La pedofilia dei funzionari di dio
Il Manifesto del 18 aprile 2007, pag. 2
di Enzo Mazzi
E’ dolorosa e penosa questa vicenda di pedofilia, di violenze psicologiche, di ricatti morali, nella parrocchia fiorentina «Regina della pace».
La pedofilia del clero è un fenomeno antico, come del resto la pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è perché tale fenomeno si sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di denunciare gli abusi e perché il potere del clero è meno assoluto e è bilanciato da altri poteri fra cui quelli della stampa e della magistratura.
La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un livello di gravita e pericolosità particolarmente pesante. Il «sacro», cose sacre, persone sacre, luoghi e tempi sacri, proprio in quanto realtà separata tende a annullare la sacralità dell'esistenza normale, esclude la sacralità del creato e quindi è implicitamente e intrinsecamente fonte di violenza. Ma se il sacro si rende responsabile di esplicite forme di violenza, come nella pedofilia dei preti, allora la violenza esplicita e quella implicita, strutturale, si potenziano reciprocamente.
I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti, fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann «Funzionari di Dìo» (Raetia, Bolzano, 1995).
Gli episodi di pedofilia emersi nella chiesa fiorentina, come in molte altre chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell'istituzione chiesa. E' ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell'istituzione.
Fa parte di una pastorale «normale», che dovrebbe essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l'imposizione di sensi di colpa che s'insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita. Per non parlare degli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo largamente maggioritario. Ma il Compendio del catechismo pubblicato di recente dal Vaticano, a domande e risposte preconfezionate, da cui non emerge nemmeno un minimo di senso di ricerca, di autonomia, di coscienza critica, non è esso stesso un invito all'indottrinamento? Come una madre possessiva, sembra che Madre Chiesa voglia mantenere in una perenne condizione infantile i suoi figli, tanto li ama. Se non rischiasse di essere male interpretato, verrebbe voglia di chiamare tutto questo «pedofilia strutturale» della chiesa, nel senso appunto di amore verso gli uomini e donne perennemente bambini E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?
C'è inoltre il silenzio dei vertici ecclesiastici. Che è assordante. Grida la mancanza di comunione, di comunicazione, di collegialità che c'è nella chiesa. E' un silenzio che denuncia l'imbarazzo e la solitudine delle gerarchie. Solo pochi giorni fa (domenica scorsa) il vescovo di Firenze ha rotto quel silenzio con una dichiarazione ai giornali. Ma con grande ritardo e in maniera reticente, come dichiarano le vittime, e inoltre senza un minimo di autocritica.
I vescovi, non tutti ma molti, sono ancora, nonostante il Concilio, monarchi che decidono quasi sempre tutto da soli, con la scusa che il loro potere deriva direttamente da Dio. E quando si trovano di fronte a situazioni imbarazzanti come questo scandalo di pedofilia nella chiesa fiorentina, sono incapaci di muoversi, di parlare, di prendere decisioni sagge. Non denuncia proprio questo, seppur con altre parole, monsignor Alessandro Plotti, vescovo di Pisa, già presidente dei vescovi toscani, nell'intervista pubblicata su Repubblica giovedì scorso?
E' tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etico-morali, simboliche. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.
Il Manifesto del 18 aprile 2007, pag. 2
di Enzo Mazzi
E’ dolorosa e penosa questa vicenda di pedofilia, di violenze psicologiche, di ricatti morali, nella parrocchia fiorentina «Regina della pace».
La pedofilia del clero è un fenomeno antico, come del resto la pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è perché tale fenomeno si sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di denunciare gli abusi e perché il potere del clero è meno assoluto e è bilanciato da altri poteri fra cui quelli della stampa e della magistratura.
La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un livello di gravita e pericolosità particolarmente pesante. Il «sacro», cose sacre, persone sacre, luoghi e tempi sacri, proprio in quanto realtà separata tende a annullare la sacralità dell'esistenza normale, esclude la sacralità del creato e quindi è implicitamente e intrinsecamente fonte di violenza. Ma se il sacro si rende responsabile di esplicite forme di violenza, come nella pedofilia dei preti, allora la violenza esplicita e quella implicita, strutturale, si potenziano reciprocamente.
I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti, fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann «Funzionari di Dìo» (Raetia, Bolzano, 1995).
Gli episodi di pedofilia emersi nella chiesa fiorentina, come in molte altre chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell'istituzione chiesa. E' ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell'istituzione.
Fa parte di una pastorale «normale», che dovrebbe essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l'imposizione di sensi di colpa che s'insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita. Per non parlare degli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo largamente maggioritario. Ma il Compendio del catechismo pubblicato di recente dal Vaticano, a domande e risposte preconfezionate, da cui non emerge nemmeno un minimo di senso di ricerca, di autonomia, di coscienza critica, non è esso stesso un invito all'indottrinamento? Come una madre possessiva, sembra che Madre Chiesa voglia mantenere in una perenne condizione infantile i suoi figli, tanto li ama. Se non rischiasse di essere male interpretato, verrebbe voglia di chiamare tutto questo «pedofilia strutturale» della chiesa, nel senso appunto di amore verso gli uomini e donne perennemente bambini E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?
C'è inoltre il silenzio dei vertici ecclesiastici. Che è assordante. Grida la mancanza di comunione, di comunicazione, di collegialità che c'è nella chiesa. E' un silenzio che denuncia l'imbarazzo e la solitudine delle gerarchie. Solo pochi giorni fa (domenica scorsa) il vescovo di Firenze ha rotto quel silenzio con una dichiarazione ai giornali. Ma con grande ritardo e in maniera reticente, come dichiarano le vittime, e inoltre senza un minimo di autocritica.
I vescovi, non tutti ma molti, sono ancora, nonostante il Concilio, monarchi che decidono quasi sempre tutto da soli, con la scusa che il loro potere deriva direttamente da Dio. E quando si trovano di fronte a situazioni imbarazzanti come questo scandalo di pedofilia nella chiesa fiorentina, sono incapaci di muoversi, di parlare, di prendere decisioni sagge. Non denuncia proprio questo, seppur con altre parole, monsignor Alessandro Plotti, vescovo di Pisa, già presidente dei vescovi toscani, nell'intervista pubblicata su Repubblica giovedì scorso?
E' tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etico-morali, simboliche. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.