giovedì 20 dicembre 2007

Sposi a scadenza, l'Iran vuole i dico

Sposi a scadenza, l'Iran vuole i dico

La Stampa del 4 giugno 2007, pag. 13

di Farian Sabahi
Nella repubblica di Ahmadinejad la disoccupazione ha raggiunto il 25% e ogni anno 150 mila giovani lasciano il Paese in cerca di lavoro e libertà. Per risolvere i problemi ed evitare che le tensioni sociali sfocino in disordini, il ministro degli Interni Pour-Mohammadi ha invitato i giovani a contrarre matrimoni temporanei. La dichiarazione fa tornare alla ribalta una pratica promossa sia dall’ex presidente Rafsanjani sia dall’ayatollah Khomeini, che ne aveva esaltato i vantaggi persino tra i seminaristi della città santa di Qom.

«Durante il conflitto con l’Iraq, i politici iraniani invitavano gli uomini a sposare le vedove di guerra e quindi a farsene carico. E chiedevano alle iraniane di non far le schizzinose e unirsi in matrimonio ai reduci anche se invalidi», spiega l’antropologa Shahla Haeri, autrice del saggio «Law of desire». Il titolo è evocativo: il matrimonio temporaneo è infatti a fini sessuali, mentre quello permanente è volto principalmente alla procreazione. I giovani non riescono a convolare a nozze e quindi a soddisfare i propri bisogni sessuali all’interno di una cornice religiosa? La soluzione, tutta sciita e iraniana, viene dal matrimonio temporaneo, che non ha bisogno di particolari cerimonie. Può avere la durata minima di un’ora e arrivare fino a 99 anni: nel primo caso è assimilabile alla prostituzione, nel secondo è sinonimo di amore infinito. Chiamato in arabo mut’a e in persiano sigheh, fu vietato dal secondo califfo Omar nel VII secolo d.C. ma gli sciiti hanno continuato a praticarlo.

«Le caratteristiche del matrimonio temporaneo sono due: la durata e la somma di denaro o beni che il marito si impegna a versare alla moglie in cambio della disponibilità sessuale. In mancanza di uno di questi elementi si tratta di un’unione a tempo indeterminato», precisa la studiosa Haeri. Il matrimonio temporaneo garantisce maggiori libertà alla donna: «Vive a casa propria, esce senza chiedere il permesso e può lavorare, ma deve essere disponibile quando il marito la cerca». Da parte sua, l’uomo non ha particolari obblighi finanziari nemmeno quando la donna dovesse restare incinta, a meno che siano stati presi accordi diversi. I figli sono legittimi ma di fatto molti iraniani non se ne fanno carico, anche per non farsi scoprire dalla legittima consorte. Gli iraniani sono autorizzati ad avere tutte le sigheh che vogliono, considerate alla stregua di amanti e dunque invisibili al resto della famiglia.

«In questo gli iraniani non sono troppo diversi dagli italiani», commentava sornione qualche tempo fa l’ayatollah Sanei durante una conversazione a Qom: «La moglie temporanea è compagna e amante». Certo, per le donne è sempre meglio un matrimonio in piena regola. E infatti per molte il sigheh è un compromesso nella speranza di trasformare questa unione in un contratto a tempo indeterminato. La condizioni di moglie temporanea è in genere tenuta nascosta agli estranei soprattutto tra i ceti più popolari, dove le tradizioni sono più radicate. Del sigheh si vergogna infatti la signora che di mestiere fa la badante, in Iran, ma non la ragazza dell’alta borghesia.

Può sembrare strano, ma a contrarre più facilmente il sigheh sono sempre più spesso le giovani benestanti: non hanno voglia di impegnarsi in un’unione definitiva, coinvolgendo le famiglie. Non considerano più la verginità fondamentale e in ogni caso hanno denaro a sufficienza per farsi ricucire l’imene in una clinica privata pagando l’equivalente di poche centinaia di euro. Per loro il matrimonio temporaneo, contratto davanti a un mullah per avere un pezzo di carta da mostrare alla polizia religiosa, è un modo per andare a fare il fine settimana tranquilli.

Il sigheh è quindi diventato un business. A Teheran un’agenzia viaggi offre soggiorni sul Mar Caspio e, incluso nel prezzo, il matrimonio temporaneo registrato da un religioso. Un quotidiano ultraconservatore si è lamentato del lassismo. Ma ci si dimentica troppo spesso che sono proprio i mullah a ricorrere per primi a queste unioni, specialmente nei pressi dei mausolei. E non certo per amore.