sabato 16 febbraio 2008

L'aborto è di Stato

L'aborto è di Stato

Il Manifesto del 15 febbraio 2008, pag. 1

di Ida Dominijanni

C’è fra lo Stato moderno e le donne un'antica ini­micizia, ratta di esclusio­ne da una parte e di estraneità dall'altra, che la costruzio­ne della cittadinanza non è mai riu­scita a sanare del tutto ma solo a leni­re. La legge italiana numero 194 è sta­ta una tappa cruciale di questo leni­mento: sigiando, fra donne e Stato, non la pace ma un armistizio. La pro­cura di Napoli che ha ordinato il blitz del Policlinico, i poliziotti che l'hanno eseguito con zelo in ecces­so, i politici che lo approvano, lo sdrammatizzano o lo spoliticizzano, i predicatori che lo cavalcano per te­stare (scusate la volgarità della cita­zione letterale) la grandezza dei pro-pri genitali, devono sapere che han­no rotto questo armistizio e assumer­sene, da adulti e non da bambini, da padri e non da figli in perenne rivol­ta edipica contro le madri e contro la Madre, le dovute responsabilità.



Da oggi sul tappeto non c'è solo la questione dell'aborto, o la difesa del­la 194. E sbaglierebbero anche le donne se si lasciassero prendere nel­la trappola strumentale di questo pe­rimetro. La questione sul tappeto è quella dello Stato costituzionale di diritto. Quello che garantisce - o dovrebbe - che le leggi siano applicate correttamente e non in un clima di emergenza permanente, quello che stabilisce - o dovrebbe - procedure giudiziarie corrette, quello che ci tu­tela - o dovrebbe- dagli abusi delle forze dell'ordine, quello che difende - o dovrebbe - il rapporto fra medico e paziente da aggressioni e interfe­renze indebite. Prima di discutere dell'aborto si discuta di questo: a quando un'ispezione nella procura di Napoli? Da quando una telefona­ta anonima è quanto basta per ordi­nare un blitz? L'infermiere anonimo verrà gratificato con un encomio al­lo zelo pro-life? Noi comuni mortali dovremo munirci di avvocato prima di entrare in una sala operatoria? E i medici, prima di fare una diagnosi fe­tale, dovranno dare un'occhiata ai giornali per vedere che aria tira?


Non è la prima volta e non sarà l'ultima che l'aborto si fa segno di più generali questioni: proprio per­ché l'aborto, al contrario di quanto sostiene la scellerata campagna sul­la sua «faciloneria», si colloca su un delicato crinale, fra coercizione e libertà, fra garanzie collettive e deci­sione individuale, fra specie e singo­larità. Bombardare questo delicato crinale a colpi di cannone significa bombardare, con la cittadinanza femminile, l'edificio dello Stato di di­ritto, tornare a uno Stato violento da un lato e paternalista dall'altro, che si fida più dei poliziotti che delle don­ne, e delle donne fa quando va bene delle vittime incapaci di intendere e di volere, quando va male delle as­sassine: feticide, come recita il bril­lante neologismo. Lasciare tutto que­sto fuori dalla campagna elettorale, come va predicando la premiata dit­ta V&B, è un'illusione falsa e truffaldina, che serve a Veltroni per non sbar­rarsi il voto cattolico, a Berlusconi per non sbarrarsi il voto femminile. Siamo abituati a una politica che si nutre di confusione, ma ci sono que­stioni che domandano chiarezza. E se non la ricevono, la fanno.