Rutelli non fuga i dubbi dei laici
Il Riformista del 19 febbraio 2008, pag. 2
E’ una condanna senza appello quella pronunciata da Franco Grillini, deputato socialista, non appena Francesco Rutelli ha annunciato di aver sciolto la riserva e di accettare di correre per tornare a occupare la poltrona di sindaco di Roma. Niente da fare: per Grillini Rutelli è «invotabile». Neppure il «damose da fa'» pronunciato dal vicepremier lo ha commosso. Grillini, anzi, ha elencato una lunga lista di motivi per i quali l'ex sindaco col motorino non può essere votato. E tutti o quasi hanno qualcosa a che vedere con quel «damose da fa'» di vaticana memoria. E dunque: Rutelli «ha ritirato il patrocinio del Comune al World pride»; «ha candidato e fatto eleggere la signora del cilicio che ha votato contro il proprio governo negando la fiducia sull'antiomofobia e ha definito i gay come devianti»; senza contare, sostiene ancora Grillini, la posizione di Rutelli sul referendum sulla fecondazione assistita. Insomma, è allarme: «occorre dimostrare che Roma non è papalina e baciapile. Occorre far capire che Roma non può diventare come Riad o come Teheran».
Paragonare Roma a Riad o Teheran ci pare quantomeno esagerato ma, eccessi polemici di Grillini a parte, qualcosa Rutelli dovrà pur dirla per evitare che il dubbio sul futuro di Roma serpeggi, si ingrossi e scavi il terreno sotto i piedi della sua candidatura. Insomma, provi a fare uno sforzo. Seppure molto sfumato, o forse del tutto evaporato, il suo ruolo di vicepremier è ancora lì a dargli qualche ragione per intervenire su alcune delle questioni sollevate da Grillini. La legge 40, ad esempio, e le linee guida che il ministero della Salute avrebbe già da tempo dovuto rinnovare. Sono scadute e, se non bastasse, sono state travolte dalle decisioni di diversi tribunali. Prima del voto il governo è ancora in carica, dopo si chiuderebbe una finestra che difficilmente tornerebbe a riaprirsi. Provi a fare un colpo di telefono, Rutelli, alla sua collega Livia Turco. Metta a tacere tutti coloro che mettono in dubbio la sua laicità. Basta poco, una semplice telefonata. Il gettone, ce lo mettiamo noi.
Nel frattempo, sarebbe bastata, per iniziare bene la campagna elettorale, una semplice dichiarazione di solidarietà con la comunità omosessuale per l'incendio che ha devastato un locale romano, il Coming out. Sono intervenuti in molti ma di Rutelli, almeno sino alle 20 di ieri sera, le agenzie non recavano traccia.
Il Riformista del 19 febbraio 2008, pag. 2
E’ una condanna senza appello quella pronunciata da Franco Grillini, deputato socialista, non appena Francesco Rutelli ha annunciato di aver sciolto la riserva e di accettare di correre per tornare a occupare la poltrona di sindaco di Roma. Niente da fare: per Grillini Rutelli è «invotabile». Neppure il «damose da fa'» pronunciato dal vicepremier lo ha commosso. Grillini, anzi, ha elencato una lunga lista di motivi per i quali l'ex sindaco col motorino non può essere votato. E tutti o quasi hanno qualcosa a che vedere con quel «damose da fa'» di vaticana memoria. E dunque: Rutelli «ha ritirato il patrocinio del Comune al World pride»; «ha candidato e fatto eleggere la signora del cilicio che ha votato contro il proprio governo negando la fiducia sull'antiomofobia e ha definito i gay come devianti»; senza contare, sostiene ancora Grillini, la posizione di Rutelli sul referendum sulla fecondazione assistita. Insomma, è allarme: «occorre dimostrare che Roma non è papalina e baciapile. Occorre far capire che Roma non può diventare come Riad o come Teheran».
Paragonare Roma a Riad o Teheran ci pare quantomeno esagerato ma, eccessi polemici di Grillini a parte, qualcosa Rutelli dovrà pur dirla per evitare che il dubbio sul futuro di Roma serpeggi, si ingrossi e scavi il terreno sotto i piedi della sua candidatura. Insomma, provi a fare uno sforzo. Seppure molto sfumato, o forse del tutto evaporato, il suo ruolo di vicepremier è ancora lì a dargli qualche ragione per intervenire su alcune delle questioni sollevate da Grillini. La legge 40, ad esempio, e le linee guida che il ministero della Salute avrebbe già da tempo dovuto rinnovare. Sono scadute e, se non bastasse, sono state travolte dalle decisioni di diversi tribunali. Prima del voto il governo è ancora in carica, dopo si chiuderebbe una finestra che difficilmente tornerebbe a riaprirsi. Provi a fare un colpo di telefono, Rutelli, alla sua collega Livia Turco. Metta a tacere tutti coloro che mettono in dubbio la sua laicità. Basta poco, una semplice telefonata. Il gettone, ce lo mettiamo noi.
Nel frattempo, sarebbe bastata, per iniziare bene la campagna elettorale, una semplice dichiarazione di solidarietà con la comunità omosessuale per l'incendio che ha devastato un locale romano, il Coming out. Sono intervenuti in molti ma di Rutelli, almeno sino alle 20 di ieri sera, le agenzie non recavano traccia.