Huckabee, il Don Camillo americano sogna un’Apocalisse alla Casa Bianca
di Alberto Pasolini Zanelli, Il Giornale, giovedì 27 dicembre 2007
da Washington
Come possiamo definire Mike Huckabee: un Don Camillo della prateria o il Quinto Cavaliere dell’Apocalisse? Il primo accostamento vien subito spontaneo a chi è colpito dallo stile dell’uomo, dalla centralità in lui di un buon senso cristiano, dalla fede coniugata con la cordialità e il senso dell’umorismo. Se andasse in Italia a fare dei comizi lo chiamerebbero così. Il secondo accostamento è prettamente americano, teologico e letterario. Mike Huckabee, ex governatore dell’Arkansas, aspirante alla candidatura repubblicana alla Casa Bianca, in crescita impetuosa nei sondaggi da qualche settimana, considerato oggi come oggi il favorito nel primo test del 3 gennaio in Iowa, ha ricevuto l’appoggio ufficiale dei due autori di un libro curiosamente straordinario: un romanzo in 12 volumi per un totale dunque di 5mila pagine in cui si racconta l’Apocalisse, dai primi segni delle Tribolazioni alla vittoria finale del Bene. Il tutto assolutamente aderente alla lettera del Libro delle Rivelazioni, lo scritto attribuito a Giovanni di Patmo e che chiamiamo comunemente Apocalisse.
È una storia che coinvolge molti sulla Terra e qualcuno anche in Cielo, che ha venduto oltre 60 milioni di copie e che comincia con il «rapimento», quello dei prescelti da Dio per salvarli dai tempi orrendi che verranno (I volume), continua con l’incarnazione dell’Anticristo in un segretario generale dell’Onu di origine romena e termina (XII volume) con lo sterminio dei cattivi a colpi di mitra in una grande battaglia in cui pare coinvolto personalmente Gesù. Gli autori sono un pastore e un specialista di «studi biblici», che trovano evidentemente in Mike Huckabee vedute e prognosi simili alle loro. È un intervento che caratterizza un candidato anche se non lo determina. In fondamentalisti «evangelici» non sono concordi sui candidati repubblicani: c’è perfino un predicatore famosissimo che preferisce Rudy Giuliani, passando sopra alle sue due pecche di essere cattolico e un tantino troppo laico. Di tutte queste tormentose visioni non vi è traccia nel tratto e nel linguaggio di Huckabee. Don Camillo prevale nettamente. Huckabee sorride sempre, anche quando fulmina gli avversari, anche quando tira al suo concorrente Mitt Romney, che è mormone, una frecciata del genere «Ma i mormoni non sono quelli che credono che Gesù e il Diavolo sono fratelli?».
Questo candidato va in giro per l’America con un alter ego, un attore un tempo famoso e tuttora assai noto, Chuck Norris, che presenta con una simpatica iperbole: «Quando Chuck fa una flessione non è che si tiri su: spinge giù la terra». Un’ispirazione in più per Huckabee, convertito ardente al fitness, che comincia le sue giornate con da 6 a 10 miglia di jogging (così ha perduto 50 chili, su consiglio di un medico che pare non si sia limitato a dirgli che era obeso ma ha anche aggiunto «e sei brutto») e la lettura di un capitolo dal Libro dei Proverbi. E alcune delle sue «uscite» in campagna elettorale sono diventate subito proverbiali. Huckabee si definisce, ed è, un conservatore. Ha in programma, come il «libertario» Ron Paul, l’abolizione dell’imposta sul reddito e la chiusura dell’ufficio imposte federale, però definisce anche «club degli avidi» un centro studi conservatore e liberista che propugna la diminuzione delle tasse per accelerare la crescita dell’economia. È più a destra di George Bush, ma lo accusa di «arrogante mentalità da bunker che ci danneggia in tutto il mondo e ci rende più vulnerabili». Tuona, come fanno tutti i candidati, repubblicani e democratici, contro gli immigranti illegali, propugna soluzioni come la costruzione di un muro ma poi come governatore dell’Arkansas ha concesso ai figli degli immigrati illegali sconti per frequentare l’università perché, dice, «è il miglior modo di integrarli».
Predica e pratica l’austerità di stampo biblico veterotestamentario, incluse le correzioni corporali in famiglia, tuona contro l’immoralità dei nostri tempi, ma poi si esibisce come chitarrista rock sui palcoscenici delle sagre paesane, con una preferenza per le musiche dei Pink Floyd. Ma si appella all’America profonda con un discorso fondamentale che è e resta integralista e fondamentalista. Non vuol sentir parlare della teoria dell’Evoluzione. Sostiene che la Bibbia deve andar letta e obbedita alla lettera, respingendo tutte le interpretazioni storiche, allegoriche e teologiche. Non contiene neppure un errore di stampa. L’ha letta tanto che è capace di mettere dentro fino a otto episodi in un solo paragrafo di un suo sermone. Lui ci aggiunge il sale delle battute agili. Durante un dibattito sulla pena di morte hanno chiesto a lui, e altri candidati repubblicani, «Che cosa ne penserebbe Gesù?» «Gesù - ha risposto Huckabee - era troppo intelligente per mettersi a fare il candidato». In un’altra occasione Don Camillo è stato più esplicito. «Nessun candidato è perfetto. Ne avevamo uno Duemila anni fa e l’hanno crocefisso».
di Alberto Pasolini Zanelli, Il Giornale, giovedì 27 dicembre 2007
da Washington
Come possiamo definire Mike Huckabee: un Don Camillo della prateria o il Quinto Cavaliere dell’Apocalisse? Il primo accostamento vien subito spontaneo a chi è colpito dallo stile dell’uomo, dalla centralità in lui di un buon senso cristiano, dalla fede coniugata con la cordialità e il senso dell’umorismo. Se andasse in Italia a fare dei comizi lo chiamerebbero così. Il secondo accostamento è prettamente americano, teologico e letterario. Mike Huckabee, ex governatore dell’Arkansas, aspirante alla candidatura repubblicana alla Casa Bianca, in crescita impetuosa nei sondaggi da qualche settimana, considerato oggi come oggi il favorito nel primo test del 3 gennaio in Iowa, ha ricevuto l’appoggio ufficiale dei due autori di un libro curiosamente straordinario: un romanzo in 12 volumi per un totale dunque di 5mila pagine in cui si racconta l’Apocalisse, dai primi segni delle Tribolazioni alla vittoria finale del Bene. Il tutto assolutamente aderente alla lettera del Libro delle Rivelazioni, lo scritto attribuito a Giovanni di Patmo e che chiamiamo comunemente Apocalisse.
È una storia che coinvolge molti sulla Terra e qualcuno anche in Cielo, che ha venduto oltre 60 milioni di copie e che comincia con il «rapimento», quello dei prescelti da Dio per salvarli dai tempi orrendi che verranno (I volume), continua con l’incarnazione dell’Anticristo in un segretario generale dell’Onu di origine romena e termina (XII volume) con lo sterminio dei cattivi a colpi di mitra in una grande battaglia in cui pare coinvolto personalmente Gesù. Gli autori sono un pastore e un specialista di «studi biblici», che trovano evidentemente in Mike Huckabee vedute e prognosi simili alle loro. È un intervento che caratterizza un candidato anche se non lo determina. In fondamentalisti «evangelici» non sono concordi sui candidati repubblicani: c’è perfino un predicatore famosissimo che preferisce Rudy Giuliani, passando sopra alle sue due pecche di essere cattolico e un tantino troppo laico. Di tutte queste tormentose visioni non vi è traccia nel tratto e nel linguaggio di Huckabee. Don Camillo prevale nettamente. Huckabee sorride sempre, anche quando fulmina gli avversari, anche quando tira al suo concorrente Mitt Romney, che è mormone, una frecciata del genere «Ma i mormoni non sono quelli che credono che Gesù e il Diavolo sono fratelli?».
Questo candidato va in giro per l’America con un alter ego, un attore un tempo famoso e tuttora assai noto, Chuck Norris, che presenta con una simpatica iperbole: «Quando Chuck fa una flessione non è che si tiri su: spinge giù la terra». Un’ispirazione in più per Huckabee, convertito ardente al fitness, che comincia le sue giornate con da 6 a 10 miglia di jogging (così ha perduto 50 chili, su consiglio di un medico che pare non si sia limitato a dirgli che era obeso ma ha anche aggiunto «e sei brutto») e la lettura di un capitolo dal Libro dei Proverbi. E alcune delle sue «uscite» in campagna elettorale sono diventate subito proverbiali. Huckabee si definisce, ed è, un conservatore. Ha in programma, come il «libertario» Ron Paul, l’abolizione dell’imposta sul reddito e la chiusura dell’ufficio imposte federale, però definisce anche «club degli avidi» un centro studi conservatore e liberista che propugna la diminuzione delle tasse per accelerare la crescita dell’economia. È più a destra di George Bush, ma lo accusa di «arrogante mentalità da bunker che ci danneggia in tutto il mondo e ci rende più vulnerabili». Tuona, come fanno tutti i candidati, repubblicani e democratici, contro gli immigranti illegali, propugna soluzioni come la costruzione di un muro ma poi come governatore dell’Arkansas ha concesso ai figli degli immigrati illegali sconti per frequentare l’università perché, dice, «è il miglior modo di integrarli».
Predica e pratica l’austerità di stampo biblico veterotestamentario, incluse le correzioni corporali in famiglia, tuona contro l’immoralità dei nostri tempi, ma poi si esibisce come chitarrista rock sui palcoscenici delle sagre paesane, con una preferenza per le musiche dei Pink Floyd. Ma si appella all’America profonda con un discorso fondamentale che è e resta integralista e fondamentalista. Non vuol sentir parlare della teoria dell’Evoluzione. Sostiene che la Bibbia deve andar letta e obbedita alla lettera, respingendo tutte le interpretazioni storiche, allegoriche e teologiche. Non contiene neppure un errore di stampa. L’ha letta tanto che è capace di mettere dentro fino a otto episodi in un solo paragrafo di un suo sermone. Lui ci aggiunge il sale delle battute agili. Durante un dibattito sulla pena di morte hanno chiesto a lui, e altri candidati repubblicani, «Che cosa ne penserebbe Gesù?» «Gesù - ha risposto Huckabee - era troppo intelligente per mettersi a fare il candidato». In un’altra occasione Don Camillo è stato più esplicito. «Nessun candidato è perfetto. Ne avevamo uno Duemila anni fa e l’hanno crocefisso».