domenica 23 dicembre 2007

Portogallo, la Chiesa in allarme dopo la sconfitta sull'aborto

Portogallo, la Chiesa in allarme dopo la sconfitta sull'aborto

La Repubblica del 13 febbraio 2007, pag. 27

di Alessandro Oppes

Una pausa di rifles­sione lunga cinque giorni. La preoccupazione della Chiesa portoghese per il risultato del re­ferendum sull'aborto verrà an­nunciata e spiegata in modo so­lenne solo venerdì prossimo, al termine di un ritiro spirituale dei vescovi che si è aperto ieri matti­na in uno dei luoghi simbolo del cattolicesimo: Fatima. Il silenzio della gerarchia, rotto solo da qualche dichiarazione pronun­ciata a titolo personale, non è passato inosservato.



Il cardinale patriarca di Lisbo­na, José Policarpo, aveva già anti­cipato una settimana fa che la Chiesa non si muove ai ritmi del­la politica, considerando il quesito referendario come «una pres­sione illegittima sulla coscienza di ogni persona». Ma la Conferenza episcopale, pur lasciando alla piattaforma «no grazie» l'onere della battaglia contro la depena­lizzazione, ha dato un'indicazio­ne chiara di voto, uscita pesante­mente bocciata dalle urne. Tanto che ieri il quotidiano Publico par­lava della «più grande sconfitta della Chiesa cattolica in Portogallo dal momento del ristabilimen­to della democrazia».



Lo stesso portavoce della Con­ferenza episcopale, Ilidio Lean­dro, ha ammesso che era dagli anni Sessanta che non si assisteva a una mobilitazione così massiccia da parte della Chiesa portoghese. Un impegno legato a un principio sul quale la gerarchia non è di­sponibile a cambiare la propria posizione di un solo millimetro: il «no» alla pratica dell'aborto. Ma lo stesso Leandro, che è vescovo di Viseu, due settimane prima del voto aveva dichiarato tra la sor­presa di alcuni settori dell'epi­scopato che avrebbe votato «sì» se il quesito avesse riguardato so­lo l'abolizione della pena del car­cere per le donne che abortisco­no. «Nessuna donna decide l'in­terruzione della gravidanza per leggerezza o per volontà propria: è una vittima della società».


Proprio questo è stato il tema centrale di dibattito all'interno del mondo cattolico: il fatto che il successo del «no» potesse perpe­tuare l'ingiustizia della carcera­zione per le donne che si trovano in condizioni di dover abortire, ha favorito la nascita di un movi­mento di dissidenza nei confron­ti delle posizioni ufficiali della ge­rarchia. Per il «sì» si sono schiera­te le donne del gruppo «Nós somos Igreja», noi siamo Chiesa, convinte che all'interno delle isti­tuzioni ecclesiastiche esistano ancora posizioni discriminatrici nei confronti del sesso femmini­le. Cattoliche, ma deluse e preoccupate per i «messaggi minaccio­si nei confronti della coscienza individuale» diffusi da un'istitu­zione «diretta esclusivamente da uomini celibatari». Gli esempi non sono mancati. Nonostante la gerarchia ecclesiastica, soprat­tutto per volontà del patriarca Policarpo, avesse dato indicazio­ne di evitare, nel corso della cam­pagna referendaria, le argomentazioni più radicali, c'è chi ha preferito ricorrere ai tradizionali to­ni apocalittici. Come padre Tarsicio Alves, parroco di Castelo de Vide: alla vigilia del voto, dal pul­pito della sua chiesa ha promesso ai fedeli che stessero pensando di votare «sì» una «scomunica immediata».