lunedì 18 febbraio 2008

Il nulla osta del prete

Il nulla osta del prete

Il Manifesto del 9 novembre 2006, pag. 1

di Gianni Rossi Barilli

Si chiamano famiglie di fatto. Dovrebbe quindi essere scontato, per chiunque abbia almeno un neurone funzionante e una rudimentale dimestichezza con le nostre con convenzioni linguistiche, che sono «di fatto» perché non sono «di diritto» nel senso legale dell’espressione. Invece no. Per i cattolici reazionari e il loro gregge di comari e compari politici che citano a vanvera la costituzione ogni due per tre, non sono famiglie. Caso mai sono «fatti», di quelli sgradevoli che si tacevano obbligatoriamente nei tinelli piccoloborghesi di una volta. In quei tinelli ormai non c'è più tabù che tenga e si sente di tutto, proprio come in tivù, ma nel generale degrado di stile delle buona famiglie il parlamento della repubblica deve restare un baluardo dell'ipocrisia bigotta. Nasce di qui la bagarre organizzata ieri alla camera dalla destra ratzingeriana, con l’assenso politico ma non procedurale dei teo dem ulivisti, contro il diritto-dovere della commissione affari sociali di sentire anche i rappresentanti della Liff (Lega italiana famiglie di fatto) nell'ambito di un’audizione sulla condizione della famiglia in Italia. C'erano il Forum delle famiglie cattoliche, una delegazione delle famiglie numerose ed erano stati invitati pure i genitori democratici. Ma secondo gli esponenti dell’opposizione, tra cui pure divorziati e concubini/e pullulano, i sostenitori etero e omo del more uxurio non potevano essere uditi dalle onorevoli orecchie di Montecitorio. Fin troppo facile concludere che il solo modo che il fan club del papa ha a disposizione per continuare a imporre la propria agenda politica, data l'assenza di argomenti ragionevoli, è cercare di tappare la bocca a chi la pensa diversamente. Se però le cose stanno così, com'è più che evidente, il diritto di cittadinanza concesso nel centrosinistra all'autoritarismo intollerante di certi cattolici è un problema politico di serie A. Ne vogliamo parlare, magari anche spiegando agli elettori come mai la legge sulle unioni civili, promessa dall'Unione, è tuttora insabbiata come ai tempi di Berlusconi? Ieri il parlamento spagnolo ha votato una legge che permetterà alle persone transessuali di cambiare nome anche senza il permesso del medico e del magistrato. Qui da noi per esistere occorre ancora il nulla osta del prete.