In Turchia fioriscono le cliniche che ridanno la verginità perduta
Il Giornale del 19 gennaio 2007, pag. 15
di Marta Ottaviani
In Turchia si torna vergini per non morire. Oppure per salvare il proprio onore e quello della propria famiglia. La chiamano Kizlik zari dikimi, letteralmente «cucitura della membrana della verginità». In Italia si chiama imenoplastica: consiste nella suturazione dei residui dell'imene. Lo scopo è quello di provocare una perdita di sangue al momento del primo rapporto sessuale dopo l'intervento. In Turchia, negli ospedali statali non viene eseguita, in compenso negli studi privati di alcuni ginecologi e chirurghi estetici, per quanto ai confini della legalità, è la norma. Tutti sanno che esiste, ma nessuno ne parla. Nessuna struttura pubblicizza apertamente questo servizio, ma chi vuole (o deve) fare questa operazione sa benissimo a chi si può rivolgere.
I portali di medicina e bellezza turchi sono tempestati dalle domande da parte di aspiranti pazienti. I medici rispondono a tutto, ma sottolineano sempre che presso la loro struttura la Kizlik zari dikimi non viene praticata. I quesiti più frequenti sono: quanto costa, quanto dura, quanto è dolorosa. Qualcuna, per eccesso di prudenza o di paura, chiede anche se l'operazione sia sicura al 100%, cioè se il futuro marito si possa accorgere che si tratta di una verginità artificiale. Venire scoperte è pressoché impossibile, perché solo un chirurgo o medico legale sono in grado di capire che l'imene è stato suturato. I costi variano da 500 a 2000 euro e l'intervento è indolore.
Y.C. è un pentito. Fino a quattro anni fa faceva il «medico delle vergini» anche lui, poi ha cambiato idea e ha smesso di praticare l'imenoplastica. Oggi è un affermato ginecologo, con uno studio in uno dei quartieri più esclusivi di Istanbul. Al Giornale ha raccontato la sua esperienza, umana e professionale e di come la sua vita sia cambiata. Tutto tranne una cosa: quanto ci ha guadagnato.
Dottor Y.C. lei fino a quattro anni fa faceva tornare vergini anche chi aveva avuto più di un partner. Poi ha cambiato idea e adesso dice di voler dimenticare questa parte della sua vita. Ma allora prima perché praticava la Kizlik zari dikimi?
«Lo facevo perché pensavo di aiutarle. La verginità in Turchia è un valore ancora molto importante, e spesso la si deve mantenere fino al matrimonio».
Quindi molte donne venivano da lei perché avevano paura di essere uccise o escluse dalla società?
«Sì. La stragrande maggioranza veniva qui perché non era più vergine e stava per sposarsi con un uomo che la pensava ancora illibata. E ovviamente non poteva dirgli la verità. Ma c'era anche una minoranza di donne che aveva perso la verginità e affrontava questa cosa con un senso di colpa».
Lei per quanto tempo ha fatto il «medico delle vergini»?
«Quasi sette anni».
Quante donne ha operato in tutto questo tempo?
«Non lo ricordo di preciso, comunque moltissime. E sono parecchie quelle che cercano ancora di farla».
Che tipo di ragazze si rivolgevano al suo studio?
«Le mie pazienti erano piuttosto varie. C'erano persone provenienti da ambienti umili, certo, ma anche numerose ragazze benestanti, figlie di avvocati e professionisti, appartenenti all'alta società».
Venivano a farsi operare da sole?
«Il più delle volte sì. Ma spesso erano accompagnate dai genitori. Talvolta anche in compagnia del futuro sposo».
Quanto durava l'operazione e quando era meglio farla?
«L'operazione dura da 10 minuti a mezz'ora, dipende dalla donna. Per la tempistica da una settimana a tre giorni prima del primo rapporto».
Che cosa le ha fatto cambiare idea?
«La mia fede religiosa».
Non crede che anche questa ricerca ossessiva della verginità artificiale parta proprio da una motivazione religiosa?
«È più una pressione sociale e culturale».
Mi vuole dire che la religione non ha nessun peso?
«Il problema sta nello stile di vita di noi turchi. La maggior parte ritiene che la vita religiosa e sessuale di una donna debbano ancora andare di pari passo, quando invece dovrebbe vivere la propria sessualità liberamente. È la società che deve cambiare».
Secondo lei che cosa dovrebbero fare le donne turche?
«Cercare la propria identità e imparare a camminare con le loro gambe».
A volte temo che non sia così semplice. Per esempio che cosa pensa quando legge di delitti di onore e violenze varie ai danni di persone che hanno avuto rapporti prima del matrimonio?
«Non riesco nemmeno a leggerli da tanto mi addolorano. Ma mi lasci dire una cosa: se una donna accetta di fare la Kizlik zari dikimi ha perso in partenza e vuol dire che non è sicura della sua identità. E soprattutto metterà al mondo figlie che cresceranno nello stesso modo. Spesso la verginità diventa uno strumento di controllo da parte del sesso maschile».
Le è capitato, dopo aver cambiato la sua opinione, di dover respingere le richieste di qualche paziente?
«Sì e non è stato facile. Ma ero forte delle mie idee».
Il Giornale del 19 gennaio 2007, pag. 15
di Marta Ottaviani
In Turchia si torna vergini per non morire. Oppure per salvare il proprio onore e quello della propria famiglia. La chiamano Kizlik zari dikimi, letteralmente «cucitura della membrana della verginità». In Italia si chiama imenoplastica: consiste nella suturazione dei residui dell'imene. Lo scopo è quello di provocare una perdita di sangue al momento del primo rapporto sessuale dopo l'intervento. In Turchia, negli ospedali statali non viene eseguita, in compenso negli studi privati di alcuni ginecologi e chirurghi estetici, per quanto ai confini della legalità, è la norma. Tutti sanno che esiste, ma nessuno ne parla. Nessuna struttura pubblicizza apertamente questo servizio, ma chi vuole (o deve) fare questa operazione sa benissimo a chi si può rivolgere.
I portali di medicina e bellezza turchi sono tempestati dalle domande da parte di aspiranti pazienti. I medici rispondono a tutto, ma sottolineano sempre che presso la loro struttura la Kizlik zari dikimi non viene praticata. I quesiti più frequenti sono: quanto costa, quanto dura, quanto è dolorosa. Qualcuna, per eccesso di prudenza o di paura, chiede anche se l'operazione sia sicura al 100%, cioè se il futuro marito si possa accorgere che si tratta di una verginità artificiale. Venire scoperte è pressoché impossibile, perché solo un chirurgo o medico legale sono in grado di capire che l'imene è stato suturato. I costi variano da 500 a 2000 euro e l'intervento è indolore.
Y.C. è un pentito. Fino a quattro anni fa faceva il «medico delle vergini» anche lui, poi ha cambiato idea e ha smesso di praticare l'imenoplastica. Oggi è un affermato ginecologo, con uno studio in uno dei quartieri più esclusivi di Istanbul. Al Giornale ha raccontato la sua esperienza, umana e professionale e di come la sua vita sia cambiata. Tutto tranne una cosa: quanto ci ha guadagnato.
Dottor Y.C. lei fino a quattro anni fa faceva tornare vergini anche chi aveva avuto più di un partner. Poi ha cambiato idea e adesso dice di voler dimenticare questa parte della sua vita. Ma allora prima perché praticava la Kizlik zari dikimi?
«Lo facevo perché pensavo di aiutarle. La verginità in Turchia è un valore ancora molto importante, e spesso la si deve mantenere fino al matrimonio».
Quindi molte donne venivano da lei perché avevano paura di essere uccise o escluse dalla società?
«Sì. La stragrande maggioranza veniva qui perché non era più vergine e stava per sposarsi con un uomo che la pensava ancora illibata. E ovviamente non poteva dirgli la verità. Ma c'era anche una minoranza di donne che aveva perso la verginità e affrontava questa cosa con un senso di colpa».
Lei per quanto tempo ha fatto il «medico delle vergini»?
«Quasi sette anni».
Quante donne ha operato in tutto questo tempo?
«Non lo ricordo di preciso, comunque moltissime. E sono parecchie quelle che cercano ancora di farla».
Che tipo di ragazze si rivolgevano al suo studio?
«Le mie pazienti erano piuttosto varie. C'erano persone provenienti da ambienti umili, certo, ma anche numerose ragazze benestanti, figlie di avvocati e professionisti, appartenenti all'alta società».
Venivano a farsi operare da sole?
«Il più delle volte sì. Ma spesso erano accompagnate dai genitori. Talvolta anche in compagnia del futuro sposo».
Quanto durava l'operazione e quando era meglio farla?
«L'operazione dura da 10 minuti a mezz'ora, dipende dalla donna. Per la tempistica da una settimana a tre giorni prima del primo rapporto».
Che cosa le ha fatto cambiare idea?
«La mia fede religiosa».
Non crede che anche questa ricerca ossessiva della verginità artificiale parta proprio da una motivazione religiosa?
«È più una pressione sociale e culturale».
Mi vuole dire che la religione non ha nessun peso?
«Il problema sta nello stile di vita di noi turchi. La maggior parte ritiene che la vita religiosa e sessuale di una donna debbano ancora andare di pari passo, quando invece dovrebbe vivere la propria sessualità liberamente. È la società che deve cambiare».
Secondo lei che cosa dovrebbero fare le donne turche?
«Cercare la propria identità e imparare a camminare con le loro gambe».
A volte temo che non sia così semplice. Per esempio che cosa pensa quando legge di delitti di onore e violenze varie ai danni di persone che hanno avuto rapporti prima del matrimonio?
«Non riesco nemmeno a leggerli da tanto mi addolorano. Ma mi lasci dire una cosa: se una donna accetta di fare la Kizlik zari dikimi ha perso in partenza e vuol dire che non è sicura della sua identità. E soprattutto metterà al mondo figlie che cresceranno nello stesso modo. Spesso la verginità diventa uno strumento di controllo da parte del sesso maschile».
Le è capitato, dopo aver cambiato la sua opinione, di dover respingere le richieste di qualche paziente?
«Sì e non è stato facile. Ma ero forte delle mie idee».