il Riformista 6.2.08
Laicità il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III
Il vuoto di pensiero politico apre spazi alla Chiesa
di Marco Vitale
La presenza sempre più pervasiva della Chiesa su tanti temi è la conseguenza del fatto che la Chiesa è uno dei pochi centri di potere, capace anche di esprimere un pensiero. Ciò vale non solo sul tema della scienza e della tecnica, ma per i temi socio-economici, per i temi della criminalità (se nel Sud si incontrano ancora delle autorità rispettabili e credibili queste sono di solito i vescovi, tra le poche persone degne e con le quali si può parlare in modo serio di cose serie) e altri temi. L'agghiacciante vuoto di pensiero che caratterizza la classe dirigente italiana (e non solo la classe politica) apre spazi nuovi e inaspettati per la Chiesa e per il Papa. La domanda centrale è se la Chiesa si inserisce in questi spazi in modo utile e appropriato o meno. Io, parlando da aspirante cristiano e cattolico-liberale con sofferenza, rispondo di no.
Se i vertici della Chiesa (Papa e Cei), approfittando della debolezza di pensiero della classe dirigente, invece di aiutare a colmare questo vuoto, cercano di riportare indietro le lancette della storia, è inevitabile che il confronto tra pensiero laico e pensiero teocratico, superato dal Vaticano II, si riacutizzi. E a me sembra che questo Papa e questa Cei invece di impegnarsi a diffondere nella società lo spirito religioso, cioè il senso del divino, invece di diffondere e applicare il Vangelo (per usare un'espressione amata da quei preti "da strada" che, come me, soffrono per questa Chiesa arrogante, ricca, potente e scintillante di gioielli), siano impegnati principalmente in una grande operazione di potere. E allora devono attendersi delle reazioni. Se la Chiesa si muove direttamente e in prima persona come un partito politico, se c'è qualcosa di vero in quello che, scherzosamente ma non troppo, disse tempo fa Cossiga: «come presidente della Cei Ruini è stato un grande, ma come segretario regionale della Dc sarebbe stato il massimo», allora episodi come quello della Sapienza vanno inquadrati in una prospettiva più ampia. Questo episodio preso in sé e per sé è il frutto di due errori. Il primo è quello di cercare di impedire la parola a un'autorità intellettuale in una università, che è il luogo per eccellenza della libertà di pensiero e di parola. E il secondo è quello di invitare il Papa non a parlare ma a tenere il discorso di apertura dell'anno accademico in una università pubblica. L'invito è stato una dimostrazione di debolezza intellettuale, servilismo, ricerca impropria di effetti mediatici, tipica di una dirigenza senza pensiero, senza dignità e senza rispetto per l'istituzione che è chiamata a dirigere. Ma forse l'accettazione di questo invito è stata una decisione non ben valutata.
Io credo però che più che preoccuparci della limitata ostilità alla preannunciata presenza di Ratzinger alla Sapienza, sia più giusto preoccuparci del contrario. Credo che abbia ragione Carlo Augusto Viano, professore emerito di Storia della filosofia all'università di Torino che, tempo fa, (prima delle vicende della Sapienza), ha detto: «Voci critiche e discordanti! Ma se Ratzinger è l'uomo meno criticato del Pianeta. In Italia ormai c'è una devozione agghiacciante verso il Papa che neanche nel peggiore regime democristiano, non esiste alcuna voce discordante o se c'è non se ne dà mai notizia. Basta guardare i mezzi di comunicazione: ogni giorno c'è il Papa, non chi la pensa diversamente da lui. Siamo eredi dello Stato pontificio e questo ci rende succubi del Papa. Inoltre solo in Italia ci si stupisce del fatto che il Pontefice venga criticato, e ci siamo ormai abituati a non contraddirlo mai».
Laicità il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III
Il vuoto di pensiero politico apre spazi alla Chiesa
di Marco Vitale
La presenza sempre più pervasiva della Chiesa su tanti temi è la conseguenza del fatto che la Chiesa è uno dei pochi centri di potere, capace anche di esprimere un pensiero. Ciò vale non solo sul tema della scienza e della tecnica, ma per i temi socio-economici, per i temi della criminalità (se nel Sud si incontrano ancora delle autorità rispettabili e credibili queste sono di solito i vescovi, tra le poche persone degne e con le quali si può parlare in modo serio di cose serie) e altri temi. L'agghiacciante vuoto di pensiero che caratterizza la classe dirigente italiana (e non solo la classe politica) apre spazi nuovi e inaspettati per la Chiesa e per il Papa. La domanda centrale è se la Chiesa si inserisce in questi spazi in modo utile e appropriato o meno. Io, parlando da aspirante cristiano e cattolico-liberale con sofferenza, rispondo di no.
Se i vertici della Chiesa (Papa e Cei), approfittando della debolezza di pensiero della classe dirigente, invece di aiutare a colmare questo vuoto, cercano di riportare indietro le lancette della storia, è inevitabile che il confronto tra pensiero laico e pensiero teocratico, superato dal Vaticano II, si riacutizzi. E a me sembra che questo Papa e questa Cei invece di impegnarsi a diffondere nella società lo spirito religioso, cioè il senso del divino, invece di diffondere e applicare il Vangelo (per usare un'espressione amata da quei preti "da strada" che, come me, soffrono per questa Chiesa arrogante, ricca, potente e scintillante di gioielli), siano impegnati principalmente in una grande operazione di potere. E allora devono attendersi delle reazioni. Se la Chiesa si muove direttamente e in prima persona come un partito politico, se c'è qualcosa di vero in quello che, scherzosamente ma non troppo, disse tempo fa Cossiga: «come presidente della Cei Ruini è stato un grande, ma come segretario regionale della Dc sarebbe stato il massimo», allora episodi come quello della Sapienza vanno inquadrati in una prospettiva più ampia. Questo episodio preso in sé e per sé è il frutto di due errori. Il primo è quello di cercare di impedire la parola a un'autorità intellettuale in una università, che è il luogo per eccellenza della libertà di pensiero e di parola. E il secondo è quello di invitare il Papa non a parlare ma a tenere il discorso di apertura dell'anno accademico in una università pubblica. L'invito è stato una dimostrazione di debolezza intellettuale, servilismo, ricerca impropria di effetti mediatici, tipica di una dirigenza senza pensiero, senza dignità e senza rispetto per l'istituzione che è chiamata a dirigere. Ma forse l'accettazione di questo invito è stata una decisione non ben valutata.
Io credo però che più che preoccuparci della limitata ostilità alla preannunciata presenza di Ratzinger alla Sapienza, sia più giusto preoccuparci del contrario. Credo che abbia ragione Carlo Augusto Viano, professore emerito di Storia della filosofia all'università di Torino che, tempo fa, (prima delle vicende della Sapienza), ha detto: «Voci critiche e discordanti! Ma se Ratzinger è l'uomo meno criticato del Pianeta. In Italia ormai c'è una devozione agghiacciante verso il Papa che neanche nel peggiore regime democristiano, non esiste alcuna voce discordante o se c'è non se ne dà mai notizia. Basta guardare i mezzi di comunicazione: ogni giorno c'è il Papa, non chi la pensa diversamente da lui. Siamo eredi dello Stato pontificio e questo ci rende succubi del Papa. Inoltre solo in Italia ci si stupisce del fatto che il Pontefice venga criticato, e ci siamo ormai abituati a non contraddirlo mai».