Un crociato in televisione
Il Manifesto del 15 febbraio 2008, pag. 1
di Norma Rangeri
Noi della vecchia generazione di femministe avevamo l'incubo dei feti sotto vetro esposti in pubblico dal movimento per la vita di Carlo Casini, un cattolico oltranzista che non si faceva scrupolo di violentare, con macabri rituali, le donne che affrontavano il dramma dell'aborto. Oggi, a trent'anni dalla conquista della 194, ci ritroviamo con un neonato movimento per la vita, concepito e partorito da Giuliano Ferrara. Nel 2008 l'aborto torna a essere definito un omicidio e assassine sono le donne costrette a ricorrervi.
Fino al punto di essere inseguite nelle corsie d'ospedale da squadre di poliziotti a caccia di feti. Naturalmente, ieri come oggi, a indossare i panni dei difensori della vita sono uomini, mossi dal desiderio di ristabilire il potere della generazione, grande e perduto.
Illuminata da potenti riflettori mediatici, dal Tgl al Corriere della Sera, la lista elettorale del giornalista berlusconiano, raccoglie i frutti di una semina iniziata con la campagna contro la legge sulla fecondazione assistita, consolidata sull'onda di larghe intese con le gerarchie vaticane. «Non voglio punire le donne in gravidanza, non voglio obbligarle a partorire», assicura il giornalista, senza neppure accorgersi di quanto suonino sinistre le sue rassicurazioni. Specialmente quando aggiunge di volersi candidare al ruolo di futuro ministro della salute.
La poderosa sponsorizzazione delle corazzate dell'informazione, vale più di qualunque apparentamento. Nei prossimi due mesi di campagna elettorale, la lista per la vita conquisterà un posto da protagonista nel dibattito politico. Vale la pena ricordarlo perché, di fronte all'arretramento dei diritti costituzionali di libertà, allo sfondamento degli argini dei diritti civili, la linea di Walter Veltroni è «lasciamo l'aborto fuori dalla competizione elettorale». Può sembrare una scelta saggia, chi non vorrebbe evitare di strumentalizzare il corpo delle donne per fini elettorali. Se non fosse che l'agenda mediatica ha già messo la questione all'ordine del giorno. Sarebbe come dire, e infatti è lo slogan che va per la maggiore, basta non parlare del berlusconismo per cancellare il conflitto di interessi, basta andare nei talk-show della tv per renderla pluralista.
Per il momento le uniche ad aver capito che tira una brutta aria sono le donne. Manifestazioni di protesta, richieste al Consiglio superiore della magistratura perché indaghi su quel che è accaduto nell'ospedale di Napoli. C'è sconcerto e incredulità anche nel mondo cattolico, tra i medici. Ma se siamo di fronte a un'offensiva ideologica, non basta reagire sul momento, è importante rilanciare la sfida. Se qualcuno calpesta la tua bandiera bisogna raccoglierla.
Il Manifesto del 15 febbraio 2008, pag. 1
di Norma Rangeri
Noi della vecchia generazione di femministe avevamo l'incubo dei feti sotto vetro esposti in pubblico dal movimento per la vita di Carlo Casini, un cattolico oltranzista che non si faceva scrupolo di violentare, con macabri rituali, le donne che affrontavano il dramma dell'aborto. Oggi, a trent'anni dalla conquista della 194, ci ritroviamo con un neonato movimento per la vita, concepito e partorito da Giuliano Ferrara. Nel 2008 l'aborto torna a essere definito un omicidio e assassine sono le donne costrette a ricorrervi.
Fino al punto di essere inseguite nelle corsie d'ospedale da squadre di poliziotti a caccia di feti. Naturalmente, ieri come oggi, a indossare i panni dei difensori della vita sono uomini, mossi dal desiderio di ristabilire il potere della generazione, grande e perduto.
Illuminata da potenti riflettori mediatici, dal Tgl al Corriere della Sera, la lista elettorale del giornalista berlusconiano, raccoglie i frutti di una semina iniziata con la campagna contro la legge sulla fecondazione assistita, consolidata sull'onda di larghe intese con le gerarchie vaticane. «Non voglio punire le donne in gravidanza, non voglio obbligarle a partorire», assicura il giornalista, senza neppure accorgersi di quanto suonino sinistre le sue rassicurazioni. Specialmente quando aggiunge di volersi candidare al ruolo di futuro ministro della salute.
La poderosa sponsorizzazione delle corazzate dell'informazione, vale più di qualunque apparentamento. Nei prossimi due mesi di campagna elettorale, la lista per la vita conquisterà un posto da protagonista nel dibattito politico. Vale la pena ricordarlo perché, di fronte all'arretramento dei diritti costituzionali di libertà, allo sfondamento degli argini dei diritti civili, la linea di Walter Veltroni è «lasciamo l'aborto fuori dalla competizione elettorale». Può sembrare una scelta saggia, chi non vorrebbe evitare di strumentalizzare il corpo delle donne per fini elettorali. Se non fosse che l'agenda mediatica ha già messo la questione all'ordine del giorno. Sarebbe come dire, e infatti è lo slogan che va per la maggiore, basta non parlare del berlusconismo per cancellare il conflitto di interessi, basta andare nei talk-show della tv per renderla pluralista.
Per il momento le uniche ad aver capito che tira una brutta aria sono le donne. Manifestazioni di protesta, richieste al Consiglio superiore della magistratura perché indaghi su quel che è accaduto nell'ospedale di Napoli. C'è sconcerto e incredulità anche nel mondo cattolico, tra i medici. Ma se siamo di fronte a un'offensiva ideologica, non basta reagire sul momento, è importante rilanciare la sfida. Se qualcuno calpesta la tua bandiera bisogna raccoglierla.