La Repubblica 14.2.08
"Infrante le regole-base della buona medicina"
Veronesi:dovevano proteggere quella donna
di Carlo Brambilla
Al risveglio da un aborto la paziente prende a poco a poco coscienza del proprio corpo e del figlio che non c´è più. In quel momento così delicato c´è stato l´interrogatorio
MILANO - «Inammissibile. Sono state infrante con la forza e con modalità primordiali le regole elementari della buona medicina. Superare in questo modo le barriere sanitarie, come ha fatto la polizia a Napoli, è un reato dal punto di vista morale e deontologico». Umberto Veronesi, direttore scientifico dell´Istituto Europeo di Oncologia, condanna senza mezze misure il blitz condotto dalle forze dell´ordine al Nuovo Policlinico di Napoli. Critica il personale medico che ha permesso agli agenti di entrare nella stanza della paziente per interrogarla e denuncia le tensioni create dalle crociate contro la legge 194.
Professor Veronesi, come avrebbero dovuto comportarsi i medici davanti all´irruzione della polizia?
«Sono dispiaciuto che il personale medico non si sia opposto subito con maggiore decisione. Posso immaginare il loro iniziale stupore e lo smarrimento di fronte a un´irruzione che, a quanto descritto, aveva tutto l´aspetto spettacolare di una retata. Ma un medico deve essere pronto a tutto per difendere il suo paziente. Deve mantenere la massima lucidità. Soprattutto quando il suo paziente si trova in un momento di estrema debolezza fisica e psichica. Tanto più se si trova dentro l´ospedale che dovrebbe essere il luogo di protezione e tutela totale della persona malata».
Si è parlato di clima da caccia alle streghe, di crudeltà ideologica, di clima da Inquisizione. Quale è stato secondo lei l´aspetto più negativo di questo intervento?
«Il paziente che esce dalla sala operatoria entra in una precisa fase della cura, nella quale riceve, oltre all´assistenza post-operatoria (il controllo del dolore, la somministrazione dei farmaci e così via) anche il sostegno psicologico e quell´insieme di gesti e di atteggiamenti tesi a trasmettere la serenità e il coraggio. Si tratta di un vero e proprio momento della terapia. E come tale non può essere violato da un blitz delle forze dell´ordine. Si è mai vista una squadra di Polizia con tanto di pistole spianate entrare in sala operatoria con il paziente sotto i ferri? Neppure nei telefilm americani».
Tanta urgenza per indagare su un´ipotesi di aborto fuori dai termini di legge sembra difficile da capire.
«L´irruzione è grave se pensiamo che, posto che l´accertamento andasse fatto, non c´era nessuna urgenza. Poteva essere effettuato tranquillamente nei giorni successivi. Perizie su aborti terapeutici sono state fatte a Milano settimane o mesi dopo la dismissione delle pazienti».
L´intervento della polizia ha interferito nel processo di cura? Sono aumentati i rischi per la salute della paziente?
«Sì. Il fatto che stiamo parlando di aborto rende tutto più grave. Concentriamoci per una volta sul dramma dell´aborto. Non c´è donna né medico al mondo che voglia fare un aborto. Quando una donna si trova nella tragica situazione di farlo la sua decisione la fa precipitare in una situazione psicologica estremamente fragile in cui aumenta il suo rischio personale di scivolare nella malattia della depressione».
Il blitz è arrivato proprio nel momento più delicato. Quello immediatamente successivo all´intervento.
«Esattamente. Quando la donna si risveglia dall´anestesia prende progressivamente coscienza del suo corpo, che non accoglie più il futuro figlio. E viene assalita da una vera e propria sindrome di abbattimento e di abbandono che va curata attentamente e prontamente perché non degeneri in patologia aggiungendo dramma a dramma».
Ritiene che abbiano influito in questa vicenda le recenti campagne contro l´aborto e la legge 194?
«Le tensioni create da queste crociate e dalle relative contro-crociate sono sotto gli occhi di tutti».
"Infrante le regole-base della buona medicina"
Veronesi:dovevano proteggere quella donna
di Carlo Brambilla
Al risveglio da un aborto la paziente prende a poco a poco coscienza del proprio corpo e del figlio che non c´è più. In quel momento così delicato c´è stato l´interrogatorio
MILANO - «Inammissibile. Sono state infrante con la forza e con modalità primordiali le regole elementari della buona medicina. Superare in questo modo le barriere sanitarie, come ha fatto la polizia a Napoli, è un reato dal punto di vista morale e deontologico». Umberto Veronesi, direttore scientifico dell´Istituto Europeo di Oncologia, condanna senza mezze misure il blitz condotto dalle forze dell´ordine al Nuovo Policlinico di Napoli. Critica il personale medico che ha permesso agli agenti di entrare nella stanza della paziente per interrogarla e denuncia le tensioni create dalle crociate contro la legge 194.
Professor Veronesi, come avrebbero dovuto comportarsi i medici davanti all´irruzione della polizia?
«Sono dispiaciuto che il personale medico non si sia opposto subito con maggiore decisione. Posso immaginare il loro iniziale stupore e lo smarrimento di fronte a un´irruzione che, a quanto descritto, aveva tutto l´aspetto spettacolare di una retata. Ma un medico deve essere pronto a tutto per difendere il suo paziente. Deve mantenere la massima lucidità. Soprattutto quando il suo paziente si trova in un momento di estrema debolezza fisica e psichica. Tanto più se si trova dentro l´ospedale che dovrebbe essere il luogo di protezione e tutela totale della persona malata».
Si è parlato di clima da caccia alle streghe, di crudeltà ideologica, di clima da Inquisizione. Quale è stato secondo lei l´aspetto più negativo di questo intervento?
«Il paziente che esce dalla sala operatoria entra in una precisa fase della cura, nella quale riceve, oltre all´assistenza post-operatoria (il controllo del dolore, la somministrazione dei farmaci e così via) anche il sostegno psicologico e quell´insieme di gesti e di atteggiamenti tesi a trasmettere la serenità e il coraggio. Si tratta di un vero e proprio momento della terapia. E come tale non può essere violato da un blitz delle forze dell´ordine. Si è mai vista una squadra di Polizia con tanto di pistole spianate entrare in sala operatoria con il paziente sotto i ferri? Neppure nei telefilm americani».
Tanta urgenza per indagare su un´ipotesi di aborto fuori dai termini di legge sembra difficile da capire.
«L´irruzione è grave se pensiamo che, posto che l´accertamento andasse fatto, non c´era nessuna urgenza. Poteva essere effettuato tranquillamente nei giorni successivi. Perizie su aborti terapeutici sono state fatte a Milano settimane o mesi dopo la dismissione delle pazienti».
L´intervento della polizia ha interferito nel processo di cura? Sono aumentati i rischi per la salute della paziente?
«Sì. Il fatto che stiamo parlando di aborto rende tutto più grave. Concentriamoci per una volta sul dramma dell´aborto. Non c´è donna né medico al mondo che voglia fare un aborto. Quando una donna si trova nella tragica situazione di farlo la sua decisione la fa precipitare in una situazione psicologica estremamente fragile in cui aumenta il suo rischio personale di scivolare nella malattia della depressione».
Il blitz è arrivato proprio nel momento più delicato. Quello immediatamente successivo all´intervento.
«Esattamente. Quando la donna si risveglia dall´anestesia prende progressivamente coscienza del suo corpo, che non accoglie più il futuro figlio. E viene assalita da una vera e propria sindrome di abbattimento e di abbandono che va curata attentamente e prontamente perché non degeneri in patologia aggiungendo dramma a dramma».
Ritiene che abbiano influito in questa vicenda le recenti campagne contro l´aborto e la legge 194?
«Le tensioni create da queste crociate e dalle relative contro-crociate sono sotto gli occhi di tutti».