domenica 23 dicembre 2007

Se la Chiesa sfida la Costituzione

Se la Chiesa sfida la Costituzione

La Repubblica del 14 febbraio 2007, pag. 1

di Stefano Rodotà

E’ ormai evidente che le gerarchie ecclesiastiche hanno deciso di collocare i loro interventi e le loro iniziative in una dimen­sione che va ben al di là del legittimo esercizio della libertà d'espressione e dell'altrettanto legittimo esercizio del loro magistero. Giudicano i nostri tempi con una drammaticità che fa loro conclu­dere che solo una presenza diretta, non tanto nella società, ma nel­la sfera propriamente politica, può rendere possibile il raggiungi­mento dei loro obiettivi. E così espongono anche i loro comporta­menti ad un giudizio analogo a quello che dev'essere pronunciato sull'azione di qualsiasi soggetto politico.



Benedetto XVI ha affer­mato in modo perentorio che «nessuna legge può sovvertire la norma del Creatore senza rendere precario il futuro della società con leggi in netto contrasto con il diritto natura­le». Ed ha aggiunto che non si possono ignorare «norme inde­rogabili e cogenti che non di­pendono dalla volontà del legi­slatore o dal consenso degli Sta­ti, ma precedono la legge umana e per questo non ammettono deroghe da parte di nessuno». Di rincalzo, il Presidente della Commissione Episcopale Italia­na, il cardinale Camino Ruini, da almeno dieci anni protagonista indiscusso del corso politico della Chiesa, ha annunciato una nota ufficiale con la quale verrà indicato il modo in cui i cattolici, e i parlamentari in primo luogo, dovranno comportarsi di fronte al disegno di legge sui "diritti e doveri delle persone stabilmen­te conviventi", i cosiddetti "Di­co". Così, in un colpo solo, viene aperto un conflitto con il Gover­no, affermata la sovranità limi­tata del Parlamento, azzerata la Costituzione.



Le parole sono chiare. Se nes­suna legge può sovvertire la norma indicata dal Creatore per la famiglia, la legittima approva­zione del disegno di legge sui Di­co diviene un atto "sovversivo" del Governo. Se i parlamentari cattolici devono votare secondo le indicazioni della Chiesa, viene cancellata la norma costitu­zionale che prevede la loro li­bertà da ogni "vincolo di mandato" e l'autonomia e la sovra­nità del Parlamento devono ce­dere di fronte ad istruzioni pro­venienti da autorità esterne. Se non sono ammesse leggi che non corrispondono al diritto na­turale, la tavola dei valori non è più quella che si ritrova nella Costituzione, ma quella indicata da una legge naturale i cui con­tenuti sono definiti esclusivamente dalla Chiesa.



Il crescendo dei toni e delle iniziative, nell'ultimo periodo soprattutto, rendevano preve­dibile questa conclusione, peraltro annunciata dal "Non possumus" proclamato qualche giorno fa. Viene così clamorosa­mente confermata l'analisi che aveva colto nella linea della Chiesa l'intento di realizzare molto di più di un provvisorio al­lineamento della politica su una particolare posizione definita dalle gerarchie ecclesiastiche, di cui i parlamentari cattolici divenivano il braccio secolare. L'o­biettivo era ed è assai più ambi­zioso: una vera "revisione costi­tuzionale", volta a sostituire il patto tra i cittadini fondato sulla Costituzione repubblicana con un vincolo derivante dalla gerar-chia di valori fissata una volta per tutte dalla Chiesa attraverso una sua versione autoritaria del diritto naturale (non dimenti­chiamo, infatti, che il diritto na­turale conosce anche molte al­tre versioni, comprese quelle che non prevedono proprio la famiglia tra le istituzioni discen­denti da tale diritto). Viene così travolto anche l'articolo 7 della Costituzione che, disciplinando i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, stabilisce che questi due enti so -no, "ciascuno nel proprio ordi­ne", "indipendenti e sovrani". Nel momento in cui la Chiesa proclama che vi sono "norme inderogabili e cogenti" che non possono essere affidate alla volontà del legislatore, nega in queste materie l'autonomia e l'indipendenza dello Stato e so­stituisce la propria sovranità a quella delle istituzioni pubbli­che. Il patto costituzionale tra Chiesa e Stato viene infranto, quasi denunciato unilateralmente.


Questo è il quadro istituziona­le e politico disegnato con asso­luta nettezza dai molti interven­ti vaticani. Un quadro di rotture e di conflitti, davvero sovversivo delle regole costituzionali, con una delegittimazione a tutto campo delle iniziative di Gover­no e Parlamento che trasgredi­scano ciò che la Chiesa, unilate­ralmente, stabilisce come "in­derogabile e cogente". Sapran­no le istituzioni dello Stato ren­dersi conto di quel che sta acca­dendo? Non devono ritrovare solo l'orgoglio della propria funzione, ma il senso profondo della loro missione, la stessa loro ragion d'essere,che ne fa il luogo di tutti i cittadini, credenti e non credenti, comunque liberi e de­gni d'essere rispettati in ogni lo­ro convinzione, e in ogni caso fe­deli, come devono essere, alla Costituzione e ai suoi valori.