mercoledì 5 dicembre 2007

In difesa del laicismo

dal sito:
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=3852&ID_sezione=&sezione=
In difesa del laicismo
FERNANDO SAVATER

Inostri vescovi sostengono che, in Spagna, sia in atto un’«offensiva laicista»: si tratta di un’affermazione che suona, più o meno, come se i birmani protestassero perché nel loro Paese si sta verificando «un’offensiva democratica». Forse farebbero bene a seguire in rete l’interessante dibattito sul secolarismo avviato da Paolo Flores D’Arcais nel quale, da alcune settimane, si registrano interventi di pensatori del calibro di Thomas Nagel, Daniel Dennet, Sam Harris o Roberta De Monticelli. Vorrei dare un piccolo apporto a quanto essi hanno già detto.

Secondo me gli argomenti di discussione sono almeno due. Il primo, più personale: che ruolo devono giocare le credenze e i simboli religiosi nella vita intellettuale d’una persona del XX secolo? Alcuni pensano che debbano avere solo un valore molto limitato, in base anche alla cultura di questa persona: Goethe ha detto che chi ha arte e scienza ha già una religione, ma che chi non ha né arte né scienza ha bisogno d’una religione. Non sembra, in ogni caso, né onesto né motivato utilizzare «soluzioni» di tipo religioso per chiarire dubbi e perplessità relativi a temi di carattere fisico, biologico o cosmologico. Se, per «Dio», intendiamo un qualche tipo di entità soprannaturale, il suo intervento «informativo» pare ben poco utile quando si devono risolvere questioni naturali: solo un «Dio sive Natura» come quello di Spinosa - che non è un «Dio» nell’abituale senso religioso del termine - potrebbe svolgere questa funzione.

Ciò, però, non impedisce che idee o simboli religiosi tradizionali possano essere utili per riassumere ideali morali o sociali di compassione, solidarietà, giustizia, fratellanza tra uomini ecc. Credo che l’abbia chiarito assai bene George Santayana: «Le dottrine religiose farebbero bene a non pretendere d’intervenire in certe questioni concrete. Si tratta di pretese che non sono soltanto fonte dei conflitti tra religione e scienza e causa delle vuote e aspre controversie tra sette; ma sono anche causa dell’incongruenza della religione in sé quando cerca di ottenere ratifiche nella sfera della realtà dimenticando che la sua vera funzione è esprimere l’ideale» (Interpretazioni di poesia e religione).

A volte persino noi, i meno pii, proviamo il desiderio di appoggiarci a qualche riferimento simbolico religioso quando vengono ingiustamente attaccati valori che giudichiamo fondamentali: io, per esempio, l’ho provato pochi giorni fa nell’ascoltare le dichiarazioni del premio Nobel James Watson il quale garantiva che gli aiuti per lo sviluppo dell’Africa possono rivelarsi un fallimento perché non si tiene conto che gli africani sono, geneticamente, meno intelligenti della razza bianca. In casi del genere, come ha sostenuto quel libertino francese, sarei contento che esistesse l’inferno per i blasfemi... anche se la cosa mi seccherebbe.

Ma altro è l’influenza istituzionale esercitata dalla Chiesa o, meglio, dai preti, nella politica delle nostre democrazie. In questo caso credo sia necessario essere radicali, non nella difesa del secolarismo, ma in quella del laicismo. La separazione tra Chiesa e Stato dev’essere netta, soprattutto negli aspetti inerenti l’educazione. Non si deve consentire che l’influenza clericale ponga il veto a certe leggi o pretenda di orientare il curriculum scolastico degli studenti. In Spagna, oggi, si registra, a questo proposito, una forte polemica: molti genitori appartenenti a varie confessioni religiose - anche se in maggioranza si tratta di cattolici incoraggiati dalla conferenza episcopale che, qui, disgraziatamente, si muove con parecchio attivismo nelle vicende della politica a cominciare dal suo vecchio, ma ancora recente, appoggio offerto alla dittatura franchista - sostengono d’avere il diritto che i loro figli, a scuola, ricevano come unica formazione morale quella che fa riferimento alle loro dottrine.

È proprio l’opposto di ciò che io considero la funzione pubblica dei centri d’insegnamento. La mia opinione s’avvicina molto a quella di Bruce Ackerman: «Il sistema educativo nel suo complesso, assomiglia, se vogliamo, a una grande sfera. I bambini arrivano a occupare punti differenti di questa sfera, a seconda della propria cultura primaria; l’impegno consiste nell’aiutarli a esplorare il globo, così da permettere loro di cogliere i significati più importanti dei drammi che gli si verificano attorno. Al termine del viaggio il cittadino maturo ha tutto il diritto di mettersi nel punto esatto da cui è partito o di dirigersi, senza tentennamenti, a scoprire una porzione non occupata della sfera» (Social Justice in Liberal State).

Per concludere credo sia importante sottolineare che in una società democratica laica - scusate la ridondanza - chi vuole criticare le credenze religiose abbia tutto il diritto di manifestare il proprio pensiero, non in nome della libertà d’espressione, ma per rispetto alla libertà di religione. Perché della storia universale delle religioni fanno parte San Paolo, Maometto o Dante, ma anche Voltaire, Nietzsche e Freud.