E la Chiesa benedisse Pinochet ma non Welby
La Gazzetta del Mezzogiorno del 8 gennaio 2007, pag. 17
di Federico Pirro
La vicenda di Welby è tra quelle che ha più fortemente caratterizzato gli ultimi giorni del 2006. Su quel suo desiderio di porre fine alle sofferenze senza scampo della distrofia muscolare, il Paese si è diviso, si sono divise le coscienze; comportamenti in buona o malafede che fossero, sono stati letti come strumentali o dettati da sinceri impulsi. Il tema del confronto era, ed è ancora, di quelli che hanno tormentato e tormenteranno l'umanità sino alla fine dei tempi sul diritto che ha l'essere umano di gestire la propria esistenza sino ad annullarla.
Questione che vede la Chiesa, pur forte di duemila anni di esperienza, periodicamente confrontarsi, richiamandosi con severità ai propri precetti.
Si è ritenuto di lanciare un segnale duro, ma che esprimesse fermezza, rifiutando la celebrazione di funerali secondo il rituale cattolico; le circostanze hanno voluto che dall'altro capo del mondo, nel Cile, quella stessa Chiesa, quasi nelle stesse ore, impartisse la benedizione al feretro di Pinochet. Comportamenti che l'uomo della strada non riesce a mettere insieme secondo un unico criterio di coerenza che pure dovrà esserci. Sta però di fatto che l'ex dittatore ha fruito del sacro viatico pur essendo responsabile dell'uccisione di migliaia di cileni; Welby ha ucciso uno solo, se stesso.
Non meno triste e problematico il passaggio al nuovo anno all'ombra del patibolo che ha visto penzolare Saddam Hussein. Un'impiccagione che ha suscitato reazioni fortemente contraddittorie e meritevoli di una qualche riflessione sui casi che ci pongono le vicende umane. Se c'era al mondo un soggetto che meno di tutti aveva da recriminare sulla pena di morte per i tanti delitti dei quali si era macchiato governando il proprio Paese, questi era proprio il Rais di Baghdad; ma per lui gran parte del mondo si è mobilitata perché quel nodo scorsoio non scattasse.
Tanti poveri cristi finiti sulla sedia elettrica o nella camera a gas e che avevano nuociuto certamente meno, molto meno di Saddam, non hanno intenerito alcun capo di governo. Non è male come paradosso, ma ce n'è un altro di sicuro più sconcertante: nessuno sino a qualche tempo fa avrebbe potuto immaginare che l'autore di tante atrocità - bastino per tutte l'eccidio dei curdi - con la propria condanna a morte avrebbe provocato un impegno contro la pena capitale che il solito uomo della strada si attende debba essere messa in discussione non solo per il generico e sacro rispetto che si deve alla vita, ma in particolare se accade che vittima sia un soggetto sulla cui colpevolezza emergono incertezze ovvero se l'esecuzione giunge dopo molti anni quando si finisce per uccidere una persona sostanzialmente diversa perché rieducata. Se dovesse passare la richiesta di moratoria avanzata dal Governo italiano, sarà imbarazzante legarla alla sorte di chi è stato dipinto come un sanguinario dittatore.
Un 'esecuzione capitale è di per sé una rappresentazione negativa e sulle ragioni di questo non c'è da spendere una sola parola, tanto la cosa è ovvia, scontata, accettata da tutti. Ma puntualmente accade che le immagini vengano messe in rete, disponibili per chiunque sino a quando non interviene un'authority a porre dei limiti e a fissare regole per il futuro; norme che verranno però regolarmente ignorate perché si possa allestire una nuova rappresentazione di morte che ci confermi il nostro esser vivi.
La scarsa efficacia di quei provvedimenti non deve tuttavia dare spazio alla rinuncia perchè, fuori dalle ipotesi concrete e dei relativi effetti, non v'è dubbio che interventi autorevoli lancino quanto meno segnali fortemente educativi su ciò che è bene e su ciò che è male. Di qualche giorno fa il decreto del ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni che ha imposto il blocco immediato dei siti che danno spazio alla pedofilia. Lo stop dovrà essere operativo entro sei ore dall'ingiunzione emessa dall'autorità competente.
C'è solo da chiedersi quante persone, ma soprattutto quanti bambini e giovinetti in quelle sei ore, prima cioè che scattino sanzioni se non si provvede all'oscuramento, saranno stati aggrediti da immagini che lasciano per sempre ferite spesso devianti sulla formazione psichica. Non è un caso – ce lo dice la letteratura psichiatrica -che non di rado gli stupratori di bambini sono stati a loro volta stuprati in tenera età.
La Gazzetta del Mezzogiorno del 8 gennaio 2007, pag. 17
di Federico Pirro
La vicenda di Welby è tra quelle che ha più fortemente caratterizzato gli ultimi giorni del 2006. Su quel suo desiderio di porre fine alle sofferenze senza scampo della distrofia muscolare, il Paese si è diviso, si sono divise le coscienze; comportamenti in buona o malafede che fossero, sono stati letti come strumentali o dettati da sinceri impulsi. Il tema del confronto era, ed è ancora, di quelli che hanno tormentato e tormenteranno l'umanità sino alla fine dei tempi sul diritto che ha l'essere umano di gestire la propria esistenza sino ad annullarla.
Questione che vede la Chiesa, pur forte di duemila anni di esperienza, periodicamente confrontarsi, richiamandosi con severità ai propri precetti.
Si è ritenuto di lanciare un segnale duro, ma che esprimesse fermezza, rifiutando la celebrazione di funerali secondo il rituale cattolico; le circostanze hanno voluto che dall'altro capo del mondo, nel Cile, quella stessa Chiesa, quasi nelle stesse ore, impartisse la benedizione al feretro di Pinochet. Comportamenti che l'uomo della strada non riesce a mettere insieme secondo un unico criterio di coerenza che pure dovrà esserci. Sta però di fatto che l'ex dittatore ha fruito del sacro viatico pur essendo responsabile dell'uccisione di migliaia di cileni; Welby ha ucciso uno solo, se stesso.
Non meno triste e problematico il passaggio al nuovo anno all'ombra del patibolo che ha visto penzolare Saddam Hussein. Un'impiccagione che ha suscitato reazioni fortemente contraddittorie e meritevoli di una qualche riflessione sui casi che ci pongono le vicende umane. Se c'era al mondo un soggetto che meno di tutti aveva da recriminare sulla pena di morte per i tanti delitti dei quali si era macchiato governando il proprio Paese, questi era proprio il Rais di Baghdad; ma per lui gran parte del mondo si è mobilitata perché quel nodo scorsoio non scattasse.
Tanti poveri cristi finiti sulla sedia elettrica o nella camera a gas e che avevano nuociuto certamente meno, molto meno di Saddam, non hanno intenerito alcun capo di governo. Non è male come paradosso, ma ce n'è un altro di sicuro più sconcertante: nessuno sino a qualche tempo fa avrebbe potuto immaginare che l'autore di tante atrocità - bastino per tutte l'eccidio dei curdi - con la propria condanna a morte avrebbe provocato un impegno contro la pena capitale che il solito uomo della strada si attende debba essere messa in discussione non solo per il generico e sacro rispetto che si deve alla vita, ma in particolare se accade che vittima sia un soggetto sulla cui colpevolezza emergono incertezze ovvero se l'esecuzione giunge dopo molti anni quando si finisce per uccidere una persona sostanzialmente diversa perché rieducata. Se dovesse passare la richiesta di moratoria avanzata dal Governo italiano, sarà imbarazzante legarla alla sorte di chi è stato dipinto come un sanguinario dittatore.
Un 'esecuzione capitale è di per sé una rappresentazione negativa e sulle ragioni di questo non c'è da spendere una sola parola, tanto la cosa è ovvia, scontata, accettata da tutti. Ma puntualmente accade che le immagini vengano messe in rete, disponibili per chiunque sino a quando non interviene un'authority a porre dei limiti e a fissare regole per il futuro; norme che verranno però regolarmente ignorate perché si possa allestire una nuova rappresentazione di morte che ci confermi il nostro esser vivi.
La scarsa efficacia di quei provvedimenti non deve tuttavia dare spazio alla rinuncia perchè, fuori dalle ipotesi concrete e dei relativi effetti, non v'è dubbio che interventi autorevoli lancino quanto meno segnali fortemente educativi su ciò che è bene e su ciò che è male. Di qualche giorno fa il decreto del ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni che ha imposto il blocco immediato dei siti che danno spazio alla pedofilia. Lo stop dovrà essere operativo entro sei ore dall'ingiunzione emessa dall'autorità competente.
C'è solo da chiedersi quante persone, ma soprattutto quanti bambini e giovinetti in quelle sei ore, prima cioè che scattino sanzioni se non si provvede all'oscuramento, saranno stati aggrediti da immagini che lasciano per sempre ferite spesso devianti sulla formazione psichica. Non è un caso – ce lo dice la letteratura psichiatrica -che non di rado gli stupratori di bambini sono stati a loro volta stuprati in tenera età.