ferita che non si è rimarginata. Ancora oggi è doloroso condividere pubblicamente quell'esperienza» . Veronica Lario aggiunse opportunamente: «Negli anni Settanta, ricordo, la discussione sull'aborto ruppe quel muro di silenzio e di vergogna che opprimeva l'animo di una donna costretta a quella scelta. Nell'aborto non c'era soltanto il rischio di morire e la morte che dolorosamente si infliggeva, ma anche il silenzio, tremendo, che accompagnava la scelta». Parole che possiamo fare nostre, che ritrovo nelle decine di lettere che ricevo. Abolire o sospendere la legge che regola l'aborto significherebbe semplicemente tornare alla barbarie della situazione precedente, quando l'aborto voleva dire spesso mettere a rischio la propria vita.
La Repubblica del 14 febbraio 2008, pag. 38
di Corrado Augias
Caro Augias, sono una donna di 49 anni che ha sempre pensato di vivere in un paese dove certi diritti erano acquisiti dopo lotte e democratici referendum; dopo ciò che si legge sui giornali, in relazione a quella sala operatoria in un ospedale di Napoli, mi viene da chiedere se sia possibile una tale barbarie. Una donna ha il sacrosanto diritto di decidere se volere o no una maternità. Basta con i falsi perbenismi di alcuni ipocriti.
Gabriella Ciotola
Gentile Dott. Augias, non ho mai abortito e il mio bambino è nato forte bello e sano. Ero considerata a rischio e mi sottoposi ad amniocentesi. Ricordo ancora l'ansia mentre aspettavo il risultato. Mi dicevo " e se?...". L'idea di un aborto per una donna è devastante, forse gli uomini non riescono a capirlo. Ancora pochi giorni fa, un' amica che aborti quando aveva 17 anni mi diceva: «ci penso sempre, adesso avrebbe 23 anni». E' un dolore che ti porti dentro per sempre. Ho letto di Napoli: è una vergogna!
Antonella Schiaretti
Risponde Corrado Augias: Ci vorrebbero più consultori, ci vorrebbe più informazione anticoncezionale. Invece tutto si riduce a una campagna furibonda che a Napoli ha dato frutti adeguati al fanatismo che la distingue. Poi c'è la strumentalizzazione politica. Berlusconi in un primo momento aveva aderito all'idea della cosiddetta 'moratoria' che in pratica vorrebbe dire sospendere o abolire la legge 194. Ben consigliato, forse da se stesso, ha poi frenato per vari motivi non esclusi, ritengo, quelli personali. Nel 2005, alla vigilia del referendum sulla procreazione assistita (Legge 40) sua moglie Veronica Lario confidò al Corriere della Sera (8 aprile) di aver abortito al settimo mese cioè ben oltre i termini di cui ora si discute: « Ho avuto un aborto terapeutico, molti anni fa. Al quinto mese di gravidanza ho saputo che il bambino che aspettavo era malformato e per i due mesi successivi ho cercato di capire, con l'aiuto dei medici, che cosa fosse più giusto fare. Al settimo mese di gravidanza sono dolorosamente arrivata alla conclusione di dover abortire. È stato un parto prematuro e una ferita che non si è rimarginata. Ancora oggi è doloroso condividere pubblicamente quell'esperienza» . Veronica Lario aggiunse opportunamente: «Negli anni Settanta, ricordo, la discussione sull'aborto ruppe quel muro di silenzio e di vergogna che opprimeva l'animo di una donna costretta a quella scelta. Nell'aborto non c'era soltanto il rischio di morire e la morte che dolorosamente si infliggeva, ma anche il silenzio, tremendo, che accompagnava la scelta». Parole che possiamo fare nostre, che ritrovo nelle decine di lettere che ricevo. Abolire o sospendere la legge che regola l'aborto significherebbe semplicemente tornare alla barbarie della situazione precedente, quando l'aborto voleva dire spesso mettere a rischio la propria vita.