giovedì 20 dicembre 2007

il diritto di chiamare i fanatici con il loro nome

Corriere della Sera 20.12.07
Usa, il diritto di chiamare i fanatici con il loro nome
La finta tolleranza
di Christopher Hitchens

Prima di perdere il senso delle proporzioni e prima che questa storia si trasformi in un tormentone, andiamo a rileggere che cosa dice esattamente l'Articolo 4 della Costituzione americana: «I senatori e i rappresentanti succitati, e i membri delle legislature degli Stati, e tutti i funzionari giudiziari ed esecutivi, sia degli Stati Uniti che degli Stati componenti, saranno vincolati da giuramento ad appoggiare questa Costituzione; ma non sarà richiesto alcun esame religioso come prerequisito per accedere a qualsiasi ufficio pubblico o amministrativo negli Stati Uniti».
Come in molti altri casi, i padri fondatori intendevano dire proprio quello che dicevano, senza sprecare una sola parola. Un candidato alle elezioni, o a una posizione nell'amministrazione pubblica, non poteva essere respinto in base alla sua fede personale in qualunque dio (o per la sua mancanza di fede). Questo chiarimento era concepito per metter fine all'odiosa pratica delle monarchie europee — spesso ancora in vigore nelle varie colonie americane — per cui se un candidato non era pronto ad affermare la Trinità, o a negare il Papato, o ad abiurare il Giudaismo (a seconda della giurisdizione), si vedeva sbarrare la strada a quella posizione pubblica o addirittura respingere la sua candidatura. Assieme alla clausola del Primo Emendamento, e al precedente Statuto della Virginia sulla libertà di religione, l'Articolo 4 è il fulgido esempio di quella prima costituzione al mondo che garantiva la libertà di culto, il pluralismo religioso e la libertà di essere lasciato in pace da preti, rabbini, mullah e altri individui di questa specie.
Tuttavia, quello che l'Articolo 4 non fa, e non era stato formulato per fare, è negarmi il diritto di dire, anche a squarciagola se così mi pare, che non voterò mai e poi mai per un retrogrado come il candidato repubblicano alle elezioni americane Mike Huckabee, che è un primate insolitamente stupido, non avendo neppure quel barlume di intelligenza per riconoscere di esserlo. Il mio diritto di avere questa opinione e di affermarla è già garantita dal Primo Emendamento. E il diritto di Huckabee di vincere le elezioni e di riempire la Casa Bianca di zoticoni al par suo non è per nulla inficiato dall'espressione delle mie convinzioni.
Pertanto, cerchiamo di sgombrare il campo dagli equivoci sul significato dell'Articolo 4. Perché se ci spingiamo troppo oltre, sembrerà che la Costituzione voglia impedire o persino criminalizzare ogni critica rivolta ai candidati teocratici alle elezioni presidenziali. Ora vi chiedo, vi sembra credibile che un articolo della Costituzione americana sia stato redatto con l'intento di impedire di dichiarare pubblicamente, liberamente e senza timore che non voterò mai per: — un candidato che ha seguito il «reverendo» Jim Jones in Guyana, dove oltre 900 seguaci si sono immolati in un suicidio di massa; — un candidato che afferma che il Papa potrebbe scomunicare gli altri candidati americani a lui contrari; — un candidato che sostiene che il Papa in questione è l'Anticristo; — un candidato che afferma che L. Ron Hubbard, fondatore della Chiesa di Scientology, era un visionario; — un candidato che dice che Joseph Smith, fondatore dei Mormoni, era un visionario; — un candidato che afferma che tutti i libri sacri sono infallibili; — un candidato già membro di Hezbollah o dei Fratelli Musulmani o della Nazione dell'Islam; — un candidato che è membro o sostenitore dell'Orange Order o del Partito unionista dell'Ulster; — un candidato che è membro o sostenitore dell'Opus Dei o del Partito falangista; — un candidato che è membro o sostenitore del Lehi o della Lega di difesa ebraica; — un candidato che è stato membro della Nazione Ariana, del Ku Klux Klan o di altre fazioni bianche e protestanti della cosiddetta «Identità Cristiana »; — un candidato che afferma che il Corano è stato dettato dall'arcangelo Gabriele.
E la lista potrebbe andare avanti.
Ora, nel dire semplicemente che un seguace di queste fedi potrebbe certamente influenzare il mio voto, certo in maniera negativa, io personalmente non sto applicando alcun «esame religioso». Per farlo, dovrei essere un legislatore o un magistrato in grado di sollecitare modifiche alla legge. E, come già sottolineato, per far questo io dovrei richiedere, e ottenere, un emendamento alla Costituzione. In breve, se mi rivolgo a un fanatico della Lega di difesa ebraica per dirgli che non voterò per lui, e lui reagisce accusandomi di non votarlo perché ebreo, che si tenga pure questa magra consolazione, ma sia lui che io abbiamo legalmente il diritto di difendere la nostra posizione.
Non è incredibile quanto sono ipocriti ed esaltati i fanatici religiosi negli Stati Uniti? Non basta la loro solenne professione di «fede» in campagna elettorale e il voler imporre il loro linguaggio a ogni cosa, dal giuramento di fedeltà alla Costituzione fino alla valuta. Non basta che possano pretendere sgravi fiscali se non addirittura sovvenzioni per qualunque cosa sia «relativa al culto». Ma quando ricevono qualche critica, per quanto blanda, per le loro opinioni assurde, ecco che strillano come se sottoposti al martirio e si atteggiano a veri e propri perseguitati.
In un profilo memorabile di Huckabee, pubblicato il 16 dicembre dal New York Times Magazine, leggiamo a firma di Zev Chafets le seguenti scempiaggini: «Oggi Huckabee ha elaborato la sua strategia politica, ma la sua campagna si basa interamente sul suo carattere cristiano. Il suo slogan, "Fede, famiglia, libertà," è stato coniato da Huckabee in persona, quando faceva il pr per il televangelista texano James Robison. Ma Huckabee non è un teocrate. E' solo fermamente convinto del potere del messaggio cristiano e della sua capacità di incarnarlo e di trasmetterlo. "Non è che vogliamo imporre a tutti la nostra religione — afferma nel suo libro Character Makes a Difference, pubblicato nel 1997 (con il titolo Character Is the Issue) e ristampato quest'anno —. Noi vogliamo piuttosto modellare la cultura e le leggi secondo una visione del mondo che riteniamo ricca di valori"». Ottimo programma, che ve ne pare? Ci credete davvero che Huckabee, che «non è un teocrate», si sia inventato da solo il suo slogan? Mentre riflettete sulle sue profonde affermazioni, vi suggerisco di andare a spulciare vita e miracoli del «televangelista texano James Robison» e di chiedervi se, nel votare contro di lui o contro il suo untuoso seguace, non sarete voi stessi ad agire o pensare in contrasto con la Costituzione.
Assegnando al suo uomo un premio per aver eseguito lo stesso trucchetto mediatico che gli era riuscito in passato, Chafets conclude dicendo che «Huckabee è un maestro nel conquistare il pubblico laico». Questa menzogna palese si trasforma in una mezza verità solo se ci saranno abbastanza sciocchi pronti a crederla.
Un vecchio trucco della propaganda consiste nell'insinuare, e nell'insinuare insistentemente, che sono i nemici dell'intolleranza religiosa a essere i veri intolleranti. E' questo il sistema per screditare, e infine per demolire, la linea di demarcazione.
© WPNI Slate, 2007 (distribuito da The New York Times Syndicate)
Traduzione di Rita Baldassarre