Bioetica: il dialogo e il pregiudizio
L'Unità del 2 marzo 2007, pag. 28
di Maurizio Mori
La tecnica è ormai ben consolidata: presentarsi come persone semplici che si limitano a porre dubbi o ingenue domande. Se però non dai la risposta attesa (già presupposta, dunque, quasi con dogmatica certezza) sei quello che non vuoi dialogare, che non è "serio", che è "prezzolato" o addirittura che landa "offese". La risposta da dare è che l'embrione è sacro, tesi che si fonda su sentimenti tanto intensi e radicati, per cui la sola possibilità che siano messi in crisi comporta sconcerto e ripugnanza da rendere quella possibilità inaccettabile e persino offensiva. Questa è la nuova Inquisizione che cerca di bloccare la ricerca scientifica gettando discredito su scienziati di fama internazionale e studiosi seri, che da anni riflettono con intelligenza, apertura e spirito critico sui problemi in gioco. Mentre l'Inquisizione storica, almeno, interveniva in modo diretto con adulti che discutevano alla pari, quella di oggi è in mano a giovani che ricorrono a una sorta di linciaggio morale dei ricercatori attraverso volantini ed e-mail e con l'appoggio dei media cattolici (vedi l'editoriale di ieri dell'Avvenire). Ma l'obiettivo è sempre lo stesso: bloccare la ricerca scientifica sulle staminali embrionali. A Milano è toccato essere il banco di prova della nuova Inquisizione. Vediamo i fatti. Il Centro di ricerca sulle cellule staminali dell'Università di Milano (uniStem) organizza il 31 gennaio un Convegno scientifico in cui i migliori ricercatori italiani presentano i progressi delle conoscenze sulle cellule staminali. Grande attenzione è dedicata anche ai problemi etici, con relatori di alto livello e di diverso orientamento: Demetrio Neri della Consulta di bioetica e mons. Maurizio Calipari della Pontificia Accademia per la Vita presentano le diverse tesi e rispondono alle domande. Il convegno si chiude. Dopo un paio di settimane, alcuni studenti cattolici diffondono un volantino e, tramite internet, una «Lettera ad una professoressa» (Elena Cattaneo, direttrice di UniStem) criticandola di avere evaso nel Convegno la domanda fondamentale: «è possibile fare ricerca senza porsi la domanda principale: che cosa ho di fronte? Nella fattispecie: che cosa è l'embrione? È vita umana?». Michele Benetti, il primo firmatario, precisa che la Lettera «vuole essere un tentativo di dialogo» su questo particolare tema. Al di là delle intenzioni (più o meno sincere), questa critica va però rispedita ai mittenti: il Convegno aveva infatti affrontato il tema delle questioni etiche in una sezione specificamente dedicata ad esse e, proprio dal punto di vista del dialogo, aveva previsto e registrato interventi di relatori con posizioni diverse. Il problema è stato dunque esplicitamente affrontato, non evaso. Chi voleva discutere in modo razionale aveva la possibilità di farlo intervenendo e ricevendo le risposte del caso.
Invece, no. Quegli studenti prima tacciono durante il Convegno, poi, nella Lettera, accusano di essere stati storditi e "sconcertati" perché Demetrio Neri aveva addotto «una serie di motivi per cui sarebbe giustificabile utilizzare embrioni». E aggiungono: «non abbiamo bisogno di attendere ulteriori progressi della ricerca scientifica» per sapere che l'embrione è sacro e intoccabile. Ma se già hanno la risposta in tasca, che dialogo vorrebbero cercare? Se già sanno che l'embrione è sacro, forse, non è la discussione quello che vogliono, quanto il fatto che gli altri si accodino. E Neri dovrebbe far questo per evitare che i loro animi siano sconvolti? Dispiace che studenti delle facoltà di scienze non siano preparati ad essere "sconvolti", perché dovrebbero sapere che la scienza ha sempre turbato gli animi. Galileo per primo sconvolse gli animi dei suoi colleghi proponendo tesi allora ritenute assurde. L'intensità di un sentimento non è prova della correttezza dello stesso.
Per sostenere una tesi circa l'embrione ci vogliono argomenti razionali. Neri ne ha proposti alcuni. Può darsi che abbia sbagliato, e scopo del dibattito pubblico era dare agli intervenuti la possibilità di rilevare il punto in cui si riteneva nascosto l'errore: questo è il metodo scientifico (e democratico). Quando invece si ricorre al volantinaggio lo scopo è altro: non più dialogare razionalmente, ma screditare chi ha opinioni diverse. D'altro canto, come si può ragionare con chi afferma che «nelle questioni più decisive ... riponiamo l'arma della ragione nel fodero» e non esita ad attaccare lo stesso relatore cattolico lamentando che al Convegno la professoressa Cattaneo «ha fatto parlare dei preti (che ... hanno difeso più la ragione che il catechismo)»? Il caso di Milano è preoccupante perché mostra, non solo il duro attacco mosso alla libertà di ricerca scientifica, ma anche quello al pluralismo etico. L'augurio è che l'Università di Milano resista a queste frange e sappia far crescere la ricerca e il dibattito scientifico su questi temi. Non dimentichiamo che la scienza e il dibattito razionale, non solo servono a far progredire le conoscenze e offrire nuove armi contro le malattie, ma costituiscono anche lo spirito che anima la democrazia.
NOTE
Presidente della Consulta di bioetica, Milano
L'Unità del 2 marzo 2007, pag. 28
di Maurizio Mori
La tecnica è ormai ben consolidata: presentarsi come persone semplici che si limitano a porre dubbi o ingenue domande. Se però non dai la risposta attesa (già presupposta, dunque, quasi con dogmatica certezza) sei quello che non vuoi dialogare, che non è "serio", che è "prezzolato" o addirittura che landa "offese". La risposta da dare è che l'embrione è sacro, tesi che si fonda su sentimenti tanto intensi e radicati, per cui la sola possibilità che siano messi in crisi comporta sconcerto e ripugnanza da rendere quella possibilità inaccettabile e persino offensiva. Questa è la nuova Inquisizione che cerca di bloccare la ricerca scientifica gettando discredito su scienziati di fama internazionale e studiosi seri, che da anni riflettono con intelligenza, apertura e spirito critico sui problemi in gioco. Mentre l'Inquisizione storica, almeno, interveniva in modo diretto con adulti che discutevano alla pari, quella di oggi è in mano a giovani che ricorrono a una sorta di linciaggio morale dei ricercatori attraverso volantini ed e-mail e con l'appoggio dei media cattolici (vedi l'editoriale di ieri dell'Avvenire). Ma l'obiettivo è sempre lo stesso: bloccare la ricerca scientifica sulle staminali embrionali. A Milano è toccato essere il banco di prova della nuova Inquisizione. Vediamo i fatti. Il Centro di ricerca sulle cellule staminali dell'Università di Milano (uniStem) organizza il 31 gennaio un Convegno scientifico in cui i migliori ricercatori italiani presentano i progressi delle conoscenze sulle cellule staminali. Grande attenzione è dedicata anche ai problemi etici, con relatori di alto livello e di diverso orientamento: Demetrio Neri della Consulta di bioetica e mons. Maurizio Calipari della Pontificia Accademia per la Vita presentano le diverse tesi e rispondono alle domande. Il convegno si chiude. Dopo un paio di settimane, alcuni studenti cattolici diffondono un volantino e, tramite internet, una «Lettera ad una professoressa» (Elena Cattaneo, direttrice di UniStem) criticandola di avere evaso nel Convegno la domanda fondamentale: «è possibile fare ricerca senza porsi la domanda principale: che cosa ho di fronte? Nella fattispecie: che cosa è l'embrione? È vita umana?». Michele Benetti, il primo firmatario, precisa che la Lettera «vuole essere un tentativo di dialogo» su questo particolare tema. Al di là delle intenzioni (più o meno sincere), questa critica va però rispedita ai mittenti: il Convegno aveva infatti affrontato il tema delle questioni etiche in una sezione specificamente dedicata ad esse e, proprio dal punto di vista del dialogo, aveva previsto e registrato interventi di relatori con posizioni diverse. Il problema è stato dunque esplicitamente affrontato, non evaso. Chi voleva discutere in modo razionale aveva la possibilità di farlo intervenendo e ricevendo le risposte del caso.
Invece, no. Quegli studenti prima tacciono durante il Convegno, poi, nella Lettera, accusano di essere stati storditi e "sconcertati" perché Demetrio Neri aveva addotto «una serie di motivi per cui sarebbe giustificabile utilizzare embrioni». E aggiungono: «non abbiamo bisogno di attendere ulteriori progressi della ricerca scientifica» per sapere che l'embrione è sacro e intoccabile. Ma se già hanno la risposta in tasca, che dialogo vorrebbero cercare? Se già sanno che l'embrione è sacro, forse, non è la discussione quello che vogliono, quanto il fatto che gli altri si accodino. E Neri dovrebbe far questo per evitare che i loro animi siano sconvolti? Dispiace che studenti delle facoltà di scienze non siano preparati ad essere "sconvolti", perché dovrebbero sapere che la scienza ha sempre turbato gli animi. Galileo per primo sconvolse gli animi dei suoi colleghi proponendo tesi allora ritenute assurde. L'intensità di un sentimento non è prova della correttezza dello stesso.
Per sostenere una tesi circa l'embrione ci vogliono argomenti razionali. Neri ne ha proposti alcuni. Può darsi che abbia sbagliato, e scopo del dibattito pubblico era dare agli intervenuti la possibilità di rilevare il punto in cui si riteneva nascosto l'errore: questo è il metodo scientifico (e democratico). Quando invece si ricorre al volantinaggio lo scopo è altro: non più dialogare razionalmente, ma screditare chi ha opinioni diverse. D'altro canto, come si può ragionare con chi afferma che «nelle questioni più decisive ... riponiamo l'arma della ragione nel fodero» e non esita ad attaccare lo stesso relatore cattolico lamentando che al Convegno la professoressa Cattaneo «ha fatto parlare dei preti (che ... hanno difeso più la ragione che il catechismo)»? Il caso di Milano è preoccupante perché mostra, non solo il duro attacco mosso alla libertà di ricerca scientifica, ma anche quello al pluralismo etico. L'augurio è che l'Università di Milano resista a queste frange e sappia far crescere la ricerca e il dibattito scientifico su questi temi. Non dimentichiamo che la scienza e il dibattito razionale, non solo servono a far progredire le conoscenze e offrire nuove armi contro le malattie, ma costituiscono anche lo spirito che anima la democrazia.
NOTE
Presidente della Consulta di bioetica, Milano