domenica 23 dicembre 2007

Fecondazione assistita, E se cercassimo un compromesso?

l'Unità 23.12.07
Fecondazione assistita
E se cercassimo un compromesso?
di Carlo Flamigni

La Magistratura continua a fare, con grande arte e - immagino - divertendosi anche un po’, il suo fondamentale lavoro di revisione delle leggi sbagliate (o stupide, o semplicemente disancorate dalla realtà sociale e dal comune sentire), tirando inutilmente le orecchie a uomini politici disattenti e, comunque, troppo presi da interessi personali per capire che queste campane suonano a morto per tutta la loro classe.
La Magistratura fa il suo lavoro con competenza e con gusto, e la gente si chiede per quale ragione sia necessario l’intervento di un giudice per far capire a un legislatore che cosa dovrebbero essere le leggi in un Paese laico, libero e civile: l’espressione del buon senso di una società consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri, rispettosa della libertà di tutti, persuasa dei limiti che una morale di senso comune deve saper imporre ai comportamenti e alle scelte dei cittadini, capace di compassione nei confronti di tutte le forme di sofferenza, attenta ai diritti civili, ben decisa a tenere le religioni fuori dalla stanza nella quale le norme vengono stilate. Un legislatore che non tiene conto di questi principi e stabilisce regole che si ispirano a specifiche convinzioni di poteri non democratici (e intendo qualsiasi potere non democratico, dalla massoneria all’Opus Dei, passando per il Vaticano) dovrà prima o poi rispondere della sua disonestà: non lo dico io, lo diceva Aurelio Saffi, i parlamentari ne vadano a cercare il nome su Internet.
Due parole sulla sentenza di Firenze, che stabilisce la liceità delle indagini genetiche sugli embrioni nei casi in cui la madre sia portatrice di una grave e incurabile malattia genetica e concede alla donna il diritto di rifiutare l’impianto di tutti gli embrioni prodotti; il magistrato ha anche stabilito che le linee guida debbono essere considerate illegittime, almeno per quanto recitano a proposito delle indagini genetiche, perché hanno modificato il testo della legge e ne hanno dato una interpretazione ristretta e limitativa. Per quanto posso capire questa non sarà l’ultima volta che la magistratura si occupa delle linee guida, cosa del resto inevitabile se si considera il clima nel quale sono state dettate: ricordo, per chi non lo sapesse, che la persona che ha maggiormente influenzato l’opera della commissione è stato un professore di Storia del Diritto romano, altrettanto pio quanto incompetente.
Questa sentenza del tribunale di Firenze capita proprio nel mezzo di una campagna che i giornali cattolici e quelli diretti dalle varie pinzocchere laiche che li corteggiano hanno iniziato in appoggio della difesa dell’ “uomo embrione” e per intensificare la campagna contro l’aborto volontario. Niente di nuovo, direte voi. E invece qualcosa di nuovo c’è, e ha a che fare con la grossolanità degli argomenti, la scarsa competenza, l’arroganza, il difetto di logica, il costante rifiuto di dare una qualsiasi risposta alle obiezioni, la persistente, tenace, ma sempre più ripetitiva voglia di offendere degli articoli che stanno uscendo, numerosi ma scassati, oltretutto prevalentemente scritti in un pessimo italiano. Capisco che non si può far scrivere tutto a Francesco D’Agostino, ma non si potrebbe fare qualcosa di meglio? O non è, per caso, che questo sia un segnale del quale bisogna saper cogliere il significato?
Non voglio annoiarvi con un’analisi pedante di questi poverissimi scritti, mi limito ad alcuni esempi: un tale che parla spesso male di me, ha scritto per la trentesima volta che anch’io sono stato un embrione, oltre tutto sbagliando il periodo storico nel quale questo orrido evento si è determinato. Un secondo censore dei miei scritti ha elencato sull’Avvenire una serie di commenti, presi da un mio libro, molto enfatici nei confronti della vita nascente, ma si è dimenticato di andarsi a leggere la fine del capitolo, là dove dichiaro (riassumo) che sono tutte stronzate. Una grande affermazione della ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali è stata scambiata per un successo delle vigorose schiere dei ricercatori cattolici. Nessuno ha avuto il coraggio di affrontare il problema delle continue divergenze che si verificano all’interno dell’ex monolitico mondo cattolico nei riguardi dell’inizio della vita personale (cito ad esempio l’appoggio dei vescovi irlandesi all’ipotesi detta del personalismo relazionale, ben diversa da quella vaticana). E poi rileggetevi quanto è stato scritto su eutanasia, testamento biologico, famiglie di fatto, è ditemi se avete mai letto cose altrettanto puerili, incongrue, inaccettabili da ogni punto di vista: mi viene in mente il primo giornale al quale ho collaborato, si chiamava Sotto il bel campanile e il mio insegnante di lettere ci trovò più di 50 errori di ortografia.
Dunque, la magistratura dà ragione al buon senso e il mondo cattolico affida la difesa delle sue posizioni più arretrate e dogmatiche a un piccolo manipolo di scalzacani sciamannati, con l’unica eccezione di Francesco D’Agostino che, però, teorizza molto e quando deve scendere sul terreno della concretezza sembra quasi vergognarsene un po’. Mi viene in mente Ramazzotto dei Ramazzotti che diceva che «quando i mercenari che vengono a proporsi per il soldo diventano sempre più piccoli... è ora di cambiare bandiera». Mi chiedo allora: non sarà ora di mettere da parte i «non possum» (basta con il plurale di maestà!) e cominciare a dialogare, alla ricerca di soluzioni mediate? Che vantaggio può trarre dal passare del tempo chiunque decida di arroccarsi su posizioni ossificate e antistoriche, in un mondo che sembra sempre meno disponibile a lasciare che sulle regole della sua esistenza abbia l’ultima parola la metafisica, in un mondo che comunque la pensiate cammina sempre più spedito, e cambia, e non vuol più sentir parlare del passato?
La legge 40 può essere un primo importante terreno sul quale far incontrare laici e cattolici, alla ricerca di soluzioni condivise. I punti da discutere sono noti: le diagnosi genetiche pre-impiantatorie, per le quali si potrebbe proporre di far stabilire le regole dai genetisti, che certamente saprebbero dettarci un breve elenco di malattie ereditarie responsabili di trasformare una vita in un grumo inestricabile di sofferenza e di dolore. Il secondo argomento da esaminare dovrebbe essere quello delle donazioni di gameti, un problema che deve essere considerato comunque urgente, tenendo anche conto del grande numero di coppie che sta lasciando l’Italia per cercare altrove quello che la legge 40 vieta. Se ragioniamo su un concetto di genitorialità diverso da quello genetico e accettiamo il principio che si possa essere madre (o, nello stesso modo, padre) sulla base di una semplice promessa: sono responsabile della tua felicità, e se si applicano alla donazione di gameti le stesse regole che sono state scelte per chi vuole adottare un bambino, siamo proprio certi che non riusciremmo a trovare una soluzione di compromesso? E perché non provare a discutere dello statuto ontologico dell’embrione prendendo come base di partenza la definizione accettata da alcuni Paesi europei che (come la Germania e la Svizzera) ritengono che esista una fase pre-embrionale, corrispondente al periodo in cui il patrimonio genetico del padre e quello della madre sono ancora divisi? E, infine, perché non affidare a una commissione formata da scienziati europei il compito di giudicare dal punto di vista tecnico l’effetto che la legge 40 ha avuto sulle nostre coppie, almeno per quanto riguarda risultati e complicazioni, e cercare così di capire se esiste veramente qualcosa che deve essere modificato? Credo che se questa prima esperienza avesse successo si potrebbero affrontare con molte maggiori speranze gli altri temi “sensibili”, quali certamente sono quello del testamento biologico e quello delle famiglie di fatto.
Come sempre, ma sono vecchio, disilluso e cinico, ho poche speranze e prevedo che la risposta a questo articolo verrà affidata ai quattro soliti incapaci che mi seppelliranno di “principi di precauzione” e di “pendii scivolosi”. Ah, dimenticavo, mi ricorderanno ancora una volta che 75 anni fa sono stato embrione anch’io. Posso almeno insistere sul fatto che sono diventato “persona” solo quando mi sono iscritto al sindacato?