mercoledì 26 dicembre 2007

E all'Opus Dei torna Torquemada: meglio impiccare che abortire…

E all'Opus Dei torna Torquemada: meglio impiccare che abortire…

Liberazione del 16 gennaio 2007, pag. 1

di Antonella Marrone
Riflessioni sulle riflessioni sulla pena di morte del di­rettore di "Studi Cattolici". Si chiama Cesare Cavalieri e ieri, dopo aver appreso dell'esecu­zione dei due coimputati di Saddam, ha pensato a come af­frontare lo spinoso tema. Par­tiamo dalla visione mistica che ha inaspettatamente colto l'al­to funzionario dell'Opus Dei nell'esercizio delle sue funzio­ni. Cioè mentre scriveva un editoriale per "Studi Cattolici". «Saddam che muore recitando una preghiera (magari di resipicenza) ha una sua grandezza e sarebbe una gradita sorpresa per chi è, o andrà, in Paradiso trovarselo collega». Nel frat­tempo Cavalleri osserva e si chiede: «Siamo sicuri che l'er­gastolo sia meglio della pena di morte?» In fondo all'alto fun­zionario non sfugge che la vita costretta in una cella, senza re­lazioni umane vere, senza amori e conforto, senza la possibilità di sviluppare la propria intelligenza e la propria creati­vità è una schifezza. Non lo di­ce, Cavalleri ( e non saremo certo noi a fargli venire il so­spetto) , ma esiste il dubbio che fosse a fianco di Welby nella sua disperata richiesta di eutana­sia, nella ricerca di una morte che lo staccasse da una vita-non vita. Eppure di Pannella mentre riflette, dice peste e corna, dice che dovrebbe inso­spettirci tanto accanimento contro la pena dimorte da parte di «paladini delle stragi del­l'aborto e della sperimentazio­ne sugli embrioni». Qui entria­mo nella seconda agghiaccian­te riflessione del dirigente del­l'Opus Dei, quella che passa dall'esecuzione capitale all'a­borto. Dice così: «Ci si deve commuovere per l'impiccaggione di un criminale e per le poche decine o centinaia di condanne a morte eseguite nel mondo, e invece restare indif­ferenti o peggio considerare conquista di civiltà la strage di migliaia, di milioni di vite umane che annualmente avviene nel mondo con l'aborto e la sperimentazione sugli em­brioni?» La domanda posta co­sì è chiaramente retorica, Ca­valleri: chiaro che sì, chiaro che bisogna commuoversi per l'impiccaggione, per ordine di un tribunale, di qualsiasi esse­re umano. Commuoversi e an­che vergognarsi e indignarsi e, perché no, impaurirsi. Impaurirsi per le ombre che si muo­vono dietro queste riflessioni, aver paura, dopo secoli e secoli, di guardarsi intorno e scoprire di essere tornati al Medioevo, alle streghe da bruciare, agli in­fedeli da decapitare, a Torque­mada. E visto che la domanda è retorica, ci chiediamo: ma che cosa ci vuole veramente dire Cesare Cavalleri con il suo editoriale posto che uno Stato che uccide è uno Stato assassino, mentre l'aborto è l'esercizio di un diritto individuale e la sperimentazione scientifica un bene per tutta l'umanità?