giovedì 7 febbraio 2008

Perché abbiamo contestato il papa

Liberazione 7.2.08
Docenti e studenti all'incontro organizzato all'università La Sapienza
da Sinistra critica. Tra loro, Carlo Cosmelli, uno dei 67 fisici firmatari
Perché abbiamo contestato il papa
di Tonino Bucci

Tutto finito? Cosa è rimasto dopo la famosa lettera di protesta dei 67 docenti di fisica della Sapienza? E quale segno ha lasciato nei collettivi studenteschi la battaglia contro la scelta (politica) del rettore Renato Guarini di invitare Benedetto XVI all'inaugurazione dell'anno accademico? Se si guarda alla cronaca sembra acqua passata. Il rettore è tornato in un cono d'ombra come se l'intera storia non fosse partita da lui. E nel silenzio dei media sono tornati anche gli studenti, isolati come sempre nel denunciare i tagli all'università pubblica (e laica).
Eppure le ragioni politiche di chi ha contestato sono ancora in gioco. Che sulle pagine dei giornali si parli di moratoria contro l'aborto o di rianimazione coatta dei feti l'argomento è sempre quello, la laicità e il rapporto tra Stato e Chiesa. La religione cattolica ha il monopolio della verità? E' possibile che non ci sia altra morale al di fuori di quella ammessa dalle gerarchie vaticane? La politica, la scienza, l'etica, sono chiamate a rispondere alla sfida, a cercare criteri di legittimazione autonomi, a non accettare l'idea che solo chi ritiene d'avere Dio in tasca sia autorizzato a spiegare il mondo e a parlare della verità. Ecco perché la battaglia iniziata da docenti e studenti alla Sapienza è ancora attuale e non va lasciata cadere - anche perché qui si gioca una delle discriminanti nello scenario politico italiano tra il Pd e quello che si muove alla sua sinistra. Alla Sapienza di Roma ieri s'è svolta una tavola di discussione, "Diritto al dissenso", organizzata da Sinistra critica con Carlo Cosmelli, uno dei firmatari della lettera dei 67 docenti di fisica, lo storico Angelo d'Orsi - a sua volta promotore di un appello a sostegno dei docenti romani - Giorgio Sestili, studente del collettivo di fisica e del coordinamento dei collettivi, e Cinzia Arruzza, ricercatrice di Sinistra critica.
Ancora oggi gli studenti non si spiegano il fuoco di sbarramento dei media. «Perché? Di solito i giornali non si accorgono delle nostre iniziative. Il Papa sarebbe potuto venire e tenere il discorso. All'indomani i giornali avrebbero potuto dipingerci come la solita frangia minoritaria. E invece non hanno accettato il dissenso, ci hanno presentato come intolleranti. E oggi siamo ritornati invisibili, come sempre. Noi parliamo dei tagli alla ricerca e alla didattica e nessuno se ne accorge. L'università è devastata e la Chiesa mantiene i suoi privilegi e non paga l'Ici. E poi, l'inaugurazione dell'anno accademico non è un momento di confronto, è l'appuntamento più simbolico dell'università pubblica e laica».
Ma ci può essere interlocuzione tra scienziati e credenti sul terreno della ricerca? «Uno scienziato può anche credere in Dio - dice Carlo Cosmelli - ma questo non ha nulla a che fare con la ricerca. E' una questione di metodo. Un Essere supremo potrebbe anche esistere ma per uno scienziato è indifferente perché nella descrizione degli eventi naturali non deve ricorrere a cause esterne. Questo è il naturalismo metodologico. Se la nostra macchina si ferma la portiamo dal meccanico. Nessuno si sognerebbe di tirare in ballo una causa soprannaturale». Perché è irricevibile il pensiero teologico di Benedetto XVI? Perché parte dall'equiparazione di ragione e fede - spiega Cosmelli - perché la ragionevolezza sfuma nell'idea di obbedienza alla verità e perché la verità finisce per coincidere, a sua volta, con la morale dettata dalle gerarchie cattoliche. Comincia col dire che Dio è logos e finisce con l'etichettare immorali e tendenzialmente malvagi tutti coloro che vanno "contronatura". Omosessuali in prima fila. Un vero manifesto etico-politico. Ma «non c'è nesso automatico tra l'essere cattolico e le scelte morali. Gandhi non era cattolico e Russell era ateo».
La sfida è alta e i laici devono attrezzarsi per confliggere con un pensiero che ha l'ambizione d'essere chiave di lettura globale del cosmo. «La Chiesa ha un apparato e una stuola di intellettuali da far invidia. Perché si scagliano contro il pensiero queer, contro Judith Butler, contro l'idea che i generi non siano biologici, ma una costruzione simbolica? Perché la Chiesa pensa che la differenza biologica tra i sessi sia a fondamento di ruoli differenti, definiti una volta per tutte, tra uomo e donna, nella famiglia e nella società intera. Vede come fumo negli occhi ogni pensiero che metta in discussione l'ordine della natura». Non basta però contrapporre al fronte oscurantista la fede nel progresso. «Noi laici dobbiamo interrogarci sullo statuto della scienza, sulla dipendenza dal potere economico, sulla proprietà dei brevetti e su un modo di produzione alternativo».
Ma quali sono le radici di questa anomalia italiana? «Vanno cercate nella nostra storia», dice Angelo d'Orsi che intanto nelle firme a sostegno dei docenti romani è arrivato a quota millecinquecento. «L'esistenza di un potere politico, militare e giudiziario della Chiesa ha impedito che il nostro paese diventasse uno Stato nazionale e moderno come le altre nazioni europee. E questo ha avuto conseguenze gravissime anche sul piano culturale e civico. Perché gli italiani sono individualisti e non hanno senso del pubblico? L'unico periodo laico del nostro Stato è quello postrisorgimentale. Dopo di allora l'idea della separazione tra Stato e chiesa di matrice cavouriana è stata affossata. Prima dal fascismo con i Patti lateranensi, poi con la grande occasione mancata della Costituzione - vedi articolo 7 - e infine la revisione del Concordato voluta da Craxi. E' possibile che oggi a dettare l'agenda politica in questo paese debba essere un uomo come Giuliano Ferrara che si vanta di non aver mai terminato gli studi universitari e chiama "asini" i docenti? E poi smettiamola di dire che al Papa non viene riconosciuta libertà di interloquire. Giornali e televisioni sono pieni dei suoi discorsi».