giovedì 27 dicembre 2007

Ruanda, condannato a 15 anni di carcere un prete cattolico complico nel genocidio

Ruanda, condannato a 15 anni di carcere un prete cattolico complico nel genocidio

Corriere della Sera del 14 dicembre 2006, pag. 19

di M. A. A.
Genocidio, crimini contro l'umanità, sterminio. Per que­sti reati il prete cattolico ruandese Athanase Seromba è sta­to condannato ieri a 15 anni di reclusione dal tribunale pena­le internazionale di Arusha. Il sostituto procuratore del tribunale, l'italiana Silvana Ardia, aveva chiesto l'ergastolo. «La pena inflitta è ridicola», di­ce al Corriere. La sua colpa: aver attirato almeno 2000 tutsi nella sua cattedrale col pre­testo di salvarli dai massacri dell'aprile 1994, quando gli estremisti hutu fecero a pezzi a colpi dì machete un milione di tutsi e hutu moderati. Se­romba chiuse a chiave le porte della chiesa e ordinò all'auti­sta di un bulldozer di abbatte­re l'edificio mentre gli assassi­ni sparavano e lanciavano gra­nate dalle finestre. Poi scappò, prima in Zaire (ora Repub­blica Democratica del Congo) e nel 1997 a Firenze dove visse sotto falso nome (Anastasio Sumbabura) fino al 2002. Ave­va una lettera di raccomanda­zione del vescovo di Nyundo, che lodava le sue doti di reli­gioso. Grazie alla diocesi fio­rentina, continuò ad officiare messa. Ma il suo nome saltò fuori nel 1995. Un libro dell'or­ganizzazione African Rights lo descriveva come uno spietato killer. Lo scovarono i giorna­listi. Il governo italiano tergi­versò, ma poi cedette alle pres­sioni della Del Ponte, che ot­tenne l'estradizione nel feb­braio 2002. Le prove erano schiaccianti e la difesa non è riuscita a farlo assolvere nonostante — sostengono sottovo­ce alla procura del tribunale —le pesanti pressioni del Vati­cano sui magistrati.