Portogallo, la Chiesa in allarme dopo la sconfitta sull'aborto
La Repubblica del 13 febbraio 2007, pag. 27
di Alessandro Oppes
Una pausa di riflessione lunga cinque giorni. La preoccupazione della Chiesa portoghese per il risultato del referendum sull'aborto verrà annunciata e spiegata in modo solenne solo venerdì prossimo, al termine di un ritiro spirituale dei vescovi che si è aperto ieri mattina in uno dei luoghi simbolo del cattolicesimo: Fatima. Il silenzio della gerarchia, rotto solo da qualche dichiarazione pronunciata a titolo personale, non è passato inosservato.
Il cardinale patriarca di Lisbona, José Policarpo, aveva già anticipato una settimana fa che la Chiesa non si muove ai ritmi della politica, considerando il quesito referendario come «una pressione illegittima sulla coscienza di ogni persona». Ma la Conferenza episcopale, pur lasciando alla piattaforma «no grazie» l'onere della battaglia contro la depenalizzazione, ha dato un'indicazione chiara di voto, uscita pesantemente bocciata dalle urne. Tanto che ieri il quotidiano Publico parlava della «più grande sconfitta della Chiesa cattolica in Portogallo dal momento del ristabilimento della democrazia».
Lo stesso portavoce della Conferenza episcopale, Ilidio Leandro, ha ammesso che era dagli anni Sessanta che non si assisteva a una mobilitazione così massiccia da parte della Chiesa portoghese. Un impegno legato a un principio sul quale la gerarchia non è disponibile a cambiare la propria posizione di un solo millimetro: il «no» alla pratica dell'aborto. Ma lo stesso Leandro, che è vescovo di Viseu, due settimane prima del voto aveva dichiarato tra la sorpresa di alcuni settori dell'episcopato che avrebbe votato «sì» se il quesito avesse riguardato solo l'abolizione della pena del carcere per le donne che abortiscono. «Nessuna donna decide l'interruzione della gravidanza per leggerezza o per volontà propria: è una vittima della società».
Proprio questo è stato il tema centrale di dibattito all'interno del mondo cattolico: il fatto che il successo del «no» potesse perpetuare l'ingiustizia della carcerazione per le donne che si trovano in condizioni di dover abortire, ha favorito la nascita di un movimento di dissidenza nei confronti delle posizioni ufficiali della gerarchia. Per il «sì» si sono schierate le donne del gruppo «Nós somos Igreja», noi siamo Chiesa, convinte che all'interno delle istituzioni ecclesiastiche esistano ancora posizioni discriminatrici nei confronti del sesso femminile. Cattoliche, ma deluse e preoccupate per i «messaggi minacciosi nei confronti della coscienza individuale» diffusi da un'istituzione «diretta esclusivamente da uomini celibatari». Gli esempi non sono mancati. Nonostante la gerarchia ecclesiastica, soprattutto per volontà del patriarca Policarpo, avesse dato indicazione di evitare, nel corso della campagna referendaria, le argomentazioni più radicali, c'è chi ha preferito ricorrere ai tradizionali toni apocalittici. Come padre Tarsicio Alves, parroco di Castelo de Vide: alla vigilia del voto, dal pulpito della sua chiesa ha promesso ai fedeli che stessero pensando di votare «sì» una «scomunica immediata».
La Repubblica del 13 febbraio 2007, pag. 27
di Alessandro Oppes
Una pausa di riflessione lunga cinque giorni. La preoccupazione della Chiesa portoghese per il risultato del referendum sull'aborto verrà annunciata e spiegata in modo solenne solo venerdì prossimo, al termine di un ritiro spirituale dei vescovi che si è aperto ieri mattina in uno dei luoghi simbolo del cattolicesimo: Fatima. Il silenzio della gerarchia, rotto solo da qualche dichiarazione pronunciata a titolo personale, non è passato inosservato.
Il cardinale patriarca di Lisbona, José Policarpo, aveva già anticipato una settimana fa che la Chiesa non si muove ai ritmi della politica, considerando il quesito referendario come «una pressione illegittima sulla coscienza di ogni persona». Ma la Conferenza episcopale, pur lasciando alla piattaforma «no grazie» l'onere della battaglia contro la depenalizzazione, ha dato un'indicazione chiara di voto, uscita pesantemente bocciata dalle urne. Tanto che ieri il quotidiano Publico parlava della «più grande sconfitta della Chiesa cattolica in Portogallo dal momento del ristabilimento della democrazia».
Lo stesso portavoce della Conferenza episcopale, Ilidio Leandro, ha ammesso che era dagli anni Sessanta che non si assisteva a una mobilitazione così massiccia da parte della Chiesa portoghese. Un impegno legato a un principio sul quale la gerarchia non è disponibile a cambiare la propria posizione di un solo millimetro: il «no» alla pratica dell'aborto. Ma lo stesso Leandro, che è vescovo di Viseu, due settimane prima del voto aveva dichiarato tra la sorpresa di alcuni settori dell'episcopato che avrebbe votato «sì» se il quesito avesse riguardato solo l'abolizione della pena del carcere per le donne che abortiscono. «Nessuna donna decide l'interruzione della gravidanza per leggerezza o per volontà propria: è una vittima della società».
Proprio questo è stato il tema centrale di dibattito all'interno del mondo cattolico: il fatto che il successo del «no» potesse perpetuare l'ingiustizia della carcerazione per le donne che si trovano in condizioni di dover abortire, ha favorito la nascita di un movimento di dissidenza nei confronti delle posizioni ufficiali della gerarchia. Per il «sì» si sono schierate le donne del gruppo «Nós somos Igreja», noi siamo Chiesa, convinte che all'interno delle istituzioni ecclesiastiche esistano ancora posizioni discriminatrici nei confronti del sesso femminile. Cattoliche, ma deluse e preoccupate per i «messaggi minacciosi nei confronti della coscienza individuale» diffusi da un'istituzione «diretta esclusivamente da uomini celibatari». Gli esempi non sono mancati. Nonostante la gerarchia ecclesiastica, soprattutto per volontà del patriarca Policarpo, avesse dato indicazione di evitare, nel corso della campagna referendaria, le argomentazioni più radicali, c'è chi ha preferito ricorrere ai tradizionali toni apocalittici. Come padre Tarsicio Alves, parroco di Castelo de Vide: alla vigilia del voto, dal pulpito della sua chiesa ha promesso ai fedeli che stessero pensando di votare «sì» una «scomunica immediata».