La Chiesa che proibisce
La Repubblica del 14 marzo 2007, pag. 1
di Giuseppe Alberigo
Il documento pubblicato oggi dalla Santa Sede porta la firma di Benedetto XVI e si presenta come una sintesi degli orientamenti espressi dal Sinodo dei Vescovi, celebrato qualche mese fa. Vi sono investiti molti e complessi aspetti della vita della Chiesa, quasi tutti oggetto di vivo dibattito dentro e fuori il cattolicesimo. Per l'autorevolezza del testo e per la varietà dei problemi trattati esso impone un'analisi approfondita, adeguata alla lunga gestazione che ['«esortazione» ha avuto.
A una prima lettura, anzitutto non ci si può non chiedere in quale misura questo testo rispecchi effettivamente le posizioni espresse nel Sinodo, che comprendeva prelati di tutto il mondo, inevitabilmente portatori di esperienze diverse e di orientamenti differenziati.
In secondo luogo ci si interroga sull'accoglienza che potrà avere da parte dei comuni credenti e del clero in cura d'anime. È infatti noto che molti dei comportamenti censurati dal Papa sono praticati dalla grande maggioranza dei fedeli (ad esempio a proposito dell'esclusione dei divorziati dai sacramenti), anche di quelli "impegnati", né vengono censurati dal clero. Il pensiero va all'infausto esito di un atto per tanti aspetti analogo, l'enciclica "Humanae vitae" di Paolo VI, che ha conosciuto un rifiuto generalizzato in tutta la cattolicità.
Naturalmente è facile prevedere anche che ci saranno ambienti di "teo-con" impegnati a valorizzare questi orientamenti che sembrano andare tutti, sia pure in diversa misura, in direzione del rafforzamento della funzione conservatrice che la Chiesa cattolica svolge in parecchie società contemporanee.
Ma i consiglieri del Santo Padre si sono interrogati sull'impatto pastorale di un atto come questo? Sono sicuri che esso non introduca germi di dissoluzione piuttosto che di rafforzamento nel corpo ecclesiale? È ovvio che non tutto va in modo soddisfacente nella Chiesa cattolica, ma è proprio l'aspetto etico il più carente e dolente? O non é piuttosto l'appannarsi della trasparenza evangelica, che rende arduo a tanti riconoscere il Cristo e il suo annuncio al di là della corposa presenza del corpo ecclesiastico?
L'esortazione ha una portata generale e non focalizza direttamente nessun problema italiano. Tuttavia non si può ignorare la parte che tocca nuovamente, dopo le discussioni delle ultime settimane, i comportamenti di legislatori di fede cattolica. Opportunamente il testo papale li esorta a essere «consapevoli della loro grave responsabilità sociale» e aggiunge che «devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana». È un richiamo opportuno, anche se un po' pleonastico, dato che i legislatori sono sempre maggiorenni e come dubitare che la loro coscienza non li guidi? Mi sembra arduo indicare parlamentari credenti — in Italia o altrove — che non obbediscano alla loro coscienza, talora anche incontrando difficoltà esterne e lacerazioni interiori. Questi cristiani non meritano maggiore fiducia e simpatia? A prima vista un lettore sprovveduto potrebbe vederli come dei peccatori incalliti! Comunque si è ben lontani dalle minacce ventilate meno di un mese fa dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana.
Queste riflessioni non possono essere scambiate — se non in mala fede — come un invito alla Chiesa e ai suoi Pastori a tacere. È bene e sano che si parli e si esprimano convinzioni tanto autorevoli. È tuttavia incerto che la chiave «negativa» delle proibizioni sia la più convincente e la più adeguata a comunicare l'annuncio evangelico.
La Repubblica del 14 marzo 2007, pag. 1
di Giuseppe Alberigo
Il documento pubblicato oggi dalla Santa Sede porta la firma di Benedetto XVI e si presenta come una sintesi degli orientamenti espressi dal Sinodo dei Vescovi, celebrato qualche mese fa. Vi sono investiti molti e complessi aspetti della vita della Chiesa, quasi tutti oggetto di vivo dibattito dentro e fuori il cattolicesimo. Per l'autorevolezza del testo e per la varietà dei problemi trattati esso impone un'analisi approfondita, adeguata alla lunga gestazione che ['«esortazione» ha avuto.
A una prima lettura, anzitutto non ci si può non chiedere in quale misura questo testo rispecchi effettivamente le posizioni espresse nel Sinodo, che comprendeva prelati di tutto il mondo, inevitabilmente portatori di esperienze diverse e di orientamenti differenziati.
In secondo luogo ci si interroga sull'accoglienza che potrà avere da parte dei comuni credenti e del clero in cura d'anime. È infatti noto che molti dei comportamenti censurati dal Papa sono praticati dalla grande maggioranza dei fedeli (ad esempio a proposito dell'esclusione dei divorziati dai sacramenti), anche di quelli "impegnati", né vengono censurati dal clero. Il pensiero va all'infausto esito di un atto per tanti aspetti analogo, l'enciclica "Humanae vitae" di Paolo VI, che ha conosciuto un rifiuto generalizzato in tutta la cattolicità.
Naturalmente è facile prevedere anche che ci saranno ambienti di "teo-con" impegnati a valorizzare questi orientamenti che sembrano andare tutti, sia pure in diversa misura, in direzione del rafforzamento della funzione conservatrice che la Chiesa cattolica svolge in parecchie società contemporanee.
Ma i consiglieri del Santo Padre si sono interrogati sull'impatto pastorale di un atto come questo? Sono sicuri che esso non introduca germi di dissoluzione piuttosto che di rafforzamento nel corpo ecclesiale? È ovvio che non tutto va in modo soddisfacente nella Chiesa cattolica, ma è proprio l'aspetto etico il più carente e dolente? O non é piuttosto l'appannarsi della trasparenza evangelica, che rende arduo a tanti riconoscere il Cristo e il suo annuncio al di là della corposa presenza del corpo ecclesiastico?
L'esortazione ha una portata generale e non focalizza direttamente nessun problema italiano. Tuttavia non si può ignorare la parte che tocca nuovamente, dopo le discussioni delle ultime settimane, i comportamenti di legislatori di fede cattolica. Opportunamente il testo papale li esorta a essere «consapevoli della loro grave responsabilità sociale» e aggiunge che «devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana». È un richiamo opportuno, anche se un po' pleonastico, dato che i legislatori sono sempre maggiorenni e come dubitare che la loro coscienza non li guidi? Mi sembra arduo indicare parlamentari credenti — in Italia o altrove — che non obbediscano alla loro coscienza, talora anche incontrando difficoltà esterne e lacerazioni interiori. Questi cristiani non meritano maggiore fiducia e simpatia? A prima vista un lettore sprovveduto potrebbe vederli come dei peccatori incalliti! Comunque si è ben lontani dalle minacce ventilate meno di un mese fa dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana.
Queste riflessioni non possono essere scambiate — se non in mala fede — come un invito alla Chiesa e ai suoi Pastori a tacere. È bene e sano che si parli e si esprimano convinzioni tanto autorevoli. È tuttavia incerto che la chiave «negativa» delle proibizioni sia la più convincente e la più adeguata a comunicare l'annuncio evangelico.