Sul Tg la fede è solo cattolica Agli altri le briciole
Liberazione del 24 gennaio 2007, pag. 7
di Fulvio Fania
Chiesa cattolica pigliatutto. Accendi il televisore e trovi il prete, il vescovo o il cardinale. Raro che si veda un pastore valdese, un luterano o un monaco buddista. Accade sempre più spesso, anche nei programmi di intrattenimento e sui temi più disparati. E l'informazione del servizio pubblico? Anche nei Tg e nelle rubriche informative della Rai la religione è in aumento. Il Tg1 è passato dal 6% del 2004 all'8,37 dello scorso anno; il Tg2 dal 5,17 all'8,97 e il Tg3 dal 4,35 al 6,32. Nel 2005 si toccò il record delle presenze con punte del 13,27% ma va detto che in quell'anno morì Wojtyla e fu eletto Ratzinger. La parte del leone la fa comunque e sempre la chiesa cattolica, praticamente un monopolio, quasi il 98% dell'informazione religiosa sul telegiornale della rete ammiraglia e più del 95% sul terzo canale Rai. La percentuale resta costante anche in assenza di eventi ecla-tanti come la successione al pontificato. Chi occupa quel piccolo spazio che rimanervi compaiono soprattutto esponenti dell'Islam e dell'ebraismo mentre è rarissimo ascoltare una voce o una notizia delle altre religioni o delle diverse famiglie del cristianesimo pur presenti in Italia. «Almeno tre milioni di italiani - osserva Domenico Maselli, presidente della Federazione delle chiese evangeliche - vengono ignorati)). Ammesso e non concesso che per esprimere il pluralismo religioso possa bastare una sorta di manuale Cencelli tra le confessioni.
Secondo un'indagine presentata ieri da un gruppo di comunità di "minoranza", i protestanti non sono addirittura mai comparsi nei programmi "Primo piano", "Giorni d'Europa", "Speciale tgl" e "La vita in diretta". Anche nelle rubriche infatti, compresa "Uno mattina", per le religioni diverse dalla cattolica restano appena le briciole: tra l'uno e i] quattro per cento delle ore dedicate complessivamente ad argomenti di fede.
«Provincialismo religioso», lo definisce Maselli. «Non abbiamo alcun intento ostile verso la chiesa cattolica -precisa -, neppure contro i diversi consigli di amministrazione che si sono succeduti alla Rai, poiché sappiamo bene che l'indagine sulle reti private e sui quotidiani non darebbe risultati migliori». Gli evangelici, insieme agli avventisti del Settimo giorno, alla Federazione chiese pentecostali e all'Unione induista, hanno tuttavia deciso di denunciare questo «deficit culturale» all'Autorità delle comunicazioni. E siccome sì tratta anche di una violazione del pluralismo informativo e delle finalità del servizio pubblico, hanno chiesto al Garante di «accertare le violazioni» e di porvi rimedio. Il caso Welby è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Anna Maffei, presidente dell'Unione battista, racconta che, di fronte al rifiuto da parte del Vicariato cattolico del funerale religioso, lei e la pastora Maria Bonafede, moderatola della Tavola valdese, hanno offerto alla famiglia la propria disponibilità a celebrare un rito cristiano magari in forma ecumenica. La notizia - ricorda - è passata solo di sfuggita su un Tg, ma subito oscurata da una successiva intervista ad un cardinale.
«Si può essere cristiani ed avere opinioni diverse sulle coppie di fatto, sull'eutanasia o su altri temi etici – sottolinea Bonafede - però il servizio pubblico non ci ha mai interrogato». L'intero cristianesimo viene così ridotto alla sua versione cattolica nell'unico paese al mondo - osserva polemicamente Maffei -dove gli informatori religiosi si definiscono vaticanisti. E questo non è vantaggio neppure per il dialogo tra cattolici ed altri cristiani.
I giornali televisivi, radiofonici e stampati prendono grossi "buchi", fa notare Maselli. Per esempio, hanno ignorato l'assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese, durata dieci giorni a Porto Alegre, con la partecipazioni di ortodossi, protestanti e anglicani di tutto il mondo.
I dati ufficiali sull'informazione "sociale" pubblicati via web dall'Autorità per le comunicazioni sono fermi al 2004 e l'indagine sull'ultimo periodo si deve all'attivissimo Centro d'ascolto del Partito radicale. Questa è la ragione per cui il gruppo di comunità religiose di "minoranza", non senza qualche mugugno interno, ha presentato alla stampa la propria denuncia insieme agli esponenti radicali. Pagando però pegno. Anche stavolta qualcuno ha fatto la parte del leone a loro scapito: ben tre interventi di dirigenti radicali più un sermone di Marco Pannella.
Peccato, perché la denuncia è serissima e lo rimane a dispetto delle forme.
Liberazione del 24 gennaio 2007, pag. 7
di Fulvio Fania
Chiesa cattolica pigliatutto. Accendi il televisore e trovi il prete, il vescovo o il cardinale. Raro che si veda un pastore valdese, un luterano o un monaco buddista. Accade sempre più spesso, anche nei programmi di intrattenimento e sui temi più disparati. E l'informazione del servizio pubblico? Anche nei Tg e nelle rubriche informative della Rai la religione è in aumento. Il Tg1 è passato dal 6% del 2004 all'8,37 dello scorso anno; il Tg2 dal 5,17 all'8,97 e il Tg3 dal 4,35 al 6,32. Nel 2005 si toccò il record delle presenze con punte del 13,27% ma va detto che in quell'anno morì Wojtyla e fu eletto Ratzinger. La parte del leone la fa comunque e sempre la chiesa cattolica, praticamente un monopolio, quasi il 98% dell'informazione religiosa sul telegiornale della rete ammiraglia e più del 95% sul terzo canale Rai. La percentuale resta costante anche in assenza di eventi ecla-tanti come la successione al pontificato. Chi occupa quel piccolo spazio che rimanervi compaiono soprattutto esponenti dell'Islam e dell'ebraismo mentre è rarissimo ascoltare una voce o una notizia delle altre religioni o delle diverse famiglie del cristianesimo pur presenti in Italia. «Almeno tre milioni di italiani - osserva Domenico Maselli, presidente della Federazione delle chiese evangeliche - vengono ignorati)). Ammesso e non concesso che per esprimere il pluralismo religioso possa bastare una sorta di manuale Cencelli tra le confessioni.
Secondo un'indagine presentata ieri da un gruppo di comunità di "minoranza", i protestanti non sono addirittura mai comparsi nei programmi "Primo piano", "Giorni d'Europa", "Speciale tgl" e "La vita in diretta". Anche nelle rubriche infatti, compresa "Uno mattina", per le religioni diverse dalla cattolica restano appena le briciole: tra l'uno e i] quattro per cento delle ore dedicate complessivamente ad argomenti di fede.
«Provincialismo religioso», lo definisce Maselli. «Non abbiamo alcun intento ostile verso la chiesa cattolica -precisa -, neppure contro i diversi consigli di amministrazione che si sono succeduti alla Rai, poiché sappiamo bene che l'indagine sulle reti private e sui quotidiani non darebbe risultati migliori». Gli evangelici, insieme agli avventisti del Settimo giorno, alla Federazione chiese pentecostali e all'Unione induista, hanno tuttavia deciso di denunciare questo «deficit culturale» all'Autorità delle comunicazioni. E siccome sì tratta anche di una violazione del pluralismo informativo e delle finalità del servizio pubblico, hanno chiesto al Garante di «accertare le violazioni» e di porvi rimedio. Il caso Welby è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Anna Maffei, presidente dell'Unione battista, racconta che, di fronte al rifiuto da parte del Vicariato cattolico del funerale religioso, lei e la pastora Maria Bonafede, moderatola della Tavola valdese, hanno offerto alla famiglia la propria disponibilità a celebrare un rito cristiano magari in forma ecumenica. La notizia - ricorda - è passata solo di sfuggita su un Tg, ma subito oscurata da una successiva intervista ad un cardinale.
«Si può essere cristiani ed avere opinioni diverse sulle coppie di fatto, sull'eutanasia o su altri temi etici – sottolinea Bonafede - però il servizio pubblico non ci ha mai interrogato». L'intero cristianesimo viene così ridotto alla sua versione cattolica nell'unico paese al mondo - osserva polemicamente Maffei -dove gli informatori religiosi si definiscono vaticanisti. E questo non è vantaggio neppure per il dialogo tra cattolici ed altri cristiani.
I giornali televisivi, radiofonici e stampati prendono grossi "buchi", fa notare Maselli. Per esempio, hanno ignorato l'assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese, durata dieci giorni a Porto Alegre, con la partecipazioni di ortodossi, protestanti e anglicani di tutto il mondo.
I dati ufficiali sull'informazione "sociale" pubblicati via web dall'Autorità per le comunicazioni sono fermi al 2004 e l'indagine sull'ultimo periodo si deve all'attivissimo Centro d'ascolto del Partito radicale. Questa è la ragione per cui il gruppo di comunità religiose di "minoranza", non senza qualche mugugno interno, ha presentato alla stampa la propria denuncia insieme agli esponenti radicali. Pagando però pegno. Anche stavolta qualcuno ha fatto la parte del leone a loro scapito: ben tre interventi di dirigenti radicali più un sermone di Marco Pannella.
Peccato, perché la denuncia è serissima e lo rimane a dispetto delle forme.