«L'Italia tornerà agli aborti clandestini»
Liberazione del 13 febbraio 2008, pag. 3
«L'Italia tornerà agli aborti clandestini. E' l'orribile realtà che ci aspetta se la legge 194 verrà cambiata». Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale (Sidip) e presidente del Forum delle associazioni di diagnosi, genetica e riproduzione, ritorna sulle polemiche che in questi giorni hanno preso piede dopo il documento di alcuni ginecologi romani che chiedono di rianimare i prematuri estremi e che ha riacceso il dibattito sul cambiamento della normativa che regola l'aborto, alimentato anche dalle numerose prese di posizione della Chiesa.
«Il Vaticano - spiega - sbaglia bersaglio quando dice che la 194 è intrinsecamente cattiva, perché al contrario si tratta di una buona legge. Bisogna agire sulle coscienze e sull'educazione alla vita. Parlare al cuore e alla morale cristiana, non al Parlamento. Impregnare di amore i cuori della gente, non appoggiare una fazione politica per annullare una norma che, di fatto, riducendo negli anni gli aborti di oltre il 30% ha, al contrario, lavorato per la vita». In realtà - continua Giorlandino - «le questioni sono due: o si vuole veramente stabilire il termine temporale del secondo trimestre entro il quale sia consentita l'interruzione di gravidanza, o questo discorso è solo il pretesto per riportare la legge in Parlamento, con il rischio che si sta prospettando e cioè che si renda inaccessibile l'interruzione anche nel primo trimestre di gravidanza». Per Giorlandino «nel primo caso ci sono già le linee guida del ministero della Salute e sarebbe comunque antietico stabilire un periodo preciso e far riferimento solo a quello. Ci sono infatti feti sanissimi che vengono al mondo alla 23esima settimana e in questi casi c'è l'obbligo morale di fare tutto il possibile per tentare di salvarli. Ci sono, invece, feti che vengono al mondo alla 24esima settimana con malformazioni congenite per i quali l'accanimento terapeutico non farebbe altro che aggravare la situazione. Si tratta comunque di creature destinate a non sopravvivere», sottolinea. «Noi tutti - ribadisce il ginecologo - siamo per la vita ma anche per la libertà di ognuno di poter scegliere. Il diritto di scelta è in pericolo se sarà messa mano alla legge 194. Chi vuole modificare la normativa vuole farlo in senso restrittivo. Il tutto non farà altro che riportare le donne in ambulatori clandestini. Se poi si vorrà togliere il diritto di interrompere la gravidanza dopo i tre mesi a causa di un rischio per la salute fisica o psichica della donna, cominceranno i viaggi all'estero, come per la fecondazione assistita». Infine - osserva Giorlandino - «si è sentita ribadire la disponibilità degli istituti di assistenza a ospitare, una volta nati, quegli esseri strappati, con la forza dell'accanimento della rianimazione a ogni costo, al loro destino naturale. I genitori, privati anche del diritto di scegliere tra il dolore di un lutto e la sofferenza di una vita negata alla dignità umana, sarebbero costretti per le necessità imposte dal costo della vita, da una società selettiva, competitiva e insensibile alla sofferenza, ad affidare questi sventurati, come avveniva in passato, dietro compenso, a uno di quegli antichi istituti, oramai in grande dismissione, che rappresenterebbero l'unico "parcheggio" per tutta una vita di abbandono e solitudine».
Liberazione del 13 febbraio 2008, pag. 3
«L'Italia tornerà agli aborti clandestini. E' l'orribile realtà che ci aspetta se la legge 194 verrà cambiata». Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale (Sidip) e presidente del Forum delle associazioni di diagnosi, genetica e riproduzione, ritorna sulle polemiche che in questi giorni hanno preso piede dopo il documento di alcuni ginecologi romani che chiedono di rianimare i prematuri estremi e che ha riacceso il dibattito sul cambiamento della normativa che regola l'aborto, alimentato anche dalle numerose prese di posizione della Chiesa.
«Il Vaticano - spiega - sbaglia bersaglio quando dice che la 194 è intrinsecamente cattiva, perché al contrario si tratta di una buona legge. Bisogna agire sulle coscienze e sull'educazione alla vita. Parlare al cuore e alla morale cristiana, non al Parlamento. Impregnare di amore i cuori della gente, non appoggiare una fazione politica per annullare una norma che, di fatto, riducendo negli anni gli aborti di oltre il 30% ha, al contrario, lavorato per la vita». In realtà - continua Giorlandino - «le questioni sono due: o si vuole veramente stabilire il termine temporale del secondo trimestre entro il quale sia consentita l'interruzione di gravidanza, o questo discorso è solo il pretesto per riportare la legge in Parlamento, con il rischio che si sta prospettando e cioè che si renda inaccessibile l'interruzione anche nel primo trimestre di gravidanza». Per Giorlandino «nel primo caso ci sono già le linee guida del ministero della Salute e sarebbe comunque antietico stabilire un periodo preciso e far riferimento solo a quello. Ci sono infatti feti sanissimi che vengono al mondo alla 23esima settimana e in questi casi c'è l'obbligo morale di fare tutto il possibile per tentare di salvarli. Ci sono, invece, feti che vengono al mondo alla 24esima settimana con malformazioni congenite per i quali l'accanimento terapeutico non farebbe altro che aggravare la situazione. Si tratta comunque di creature destinate a non sopravvivere», sottolinea. «Noi tutti - ribadisce il ginecologo - siamo per la vita ma anche per la libertà di ognuno di poter scegliere. Il diritto di scelta è in pericolo se sarà messa mano alla legge 194. Chi vuole modificare la normativa vuole farlo in senso restrittivo. Il tutto non farà altro che riportare le donne in ambulatori clandestini. Se poi si vorrà togliere il diritto di interrompere la gravidanza dopo i tre mesi a causa di un rischio per la salute fisica o psichica della donna, cominceranno i viaggi all'estero, come per la fecondazione assistita». Infine - osserva Giorlandino - «si è sentita ribadire la disponibilità degli istituti di assistenza a ospitare, una volta nati, quegli esseri strappati, con la forza dell'accanimento della rianimazione a ogni costo, al loro destino naturale. I genitori, privati anche del diritto di scegliere tra il dolore di un lutto e la sofferenza di una vita negata alla dignità umana, sarebbero costretti per le necessità imposte dal costo della vita, da una società selettiva, competitiva e insensibile alla sofferenza, ad affidare questi sventurati, come avveniva in passato, dietro compenso, a uno di quegli antichi istituti, oramai in grande dismissione, che rappresenterebbero l'unico "parcheggio" per tutta una vita di abbandono e solitudine».