sabato 16 febbraio 2008

La sharia cattolica

dal sito:
http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&a...art=984&aa=2008
Edizione 24 del 05-02-2008

Di questo passo la laicità dello Stato e delle istituzioni scomparirà restando solo un ricordo

La sharia cattolica
di Dario Rivolta

Tra teodem, teocon, atei-devoti, cattolici praticanti, cattolici integralisti e altri neologismi o vecchie definizioni, mai come ora si è visto un proliferare di attenzione verso sentimenti o valori ispirati o attribuiti alla chiesa cattolica, la religione più professata in Italia. Il crollo delle ideologie politiche salvifiche ha indubbiamente lasciato un vuoto enorme ed è andata delusa la speranza laica di un senso di consapevolezza e responsabilità che potessero affermarsi tra i cittadini. Il sogno di ogni politico laico e liberale è basato sul concetto, ben espresso da Gobetti, che “non si può essere liberali se non si è ottimisti nell’uomo...”. L’obiettivo di ogni politica siffatta è di avere cittadini che sappiano ragionale con la propria testa, in modo maturo, e lontano da suggestioni irrazionali. Solo i sistemi totalitari o autoritari vogliono mantenere i propri cittadini vittime dell’ignoranza e dell’immaturità, condizione ottimale per poterli gestire con il minor numero di problemi.

Senza consapevolezza di sé e la guida della ragione è facile avere persone disponibili a sposare acriticamente ideologie salvifiche o ricette culturali illiberali. L’uomo, per natura, è costantemente alla ricerca di valori certi che diano risposte una volta per tutte e che tolgano quell’insicurezza connaturata a chi cerca in ogni circostanza una risposta razionale e pertinente. Un mondo senza certezze assolute è più pesante da affrontarsi e mette a rischio la facilita’ di garantirsi una identita’ indiscutibile. La nostra epoca, orfana di credi esaustivi e vittima del disorientamento conseguente ,tra l’altro, alla globalizzazione, è naturalmente portata a far rinascere, valorizzandola, qualunque fonte di possibili certezze, poco importa se vere o false, purchè, avvallate dal consenso diffuso e almeno verosimili.

I politici percepiscono queste domande inevase di certezza e spesso si precipitano ad assecondare qualunque risposta mostri la “chance” di raccogliere il più ampio consenso. Poco importa a questi politici se ciò contribuisca ad allontanare il valore della consapevolezza individuale. Poco importa se l’individuo-cittadino che ne deriva sia “sovrano” o torni ad essere “suddito”.
La domanda di identità individuale e collettiva trova una risposta ancor meglio rassicurante quando si presenta come trascendente. Diventa più sicuro, allora, non solo rendere indiscutibile (almeno qui su questa nostra Terra) la ricetta proposta, ma la si impone non come una possibile verità bensì come “la” verità ultima ed assoluta. In Italia, confortati dalla presenza di un Vaticano in cerca di rivincite, sono numerosi, nei vari partiti, coloro che cercano di intercettare il punto in cui si incontrano domanda di sicurezza e risposta salvifica. C’è chi lo fa in buona fede, magari ottundendo la propria stessa ragione o mentendo a se stesso e chi lo fa restando ateo ma, per opportunismo “sociale”, diventando un nuovo “devoto”.

Si assiste allora ad una gara dove, per accreditarsi a gerarchie e credenti, si urla più forte il proprio plauso alle ultime battute di un Ruini o di un Bagnasco e si emettono comunicati stampa di “profondo apprezzamento” per qualunque parola pronunciata dal Santo Padre. Il risultato è che i gerarchi vaticani, certo più intelligenti dei loro improvvisati seguaci, osano sempre di più, contando sul gregge sempre più numeroso, che li seguirà. I clerici sono arrivati, senza che la cosa stupisse alcuno, a dare essi stessi la giusta definizione di quale debba essere il rapporto tra Stato e Chiesa, distinguendo acutamente (sic!) tra “laicità” e “laicismo”. Come se un laico cominciasse a distingue tra “cattolici” e “cattolicisti”, essendo solo i primi i credenti giudicati accettabili. Non basta, proprio ultimamente si arriva a sostenere che un feto, ancorché malformato, debba essere a tutti i costi tenuto in vita indipendentemente dalla volontà della madre e magari dopo aver accentuato in lei tutti i possibili sensi di colpa per la maternità a cui ha dovuto rinunciare.

Cose che erano inimmaginabili ai tempi in cui esisteva la Democrazia Cristiana, partito confessionale per eccellenza, oggi diventano pressocchè normali, grazie alla complicità dei vari teo-qualchecosa. Ruini, dimenticando che cosa significhi un approccio liberale e cancellando secoli di battaglie a favore del rispetto dei diritti altrui, afferma perentoriamente che i politici cattolici non debbano “proporre” leggi contrarie alla dottrina della Chiesa. Intelligentemente, Ruini dice “proporre” non “approvare” o “votare”. Lasciando però che le interpretazioni, più o meno esplicite, portino alla convinzione che politici cattolici non debbano nemmeno “acconsentire” a leggi non esplicitamente approvate dalla dottrina della Chiesa e fregandosene che, magari, in Italia ci sono cittadini che, in base alla Costituzione, possono essere anche non cattolici, agnostici o addirittura atei.

Una società liberale-democratica è quella in cui le maggioranze non possono violare le libertà, individuali e collettive, delle minoranze, nemmeno in nome di un loro presunto “bene”. Anche i famosi cattolici liberali, in realtà ormai ostracizzati dalla stessa Chiesa inorridirebbero davanti alle pretese di una gerarchia che vuole fissare i calendari del Parlamento e i criteri delle leggi. Purtroppo, se i laici rimasti, i veri liberali, i difensori dei principi di tolleranza e di rispetto della diversità continuano a tacere o a sottovalutare le intemperanze assolutiste di questi neo-secolari, chi ci rimetterà, poco per volta, sarà la laicità vera dello Stato e delle istituzioni. Facendoci arretrare di almeno due secoli. Anche se sostengono formalmente il contrario, i Ruini o i Bagnasco di turno hanno in mente lo stato teocratico e cioè proprio quel modello che noi oggi critichiamo negli islamici integralisti. La risposta agli integralismi che ci arrivano da fuori, la contrapposizione di una nostra identità storica e sociale a modelli ispirati da culture religiose assolutiste non può e non deve essere la contrapposizione di integralismo ad integralismo.

L’unica risposta che la nostra cultura ha dato, attraverso battaglie, intellettuali e non solo, è proprio la netta distinzione tra Stato e Religione, ove dello Stato fanno parte tutti i cittadini ed in esso tutti debbono potersi riconoscere, lasciando a ciascuno la scelta della propria insindacabile religione. Così come prevedere la nostra stessa Costituzione. In Europa, per il momento (a parte Monaco e Lussemburgo) non esiste un Paese che abbia tuttora una religione di Stato, né esiste una “sharia” cattolica.
Assecondando però i diktat vaticani e le loro pretese sulla nostra storia e sulla nostra cultura, ben presto ci troveremo a riavere, magari senza dichiararlo, ancora una religione di Stato. E forse come diretta conseguenza, a rieditare una moderna Inquisizione.
*deputato di Forza Italia