mercoledì 26 dicembre 2007

CEI: no all’uguaglianza tra le religioni

CEI: no all’uguaglianza tra le religioni

La Repubblica del 10 gennaio 2007, pag. 11

di Marco Politi

Libertà religiosa: protestanti ed ebrei accusano la chiesa cattolica di voler tornare a un sistema in cui “una religione prevale sulle altre”.



Al primo giorno di audizioni sul progetto di legge sulla libertà religiosa, scoppia la polemica fra la CEI e i rappresentanti dell’ebraismo e del protestantesimo italiani. Benzina sul fuoco è l’affermazione del segretario della Conferenza episcopale monsignor Betori, secondo cui “nell’attuale quadro costituzionale l’eguale libertà di ogni confessione religione non implica piena uguaglianza”, poiché possono esserci “discipline giuridiche differenziate”. Suscita anche proteste la tesi della CEI che la nuova legge non dovrà provocare “una proliferazione indiscriminata” delle Intese fra lo Stato e comunità religiose.



Insorge Paolo Ricca, uno degli esponenti storici della chiesa valdese: “E’ doveroso che lo Stato sia imparziale verso le confessioni religiose”. Ricca aggiunge che diversità legittime non possono riguardare questioni come i finanziamenti, i permessi di costruire locali di culto, la concessione di terreni: “Se si accetta il principio di diversità di trattamento, c’è il rischio di una discriminazione”.



Duro il portavoce della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, secondo cui le parole di Betori “portano le lancette indietro” nella società italiana: “Qualora l’obiettivo fosse che una religione prevalga sulle altre, sarebbe un fatto gravissimo e inaccettabile”.



L’esponente ebraico non vuole disconoscere la sensibilità della grande maggioranza dei cittadini cattolici. “Non faremo mai una battaglia – dice – per apporre i simboli ebraici o togliere quelli cristiani”, ma non si può tornare a una “sottomissione come ai tempi del Papato”.



In realtà monsignor Betori (unico ascoltato all’audizione di ieri nella commissione Affari Costituzionali presieduta dal diessino Luciano Violante) aveva svolto un intervento articolato, premettendo che la chiesa cattolica “è fondamentale per assicurare il pieno rispetto della libertà religiosa”.



Il segretario della CEI ha messo in guardia dal rischio che in campo islamico si instaurino forme di poligamia attraverso l’articolo della legge, che non rende obbligatoria da parte dei ministri del culto di altre confessioni la lettura agli sposi degli articoli del codice civile italiano che sanciscono piena parità di diritti e di doveri dei partner. Betori ha denunciato “un malinteso multiculturalismo” che potrebbe intaccare la tradizione culturale educativa italiana, ha chiesto di valutare con attenzione il problema delle sette religiose, ha ammonito a respingere “una accettazione supina di usi diversi, se questi provocano allarme sociale e sono in contrasto con la nostra civiltà giuridica”.



Il segretario della CEI ha poi proposto tre parametri per eventuali future Intese tra Stato e confessioni religiose: “Non contrasto dello statuto del gruppo religioso con l’ordinamento italiano, rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, non contrarietà del messaggio proposto con i valori dell’identità profonda della Nazione”.



Ma è stato soprattutto il suo frenare su future Intese a suscitare polemiche. Pacifici della comunità ebraica di Roma, incalza: “E’ importante che l’Islam raggiunga intese con lo Stato italiano come abbiamo fatto noi ebrei sul lavoro, festività, regole alimentari nei luoghi pubblici”.



Oggi le audizioni sul progetto Spini-Boato continueranno. Tra i primi, gli esponenti islamici. Sul rischio poligamia i promotori della legge fanno notare che comunque per ottenere il nulla-osta per le nozze i futuri sposi devono accettare le norme del Codice civile italiano.