La Bibbia dei teo-dem
La Stampa del 5 marzo 2007, pag. 36
di Franco Garelli
Non è un tempo facile quello che stanno vivendo i teo-dem, l'ultima formazione politica di matrice cattolica nata sul successo dell'astensione al referendum sulla procreazione assistita del 2005. Si tratta di 25-30 parlamentari e amministratori locali di forte ispirazione religiosa, che appartengono alla Margherita ma che di fatto sembrano avere il cuore «altrove». C'è chi li considera le brigate che il cardinal Ruini avrebbe collocato nel centro-sinistra per difendere i valori cattolici nel polo più «laico» della politica italiana; altri li ritengono un gruppo ibrido, per la velleità di fare un discorso progressista sui temi cari ai teo-con americani. Sia da destra che da sinistra sono guardati con un mix di attenzione e di sospetto, anche da parte di cattolici doc di lungo corso. Proprio due giorni fa, Rosy Bindi li ha accusati di aver usato l'arma dei Dico per affossare Prodi e il partito democratico, «per passare a maggioranze diverse».
Loro, i teo-dem, respingono le critiche e vanno per la loro strada. Che non è ancora ben definita, ma che ha alcune stelle polari: anzitutto la forza di un'area cattolica di base che non ha adeguata rappresentanza politica, ma che costituisce una ricchezza del Paese; inoltre, aver individuato nei temi della vita e della bioetica la nuova frontiera della questione sociale. Come credenti, hanno antenne ben sintonizzate con la gerarchia cattolica, ma nella ferma convinzione che spetti al laicato impegnato in politica tradurre i grandi principi della dottrina cristiana nelle scelte pratiche. Oggi hanno un nuovo manifesto del loro credo politico, nel volume Uposto dei cattolici in uscita da Einaudi. L'ha scritto Luigi Bobba che, insieme a Paola Binetti, Marco Calgaro ed Enzo Carra, è tra i promotori di questa nuova corrente di impegno pubblico. Si tratta di un libro a un tempo autobiografico e programmatico.
Bobba è un piemontese di Cigliano, che anche nel fisico da contadino mancato da l'impressione della concretezza della terra da cui proviene. Di lui colpisce lo sguardo buono e un pensiero che si sviluppa lento ma incisivo. È del tutto evidente che la «modernità liquida» di cui parla nel libro per descrivere la società attuale è qualcosa che non gli appartiene, forse l'unico vezzo letterario che si concede per non essere da meno nel dibattito pubblico. Bobba ha vissuto la sua giovinezza nei vivaci e controversi anni Settanta, animando il foglio Acido solforico del suo liceo classico, organizzando cineforum, impegnandosi nel collettivo dei giovani democratici della zona. A 18 anni esce per la prima volta dai confini della sua parrocchia, attratto da due grandi comunità monastiche, prima Taizè e poi Bose, che gli aprono il cuore e lo spirito. Questa tensione lo spinge a un maggior impegno nelle Acli. Sarà questo il trampolino di lancio che lo porterà a Roma, dove sarà chiamato nel tempo a ricoprire importanti incarichi, prima come segretario di Gioventù aclista, in seguito come Presidente delle Acli dal '98 al 2006. Da responsabile di questa grande organizzazione si è sempre speso per favorire un maggior dialogo con la chiesa e per riscoprire la «distinzione cristiana». L'intento non è mai stato di alzare gli steccati, quanto di affermare un modo nuovo dei cattolici di stare in politica.
Siamo al cuore della sfida dei teo-dem. C'è in Italia una grande allergia al fatto che i cattolici si pronuncino in quanto tali sui temi politici e sociali. Finita la De, c'è paura di vedere riuniti i cattolici attorno a qualche obiettivo politico; e ciò soprattutto a sinistra, dove molti pensano di avere un'esclusiva. I teo-dem non ci stanno a lasciarsi confinare nell'angolo e lottano con forza contro due derive oggi prevalenti. Anzitutto, contro l'idea che i temi della vita, della famiglia e della scuola siano monopolio della destra e che possano essere trattati solo in una prospettiva di conservazione. I cattolici non sono necessariamente dei moderati. Già Paolo VI invitava i cristiani a essere degli scompaginatori della stagnazione, non dei condannati alla moderazione. Spetta ai cattolici far sentire alta la loro voce per coniugare i diritti individuali con le responsabilità sociali; e ciò mentre molta sinistra sembra succube di posizioni radical-libertarie in fatto di etica e di costumi.
L'altra deriva contro cui i teo-dem combattono è la riduzione del cristianesimo a religione civile. Con ciò essi non intendono chiudere la bocca agli atei devoti, che pur sostengono da posizioni laiche i valori religiosi. Ma prendere le distanze da quanti, nel richiamare i valori della tradizione, fanno della fede più una religione d'ordine che un principio di conversione. Per i teo-dem, dunque, il «posto dei cattolici» è farsi carico della questione antropologica nel dibattito pubblico, soprattutto nel centro-sinistra in cui sono collocati, ma anche nella destra sensibile a questi temi. Il richiamo alla distinzione non implica però il ritorno a un partito cristiano. Non si rinuncia al dialogo, ma sui temi eticamente sensibili è bene mantenere ferme le posizioni. Sulle questioni vitali è anche possibile far emergere un bipolarismo etico che scompagini gli equilibri politici di sempre.
Ecco servito il manifesto dei teo-dem, che sembra comunque più una carta dei valori che un vero progetto politico. Come queste istanze possano essere difese e proposte in una società pluralistica, come passare dai principi alla concreta mediazione politica, è un'altra pagina che deve ancora essere scritta.
La Stampa del 5 marzo 2007, pag. 36
di Franco Garelli
Non è un tempo facile quello che stanno vivendo i teo-dem, l'ultima formazione politica di matrice cattolica nata sul successo dell'astensione al referendum sulla procreazione assistita del 2005. Si tratta di 25-30 parlamentari e amministratori locali di forte ispirazione religiosa, che appartengono alla Margherita ma che di fatto sembrano avere il cuore «altrove». C'è chi li considera le brigate che il cardinal Ruini avrebbe collocato nel centro-sinistra per difendere i valori cattolici nel polo più «laico» della politica italiana; altri li ritengono un gruppo ibrido, per la velleità di fare un discorso progressista sui temi cari ai teo-con americani. Sia da destra che da sinistra sono guardati con un mix di attenzione e di sospetto, anche da parte di cattolici doc di lungo corso. Proprio due giorni fa, Rosy Bindi li ha accusati di aver usato l'arma dei Dico per affossare Prodi e il partito democratico, «per passare a maggioranze diverse».
Loro, i teo-dem, respingono le critiche e vanno per la loro strada. Che non è ancora ben definita, ma che ha alcune stelle polari: anzitutto la forza di un'area cattolica di base che non ha adeguata rappresentanza politica, ma che costituisce una ricchezza del Paese; inoltre, aver individuato nei temi della vita e della bioetica la nuova frontiera della questione sociale. Come credenti, hanno antenne ben sintonizzate con la gerarchia cattolica, ma nella ferma convinzione che spetti al laicato impegnato in politica tradurre i grandi principi della dottrina cristiana nelle scelte pratiche. Oggi hanno un nuovo manifesto del loro credo politico, nel volume Uposto dei cattolici in uscita da Einaudi. L'ha scritto Luigi Bobba che, insieme a Paola Binetti, Marco Calgaro ed Enzo Carra, è tra i promotori di questa nuova corrente di impegno pubblico. Si tratta di un libro a un tempo autobiografico e programmatico.
Bobba è un piemontese di Cigliano, che anche nel fisico da contadino mancato da l'impressione della concretezza della terra da cui proviene. Di lui colpisce lo sguardo buono e un pensiero che si sviluppa lento ma incisivo. È del tutto evidente che la «modernità liquida» di cui parla nel libro per descrivere la società attuale è qualcosa che non gli appartiene, forse l'unico vezzo letterario che si concede per non essere da meno nel dibattito pubblico. Bobba ha vissuto la sua giovinezza nei vivaci e controversi anni Settanta, animando il foglio Acido solforico del suo liceo classico, organizzando cineforum, impegnandosi nel collettivo dei giovani democratici della zona. A 18 anni esce per la prima volta dai confini della sua parrocchia, attratto da due grandi comunità monastiche, prima Taizè e poi Bose, che gli aprono il cuore e lo spirito. Questa tensione lo spinge a un maggior impegno nelle Acli. Sarà questo il trampolino di lancio che lo porterà a Roma, dove sarà chiamato nel tempo a ricoprire importanti incarichi, prima come segretario di Gioventù aclista, in seguito come Presidente delle Acli dal '98 al 2006. Da responsabile di questa grande organizzazione si è sempre speso per favorire un maggior dialogo con la chiesa e per riscoprire la «distinzione cristiana». L'intento non è mai stato di alzare gli steccati, quanto di affermare un modo nuovo dei cattolici di stare in politica.
Siamo al cuore della sfida dei teo-dem. C'è in Italia una grande allergia al fatto che i cattolici si pronuncino in quanto tali sui temi politici e sociali. Finita la De, c'è paura di vedere riuniti i cattolici attorno a qualche obiettivo politico; e ciò soprattutto a sinistra, dove molti pensano di avere un'esclusiva. I teo-dem non ci stanno a lasciarsi confinare nell'angolo e lottano con forza contro due derive oggi prevalenti. Anzitutto, contro l'idea che i temi della vita, della famiglia e della scuola siano monopolio della destra e che possano essere trattati solo in una prospettiva di conservazione. I cattolici non sono necessariamente dei moderati. Già Paolo VI invitava i cristiani a essere degli scompaginatori della stagnazione, non dei condannati alla moderazione. Spetta ai cattolici far sentire alta la loro voce per coniugare i diritti individuali con le responsabilità sociali; e ciò mentre molta sinistra sembra succube di posizioni radical-libertarie in fatto di etica e di costumi.
L'altra deriva contro cui i teo-dem combattono è la riduzione del cristianesimo a religione civile. Con ciò essi non intendono chiudere la bocca agli atei devoti, che pur sostengono da posizioni laiche i valori religiosi. Ma prendere le distanze da quanti, nel richiamare i valori della tradizione, fanno della fede più una religione d'ordine che un principio di conversione. Per i teo-dem, dunque, il «posto dei cattolici» è farsi carico della questione antropologica nel dibattito pubblico, soprattutto nel centro-sinistra in cui sono collocati, ma anche nella destra sensibile a questi temi. Il richiamo alla distinzione non implica però il ritorno a un partito cristiano. Non si rinuncia al dialogo, ma sui temi eticamente sensibili è bene mantenere ferme le posizioni. Sulle questioni vitali è anche possibile far emergere un bipolarismo etico che scompagini gli equilibri politici di sempre.
Ecco servito il manifesto dei teo-dem, che sembra comunque più una carta dei valori che un vero progetto politico. Come queste istanze possano essere difese e proposte in una società pluralistica, come passare dai principi alla concreta mediazione politica, è un'altra pagina che deve ancora essere scritta.