Welby ha cambiato gli italiani, non ancora i politici
Il Riformista del 19 gennaio 2007, pag. 3
di Anna Meldolesi
Piergiorgio Welby sarebbe contento di leggere i dati diffusi ieri dall'Eurispes, nel rapporto intitolato «Il paradiso può attendere? Gli italiani di fronte al testamento biologico, l'accanimento terapeutico e l'eutanasia». Nel paese infatti si registra un boom di consensi per il rispetto dell'autodeterminazione dei pazienti, anche quando questo significa arrendersi alla morte.
Da quando Eurispes ha posto per la prima volta agli italiani delle domande sulle decisioni di fine vita, 20 anni fa, i sostenitori di un approccio aperto e rispettoso della libertà individuale sono andati via via crescendo. Ma nell'ultimo anno l'aumento è stato drammatico:più 26%. Le interviste sono state condotte proprio tra novembre e dicembre del 2006 e il salto si spiega, evidentemente, con l'effetto Welby. Fatto sta che nella schiera degli aperturisti, che non si spaventano neppure di fronte alla parola eutanasia, ora compare il 68% degli intervistati, quasi sette italiani su dieci.
Ai numeri però bisogna aggiungere qualche chiosa, proprio perché Eurispes incasella il dato con l'etichetta "eutanasia" e così facendo offre il fianco a qualche seria critica. Il dibattito degli ultimi mesi, infatti, ha avuto come epicentro la distinzione tra eutanasia vera e propria (intesa come intervento attivo per procurare la morte, che per il nostro ordinamento giuridico è reato) e rifiuto di un trattamento medico salvavita come la respirazione artificiale (che è un diritto garantito dalla Costituzione). La formulazione della domanda non scioglie questa ambiguità perché il campione è stato interrogato riguardo alla «possibilità di concludere la vita di un'altra persona su sua richiesta allo scopo di diminuire le sofferenze negli ultimi momenti della vita». La confusione, poi, aumenta se si tiene conto del fatto che il campione si è spaccato a metà sulla scelta olandese di legalizzare l'eutanasia infantile: qui davvero le risposte affermative appaiono troppo numerose per essere informate e consapevoli. Nel complesso, quindi, sarà bene non cadere nel tranello di credere che la popolazione italiana sia su posizioni tanto avanzate o estreme - dipende dai punti di vista - da avvicinare Roma ad Amsterdam.
La confusione terminologica, comunque, non oscura il dato di fondo: il caso Welby ha innescato una tendenza di massa, che si traduce in una propensione generalizzata a sbilanciarsi dalla parte della libertà piuttosto che da quella dei divieti. Dovremo aspettare l'anno prossimo per sapere in quale misura questa bolla è destinata a sgonfiarsi. I semi che sono stati piantati da Welby e dall'associazione Coscioni dovranno continuare a essere annaffiati, certo. Intanto però chi ha combattuto questa battaglia civile e politica ha un bel successo statistico da festeggiare.
Anche Ignazio Marino, chiamato a commentare i dati Eurispes, ha espresso soddisfazione per ciò che lo riguarda più da vicino. La commissione sanità del Senato sta per terminare le audizioni e presto dovrà presentare la sua proposta di legge sul testamento biologico. A quanto pare gli italiani hanno capito bene di cosa si tratta (84%) e tre persone su quattro sono favorevoli all'approvazione di una norma che consenta di stabilire in anticipo i trattamenti a cui ciascuno vuole o non vuole essere sottoposto, nell'eventualità di non potersi più esprimere nel momento del bisogno. Questa convinzione è particolarmente radicata nell'area di sinistra e centrosinistra (83,8%), ma è comunque maggioritaria anche nel centro (66,4%) e tra gli elettori di destra e centrodestra (69,6%). Marino si è detto contento anche per il sostegno dimostrato dagli italiani all'introduzione della figura del fiduciario (coniuge, compagno o amico che sia), scelto dal paziente per interpretare le sue volontà anticipate. Forse si tratta di un sostegno persino eccessivo, visto che il campione da al parere delle persone care un peso equivalente a quello delle volontà del malato. Ma non è il caso di andare troppo per il sottile: il punto è che, anche per il testamento biologico, si registra un segnale trasversale di apertura. E proprio su questo tema, dunque, che nel breve termine sarà possibile misurare la distanza ormai proverbiale che separa l'opinione pubblica dai suoi rappresentanti in Parlamento. La linea Maginot passa per casi come quelli di Eluana Englaro e Terri Schiavo, pazienti in stato vegetativo permanente il cui destino è appeso al tubo per la nutrizione artificiale. Per il campione Eurispes l'interruzione dei trattamenti che tengono «in una condizione di vita biologica un paziente in coma irreversibile» rappresenta una scelta corretta se rispecchia la volontà espressa dal paziente (48,7%) e se risparmia inutili sofferenze (28,6%). Ma per poter inserire la nutrizione artificiale fra i trattamenti che il paziente può rifiutare compilando le sue volontà anticipate bisognerà superare le resistenze di teodem e teocon. Il rischio è che le divergenze sui nodi cruciali svuotino la legge o la facciano deragliare. Sarebbe la solita anomalia nazionale, quella specie di maledizione che si accanisce sui temi "eticamente sensibili". Gli italiani, a dar retta ai sondaggi, hanno un atteggiamento aperto, liberale e persino scientista, sulla fecondazione assistita come sulle cellule staminali embrionali e persino sugli Ogm che oggi non hanno alcuna sponda politica nel paese (Eurobarometro, luglio 2006). Ma poi ci troviamo con la legge 40 e la ricerca biotech bloccata. Sarebbe in gran parte merito di Welby e di Marino se questa storia dovesse finire diversamente.
Il Riformista del 19 gennaio 2007, pag. 3
di Anna Meldolesi
Piergiorgio Welby sarebbe contento di leggere i dati diffusi ieri dall'Eurispes, nel rapporto intitolato «Il paradiso può attendere? Gli italiani di fronte al testamento biologico, l'accanimento terapeutico e l'eutanasia». Nel paese infatti si registra un boom di consensi per il rispetto dell'autodeterminazione dei pazienti, anche quando questo significa arrendersi alla morte.
Da quando Eurispes ha posto per la prima volta agli italiani delle domande sulle decisioni di fine vita, 20 anni fa, i sostenitori di un approccio aperto e rispettoso della libertà individuale sono andati via via crescendo. Ma nell'ultimo anno l'aumento è stato drammatico:più 26%. Le interviste sono state condotte proprio tra novembre e dicembre del 2006 e il salto si spiega, evidentemente, con l'effetto Welby. Fatto sta che nella schiera degli aperturisti, che non si spaventano neppure di fronte alla parola eutanasia, ora compare il 68% degli intervistati, quasi sette italiani su dieci.
Ai numeri però bisogna aggiungere qualche chiosa, proprio perché Eurispes incasella il dato con l'etichetta "eutanasia" e così facendo offre il fianco a qualche seria critica. Il dibattito degli ultimi mesi, infatti, ha avuto come epicentro la distinzione tra eutanasia vera e propria (intesa come intervento attivo per procurare la morte, che per il nostro ordinamento giuridico è reato) e rifiuto di un trattamento medico salvavita come la respirazione artificiale (che è un diritto garantito dalla Costituzione). La formulazione della domanda non scioglie questa ambiguità perché il campione è stato interrogato riguardo alla «possibilità di concludere la vita di un'altra persona su sua richiesta allo scopo di diminuire le sofferenze negli ultimi momenti della vita». La confusione, poi, aumenta se si tiene conto del fatto che il campione si è spaccato a metà sulla scelta olandese di legalizzare l'eutanasia infantile: qui davvero le risposte affermative appaiono troppo numerose per essere informate e consapevoli. Nel complesso, quindi, sarà bene non cadere nel tranello di credere che la popolazione italiana sia su posizioni tanto avanzate o estreme - dipende dai punti di vista - da avvicinare Roma ad Amsterdam.
La confusione terminologica, comunque, non oscura il dato di fondo: il caso Welby ha innescato una tendenza di massa, che si traduce in una propensione generalizzata a sbilanciarsi dalla parte della libertà piuttosto che da quella dei divieti. Dovremo aspettare l'anno prossimo per sapere in quale misura questa bolla è destinata a sgonfiarsi. I semi che sono stati piantati da Welby e dall'associazione Coscioni dovranno continuare a essere annaffiati, certo. Intanto però chi ha combattuto questa battaglia civile e politica ha un bel successo statistico da festeggiare.
Anche Ignazio Marino, chiamato a commentare i dati Eurispes, ha espresso soddisfazione per ciò che lo riguarda più da vicino. La commissione sanità del Senato sta per terminare le audizioni e presto dovrà presentare la sua proposta di legge sul testamento biologico. A quanto pare gli italiani hanno capito bene di cosa si tratta (84%) e tre persone su quattro sono favorevoli all'approvazione di una norma che consenta di stabilire in anticipo i trattamenti a cui ciascuno vuole o non vuole essere sottoposto, nell'eventualità di non potersi più esprimere nel momento del bisogno. Questa convinzione è particolarmente radicata nell'area di sinistra e centrosinistra (83,8%), ma è comunque maggioritaria anche nel centro (66,4%) e tra gli elettori di destra e centrodestra (69,6%). Marino si è detto contento anche per il sostegno dimostrato dagli italiani all'introduzione della figura del fiduciario (coniuge, compagno o amico che sia), scelto dal paziente per interpretare le sue volontà anticipate. Forse si tratta di un sostegno persino eccessivo, visto che il campione da al parere delle persone care un peso equivalente a quello delle volontà del malato. Ma non è il caso di andare troppo per il sottile: il punto è che, anche per il testamento biologico, si registra un segnale trasversale di apertura. E proprio su questo tema, dunque, che nel breve termine sarà possibile misurare la distanza ormai proverbiale che separa l'opinione pubblica dai suoi rappresentanti in Parlamento. La linea Maginot passa per casi come quelli di Eluana Englaro e Terri Schiavo, pazienti in stato vegetativo permanente il cui destino è appeso al tubo per la nutrizione artificiale. Per il campione Eurispes l'interruzione dei trattamenti che tengono «in una condizione di vita biologica un paziente in coma irreversibile» rappresenta una scelta corretta se rispecchia la volontà espressa dal paziente (48,7%) e se risparmia inutili sofferenze (28,6%). Ma per poter inserire la nutrizione artificiale fra i trattamenti che il paziente può rifiutare compilando le sue volontà anticipate bisognerà superare le resistenze di teodem e teocon. Il rischio è che le divergenze sui nodi cruciali svuotino la legge o la facciano deragliare. Sarebbe la solita anomalia nazionale, quella specie di maledizione che si accanisce sui temi "eticamente sensibili". Gli italiani, a dar retta ai sondaggi, hanno un atteggiamento aperto, liberale e persino scientista, sulla fecondazione assistita come sulle cellule staminali embrionali e persino sugli Ogm che oggi non hanno alcuna sponda politica nel paese (Eurobarometro, luglio 2006). Ma poi ci troviamo con la legge 40 e la ricerca biotech bloccata. Sarebbe in gran parte merito di Welby e di Marino se questa storia dovesse finire diversamente.