«Ru-486, obiezione di coscienza anche per i farmacisti»
L'Unità del 21 febbraio 2007, pag. 7
di Roberto Monteforte
«Obiezione di coscienza»: questa è la scelta a cui deve giungere ogni buon cattolico quando con la sua azione potrebbe mettere in pericolo il diritto alla vita. Quindi non più soltanto il «signor no» del credente che rifiuta il servizio militare e di imbracciare un'arma. O per il medico di fronte alla pratica abortiva o all'eutanasia, nei paesi dove sono consentite. Devono potersene avvalere anche il ricercatore, lo scienziato e il farmacista di fronte a scelte come la sommistrazione della «pillola Ru-486» che possono favorire «l'aborto chimico, la ricerca sulle staminali, ove implichi la morte degli embrioni e altre forme di violazione della vita». Lo afferma monsignor Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita che ieri mattina in Vaticano, ha presentato il convegno internazionale su «Coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita» che il 22 e il 23 febbraio prossimi, vedrà docenti, scienziati, esperti di morale di tutto il mondo riunirsi in Vaticano per affrontare gli interrogativi etici e sociali posti dalle nuove frontiere della ricerca scientifica e del diritto internazionale. Con l'obiettivo di far maturare la consapevolezza di come si sia esteso l'ambito dell'«obiezione di coscienza» per seguire comportamenti coerenti con il magistero della Chiesa. «Siamo convinti -ha proseguito Sgreccia - che non soltanto c'è uno spazio legittimo per la coscienza cristiana nella società pluralista, ma c'è un'utilità per tutta la società quando la coscienza cristiana può esprimersi e può offrire il suo contributo». Sull'eutanasia, «in presenza di una legislazione che la rende legale», per i sanitari cattolici «scatta sempre l'obbligo all'obiezione di coscienza». «Un obbligo - ha osservato - che non comporta necessariamente una dichiarazione pubblica, questo dipende dalle leggi». Come per la legislazione sull'aborto: «l'obbligo per il medico cattolico non è quello di dichiarare pubblicamente di essere obiettore, ma quello di astenersi dall'atto che è considerato illecito dalla Chiesa. Dipende poi dalle legislazioni nazionali». In questo caso non d sono deroghe: perché per chi favorisce l'aborto scatta la scomunica. Negli altri casi posti dalle nuove frontiere della bioetica, non vi è ancora un richiamo cogente. Intanto per mons. Sgreccia è necessario che i paesi riconoscano anche su queste tematiche la possibilità di ricorrere all'obiezione di coscienza. Ad esempio, vista la possibilità per le coppie gay di adottare bambini in Gran Bretagna, ha definito «pienamente fondata» il diritto all'obiezione da parte delle «agenzie cattoliche» che si occupano dell'affido dei bambini. E si è augurato che questa possibilità venga riconosciuta. Ma per il credente, medico o politico, resta una scelta obbligata? «Quando il magistero avverte chi non lo avesse ancora fatto che in questa materia c'è un contrasto tra il diritto alla vita, poniamo, e la coscienza cristiana in generale, da un invito ad assumere una loro responsabilità alle coscienze cristiane. Questo non vuole dire che uno deve esprimere subito per iscritto l'obiezione di coscienza, ma che se si trova in quella circostanza, deve tenere presente l'obbligo di salvaguardare la vita».
L'Unità del 21 febbraio 2007, pag. 7
di Roberto Monteforte
«Obiezione di coscienza»: questa è la scelta a cui deve giungere ogni buon cattolico quando con la sua azione potrebbe mettere in pericolo il diritto alla vita. Quindi non più soltanto il «signor no» del credente che rifiuta il servizio militare e di imbracciare un'arma. O per il medico di fronte alla pratica abortiva o all'eutanasia, nei paesi dove sono consentite. Devono potersene avvalere anche il ricercatore, lo scienziato e il farmacista di fronte a scelte come la sommistrazione della «pillola Ru-486» che possono favorire «l'aborto chimico, la ricerca sulle staminali, ove implichi la morte degli embrioni e altre forme di violazione della vita». Lo afferma monsignor Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita che ieri mattina in Vaticano, ha presentato il convegno internazionale su «Coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita» che il 22 e il 23 febbraio prossimi, vedrà docenti, scienziati, esperti di morale di tutto il mondo riunirsi in Vaticano per affrontare gli interrogativi etici e sociali posti dalle nuove frontiere della ricerca scientifica e del diritto internazionale. Con l'obiettivo di far maturare la consapevolezza di come si sia esteso l'ambito dell'«obiezione di coscienza» per seguire comportamenti coerenti con il magistero della Chiesa. «Siamo convinti -ha proseguito Sgreccia - che non soltanto c'è uno spazio legittimo per la coscienza cristiana nella società pluralista, ma c'è un'utilità per tutta la società quando la coscienza cristiana può esprimersi e può offrire il suo contributo». Sull'eutanasia, «in presenza di una legislazione che la rende legale», per i sanitari cattolici «scatta sempre l'obbligo all'obiezione di coscienza». «Un obbligo - ha osservato - che non comporta necessariamente una dichiarazione pubblica, questo dipende dalle leggi». Come per la legislazione sull'aborto: «l'obbligo per il medico cattolico non è quello di dichiarare pubblicamente di essere obiettore, ma quello di astenersi dall'atto che è considerato illecito dalla Chiesa. Dipende poi dalle legislazioni nazionali». In questo caso non d sono deroghe: perché per chi favorisce l'aborto scatta la scomunica. Negli altri casi posti dalle nuove frontiere della bioetica, non vi è ancora un richiamo cogente. Intanto per mons. Sgreccia è necessario che i paesi riconoscano anche su queste tematiche la possibilità di ricorrere all'obiezione di coscienza. Ad esempio, vista la possibilità per le coppie gay di adottare bambini in Gran Bretagna, ha definito «pienamente fondata» il diritto all'obiezione da parte delle «agenzie cattoliche» che si occupano dell'affido dei bambini. E si è augurato che questa possibilità venga riconosciuta. Ma per il credente, medico o politico, resta una scelta obbligata? «Quando il magistero avverte chi non lo avesse ancora fatto che in questa materia c'è un contrasto tra il diritto alla vita, poniamo, e la coscienza cristiana in generale, da un invito ad assumere una loro responsabilità alle coscienze cristiane. Questo non vuole dire che uno deve esprimere subito per iscritto l'obiezione di coscienza, ma che se si trova in quella circostanza, deve tenere presente l'obbligo di salvaguardare la vita».