mercoledì 26 dicembre 2007

E la Chiesa benedisse Pinochet ma non Welby

E la Chiesa benedisse Pinochet ma non Welby

La Gazzetta del Mezzogiorno del 8 gennaio 2007, pag. 17

di Federico Pirro

La vicenda di Welby è tra quelle che ha più fortemente caratte­rizzato gli ultimi giorni del 2006. Su quel suo de­siderio di porre fine alle sofferenze senza scampo della distrofia muscolare, il Paese si è diviso, si sono divise le coscienze; comportamenti in buona o malafede che fossero, so­no stati letti come stru­mentali o dettati da sin­ceri impulsi. Il tema del confronto era, ed è ancora, di quelli che hanno tor­mentato e tormenteranno l'umanità sino alla fine dei tempi sul diritto che ha l'essere umano di gestire la propria esi­stenza sino ad annul­larla.



Questione che vede la Chiesa, pur forte di due­mila anni di esperienza, periodica­mente confrontarsi, ri­chiamando­si con seve­rità ai propri precetti.



Si è ritenuto di lanciare un segnale duro, ma che esprimesse fermezza, rifiu­tando la celebrazione di funerali secondo il rituale cattolico; le circostanze hanno voluto che dall'altro capo del mondo, nel Cile, quella stessa Chiesa, quasi nelle stesse ore, impartisse la benedizione al feretro di Pinochet. Comportamenti che l'uomo della strada non riesce a mettere insieme secondo un unico cri­terio di coe­renza che pure dovrà esserci. Sta però di fatto che l'ex dit­tatore ha fruito del sacro viatico pur essendo responsabile dell'uccisio­ne di mi­gliaia di ci­leni; Welby ha ucciso uno solo, se stesso.



Non me­no triste e problema­tico il passaggio al nuovo anno all'ombra del patibolo che ha visto pen­zolare Saddam Hussein. Un'impiccagione che ha suscitato reazioni forte­mente contraddittorie e meritevoli di una qualche riflessione sui casi che ci pongono le vicende umane. Se c'era al mondo un soggetto che meno di tutti aveva da recriminare sul­la pena di morte per i tanti delitti dei quali si era macchiato governan­do il proprio Paese, questi era proprio il Rais di Baghdad; ma per lui gran parte del mondo si è mo­bilitata perché quel nodo scorsoio non scattasse.



Tanti poveri cristi finiti sulla sedia elettrica o nella camera a gas e che ave­vano nuociuto certamente meno, molto meno di Sad­dam, non hanno intenerito alcun capo di governo. Non è male come para­dosso, ma ce n'è un altro di sicuro più sconcertante: nessuno sino a qualche tempo fa avrebbe potuto immaginare che l'autore di tante atrocità - bastino per tutte l'eccidio dei curdi - con la propria condanna a morte avrebbe provocato un impegno contro la pena capitale che il solito uomo della strada si attende deb­ba essere messa in discus­sione non solo per il ge­nerico e sacro rispetto che si deve alla vita, ma in particolare se accade che vittima sia un soggetto sul­la cui colpevolezza emer­gono incertezze ovvero se l'esecuzione giunge dopo molti anni quando si fi­nisce per uccidere una per­sona sostanzialmente di­versa perché rieducata. Se dovesse passare la richiesta di moratoria avanzata dal Governo italiano, sarà imbaraz­zante legar­la alla sorte di chi è stato dipinto come un sangui­nario ditta­tore.



Un 'ese­cuzio­ne capitale è di per sé una rappresentazione ne­gativa e sulle ragioni di questo non c'è da spendere una sola parola, tanto la cosa è ovvia, scontata, ac­cettata da tutti. Ma puntualmente accade che le immagini vengano messe in rete, disponibili per chiunque sino a quando non interviene un'authority a porre dei limiti e a fissare regole per il fu­turo; norme che verranno però rego­larmente ignorate perché si possa alle­stire una nuova rap­presentazio­ne di morte che ci con­fermi il no­stro esser vi­vi.



La scarsa efficacia di quei provve­dimenti non deve tutta­via dare spazio alla rinuncia perchè, fuori dal­le ipotesi concrete e dei relativi effetti, non v'è dub­bio che interventi autore­voli lancino quanto meno segnali fortemente educa­tivi su ciò che è bene e su ciò che è male. Di qualche giorno fa il decreto del ministro delle Comunica­zioni Paolo Gentiloni che ha imposto il blocco im­mediato dei siti che danno spazio alla pedofilia. Lo stop dovrà essere operativo entro sei ore dall'ingiun­zione emessa dall'autorità competente.


C'è solo da chiedersi quante persone, ma soprat­tutto quanti bambini e gio­vinetti in quelle sei ore, prima cioè che scattino sanzioni se non si provvede all'oscuramento, saranno stati aggrediti da imma­gini che lasciano per sem­pre ferite spesso devianti sulla formazione psichica. Non è un caso – ce lo dice la letteratura psichiatrica -che non di rado gli stu­pratori di bambini sono stati a loro volta stuprati in tenera età.