Repubblica 24.12.07
Cina, l'industria delle Bibbie
di Federico Rampini
Che in Cina la religione sia ancora un terreno minato lo dice persino l´avviso pubblicato sul sito ufficiale dei Giochi olimpici, per atleti e spettatori stranieri. Che dice: «Non portatevi più di una Bibbia a testa». Per evitare proselitismi. Ma nello stesso tempo la Cina diventa anche il più grande produttore-esportatore di Bibbie, con un milione e duecentomila copie vendute solo in Usa. Perché anche qui la sua scalata ai mercati mondiali procede implacabile.
Nella Cina rossa la fabbrica record delle Bibbie. Il testo sacro viene stampato in 90 diverse lingue Da maggio un impianto ne produrrà un milione al mese
La decisione del Papa di non ricevere il Dalai Lama dice quanto siano delicati i rapporti tra il Vaticano e la Cina. In una fase in cui la Chiesa tenta di riallacciare i rapporti diplomatici con la Repubblica popolare, Benedetto XVI ha preferito non compiere un gesto che poteva attirargli dure ritorsioni da Pechino. Che la religione sia ancora un terreno minato in questo paese lo conferma anche un avviso pubblicato sul sito ufficiale dei Giochi olimpici. E´ rivolto all´attenzione di atleti e spettatori stranieri: «Non portatevi più di una Bibbia a testa». Guai se le Olimpiadi diventassero il cavallo di Troia per il proselitismo cristiano.
Quando invece si tratta di affari il regime cinese sa applicare il precetto evangelico: non sappia la tua mano destra ciò che fa la sinistra. Mentre i suoi fedeli possono ancora essere vittime di persecuzioni, la Cina diventa il più grande produttore-esportatore di Bibbie. Anche dove nessuno se l´aspetta, la sua scalata ai mercati mondiali procede implacabile. Quest´anno un milione e duecentomila Bibbie made in China si sono vendute solo negli Stati Uniti, altre seicentomila in Inghilterra. La data fatidica per la conquista del primato assoluto è fissata tra cinque mesi. Nel maggio 2008 sarà inaugurata vicino a Nanchino, l´antica capitale imperiale sulle rive dello Yangze, la più grande tipografia di Bibbie del mondo: uno stabilimento nuovo fiammante di 85.000 metri quadrati, che i muratori stanno ultimando in un parco tecnologico riservato agli insediamenti industriali. «E´ più larga della basilica di San Pietro», ha annunciato il quotidiano di Hong Kong, The South China Morning Post. Grazie alle nuove rotative da 4 milioni di dollari importate dalla Gran Bretagna, l´impianto sfornerà un milione di Bibbie nuove ogni mese, il 25% di tutta la produzione mondiale. La casa editrice che lo possiede si chiama Amity Printing ed è già oggi un colosso. Dai suoi esordi nel 1986 ha pubblicato più di 50 milioni di Bibbie in 90 lingue straniere, «dallo slovacco a svariati dialetti africani». Non è l´unica in questo mestiere. Il suo concorrente più robusto, "China Translation and Printing Services", arriva a stampare un milione di copie dell´Antico Testamento e dei Vangeli ogni anno. Secondo Derek Hill della "Bible Society" che fa capo alla chiesa anglicana, «ci sono grossi editori di Bibbie in tutto il resto del mondo, ma il made in China sta conquistando la posizione dominante in America, in Europa, in Corea del Sud».
Le sorprese non finiscono qui. Gli editori cinesi come "Amity" sanno che per loro la vendita sui mercati esteri rappresenta solo una piccola parte della produzione. Il grosso di quel che stampano è destinato al pubblico locale.
L´80% delle Bibbie col marchio "Amity" sono in mandarino o cantonese, vendute a un prezzo di copertina di 9,50 yuan (90 centesimi di euro). E´ un sintomo rivelatore della penetrazione reale del cristianesimo in Cina, che le autorità tendono a sottostimare sistematicamente. Gli editori dal canto loro si dicono certi che una larga quota dei fedeli cinesi ancora non possiede un Vangelo in casa propria. In passato del resto quelli erano libri proibiti, la scoperta di una Bibbia in casa poteva portare all´arresto e alla deportazione.
Chi possiede la gigantesca tipografia della "Amity Printing" che sta sorgendo a fianco di fabbriche come Motorola e Ford, con un neozelandese come direttore? Dietro questo gruppo c´è un´azionariato particolare: una joint venture fra un´associazione filantropica di cristiani cinesi e la "United Bible Societies". Quest´ultima fa capo a un consiglio mondiale di chiese protestanti, che alla Cina dedica le sue attenzioni da molti anni. Fin dal 1986 c´erano i capitali delle chiese protestanti angloamericane dietro la fondazione della "Amity Printing" di Nanchino. Un investimento lungimirante.
In Italia la condizione dei cristiani in Cina viene spesso identificata con i tormentati rapporti tra la Repubblica popolare e la Santa Sede. Quei rapporti furono bruscamente interrotti sul piano diplomatico nel 1951 quando Mao decise l´espulsione dei missionari; poi divennero ancora più complessi per la creazione di una Chiesa patriottica obbediente al regime; infine ci fu il periodo più buio, dell´ateismo di Stato e dalle persecuzioni violente nel periodo della Rivoluzione culturale (1966-1976).
Anche se dopo la scomparsa di Mao il regime ha gradualmente liberalizzato certe attività religiose, i cattolici cinesi vivono tuttora in una sorta di scisma. Da una parte ci sono cinque milioni di fedeli che frequentano le parrocchie «patriottiche», con sacerdoti e vescovi che hanno giurato fedeltà al governo. Dall´altra c´è la chiesa cattolica clandestina che resta fedele al Vaticano e ha un seguito ben più numeroso (dagli 8 ai 12 milioni) ma è sempre esposta al rischio di arbitri e abusi brutali.
La galassia del mondo protestante ha caratteristiche molto variegate ma una platea ancora più vasta. Certe stime arrivano ai 40 milioni di praticanti. Anche questo è un continente per metà emerso, cioè legalizzato e sottoposto ai controlli dello Stato, per un´altra parte clandestino e perseguitato. Ironia della sorte, uno dei «reati» più spesso contestati dalle forze di polizia ai protestanti clandestini è proprio la diffusione non autorizzata di Bibbie. Per il regime di Pechino questa rete protestante rappresenta una sfida di tipo diverso. Non obbedisce ad un´unica autorità religiosa come il Papa di Roma, una figura «indigesta» per il partito comunista che non ammette concorrenti nel compito di orientare i propri cittadini. Tuttavia il mondo delle chiese protestanti ha mezzi finanziari illimitati che affluiscono per vari canali dall´America, dalla Gran Bretagna, dall´Australia, dalla Corea del Sud. Inoltre i dirigenti comunisti temono sempre una proliferazione incontrollata di sette, dopo essere stati colti impreparati dalla fenomenale diffusione di Falun Gong anni fa.
Il revival del cristianesimo, cattolico o protestante, lambisce molti settori della società civile. La disillusione verso il comunismo, il materialismo dilagante nella Cina del boom economico alimentano la ricerca di nuovi valori. Una dimostrazione si ripeterà anche quest´anno, alla vigilia di Natale. A Pechino, Shanghai, e in altre grandi città, regolarmente alla sera del 24 dicembre le parrocchie si riempiono non soltanto di fedeli. Vengono invase da folle di non battezzati, attirati dalla liturgia e incuriositi dal fenomeno religioso. Anche a loro un giorno si potrà vendere una Bibbia. Di certo il business della "Amity Press" non corre rischi. Alla sua fabbrica modello, con 600 dipendenti e le casse piene dei profitti dalle esportazioni, il regime garantirà sempre un trattamento con i guanti di velluto.
Cina, l'industria delle Bibbie
di Federico Rampini
Che in Cina la religione sia ancora un terreno minato lo dice persino l´avviso pubblicato sul sito ufficiale dei Giochi olimpici, per atleti e spettatori stranieri. Che dice: «Non portatevi più di una Bibbia a testa». Per evitare proselitismi. Ma nello stesso tempo la Cina diventa anche il più grande produttore-esportatore di Bibbie, con un milione e duecentomila copie vendute solo in Usa. Perché anche qui la sua scalata ai mercati mondiali procede implacabile.
Nella Cina rossa la fabbrica record delle Bibbie. Il testo sacro viene stampato in 90 diverse lingue Da maggio un impianto ne produrrà un milione al mese
La decisione del Papa di non ricevere il Dalai Lama dice quanto siano delicati i rapporti tra il Vaticano e la Cina. In una fase in cui la Chiesa tenta di riallacciare i rapporti diplomatici con la Repubblica popolare, Benedetto XVI ha preferito non compiere un gesto che poteva attirargli dure ritorsioni da Pechino. Che la religione sia ancora un terreno minato in questo paese lo conferma anche un avviso pubblicato sul sito ufficiale dei Giochi olimpici. E´ rivolto all´attenzione di atleti e spettatori stranieri: «Non portatevi più di una Bibbia a testa». Guai se le Olimpiadi diventassero il cavallo di Troia per il proselitismo cristiano.
Quando invece si tratta di affari il regime cinese sa applicare il precetto evangelico: non sappia la tua mano destra ciò che fa la sinistra. Mentre i suoi fedeli possono ancora essere vittime di persecuzioni, la Cina diventa il più grande produttore-esportatore di Bibbie. Anche dove nessuno se l´aspetta, la sua scalata ai mercati mondiali procede implacabile. Quest´anno un milione e duecentomila Bibbie made in China si sono vendute solo negli Stati Uniti, altre seicentomila in Inghilterra. La data fatidica per la conquista del primato assoluto è fissata tra cinque mesi. Nel maggio 2008 sarà inaugurata vicino a Nanchino, l´antica capitale imperiale sulle rive dello Yangze, la più grande tipografia di Bibbie del mondo: uno stabilimento nuovo fiammante di 85.000 metri quadrati, che i muratori stanno ultimando in un parco tecnologico riservato agli insediamenti industriali. «E´ più larga della basilica di San Pietro», ha annunciato il quotidiano di Hong Kong, The South China Morning Post. Grazie alle nuove rotative da 4 milioni di dollari importate dalla Gran Bretagna, l´impianto sfornerà un milione di Bibbie nuove ogni mese, il 25% di tutta la produzione mondiale. La casa editrice che lo possiede si chiama Amity Printing ed è già oggi un colosso. Dai suoi esordi nel 1986 ha pubblicato più di 50 milioni di Bibbie in 90 lingue straniere, «dallo slovacco a svariati dialetti africani». Non è l´unica in questo mestiere. Il suo concorrente più robusto, "China Translation and Printing Services", arriva a stampare un milione di copie dell´Antico Testamento e dei Vangeli ogni anno. Secondo Derek Hill della "Bible Society" che fa capo alla chiesa anglicana, «ci sono grossi editori di Bibbie in tutto il resto del mondo, ma il made in China sta conquistando la posizione dominante in America, in Europa, in Corea del Sud».
Le sorprese non finiscono qui. Gli editori cinesi come "Amity" sanno che per loro la vendita sui mercati esteri rappresenta solo una piccola parte della produzione. Il grosso di quel che stampano è destinato al pubblico locale.
L´80% delle Bibbie col marchio "Amity" sono in mandarino o cantonese, vendute a un prezzo di copertina di 9,50 yuan (90 centesimi di euro). E´ un sintomo rivelatore della penetrazione reale del cristianesimo in Cina, che le autorità tendono a sottostimare sistematicamente. Gli editori dal canto loro si dicono certi che una larga quota dei fedeli cinesi ancora non possiede un Vangelo in casa propria. In passato del resto quelli erano libri proibiti, la scoperta di una Bibbia in casa poteva portare all´arresto e alla deportazione.
Chi possiede la gigantesca tipografia della "Amity Printing" che sta sorgendo a fianco di fabbriche come Motorola e Ford, con un neozelandese come direttore? Dietro questo gruppo c´è un´azionariato particolare: una joint venture fra un´associazione filantropica di cristiani cinesi e la "United Bible Societies". Quest´ultima fa capo a un consiglio mondiale di chiese protestanti, che alla Cina dedica le sue attenzioni da molti anni. Fin dal 1986 c´erano i capitali delle chiese protestanti angloamericane dietro la fondazione della "Amity Printing" di Nanchino. Un investimento lungimirante.
In Italia la condizione dei cristiani in Cina viene spesso identificata con i tormentati rapporti tra la Repubblica popolare e la Santa Sede. Quei rapporti furono bruscamente interrotti sul piano diplomatico nel 1951 quando Mao decise l´espulsione dei missionari; poi divennero ancora più complessi per la creazione di una Chiesa patriottica obbediente al regime; infine ci fu il periodo più buio, dell´ateismo di Stato e dalle persecuzioni violente nel periodo della Rivoluzione culturale (1966-1976).
Anche se dopo la scomparsa di Mao il regime ha gradualmente liberalizzato certe attività religiose, i cattolici cinesi vivono tuttora in una sorta di scisma. Da una parte ci sono cinque milioni di fedeli che frequentano le parrocchie «patriottiche», con sacerdoti e vescovi che hanno giurato fedeltà al governo. Dall´altra c´è la chiesa cattolica clandestina che resta fedele al Vaticano e ha un seguito ben più numeroso (dagli 8 ai 12 milioni) ma è sempre esposta al rischio di arbitri e abusi brutali.
La galassia del mondo protestante ha caratteristiche molto variegate ma una platea ancora più vasta. Certe stime arrivano ai 40 milioni di praticanti. Anche questo è un continente per metà emerso, cioè legalizzato e sottoposto ai controlli dello Stato, per un´altra parte clandestino e perseguitato. Ironia della sorte, uno dei «reati» più spesso contestati dalle forze di polizia ai protestanti clandestini è proprio la diffusione non autorizzata di Bibbie. Per il regime di Pechino questa rete protestante rappresenta una sfida di tipo diverso. Non obbedisce ad un´unica autorità religiosa come il Papa di Roma, una figura «indigesta» per il partito comunista che non ammette concorrenti nel compito di orientare i propri cittadini. Tuttavia il mondo delle chiese protestanti ha mezzi finanziari illimitati che affluiscono per vari canali dall´America, dalla Gran Bretagna, dall´Australia, dalla Corea del Sud. Inoltre i dirigenti comunisti temono sempre una proliferazione incontrollata di sette, dopo essere stati colti impreparati dalla fenomenale diffusione di Falun Gong anni fa.
Il revival del cristianesimo, cattolico o protestante, lambisce molti settori della società civile. La disillusione verso il comunismo, il materialismo dilagante nella Cina del boom economico alimentano la ricerca di nuovi valori. Una dimostrazione si ripeterà anche quest´anno, alla vigilia di Natale. A Pechino, Shanghai, e in altre grandi città, regolarmente alla sera del 24 dicembre le parrocchie si riempiono non soltanto di fedeli. Vengono invase da folle di non battezzati, attirati dalla liturgia e incuriositi dal fenomeno religioso. Anche a loro un giorno si potrà vendere una Bibbia. Di certo il business della "Amity Press" non corre rischi. Alla sua fabbrica modello, con 600 dipendenti e le casse piene dei profitti dalle esportazioni, il regime garantirà sempre un trattamento con i guanti di velluto.