giovedì 20 dicembre 2007

Pedofilia e Chiesa, ecco la verità

Pedofilia e Chiesa, ecco la verità

Liberazione del 22 maggio 2007, pag. 3

di Emilio Carnevali
Non è ancora andato in onda (e neppure si sa se Michele Santoro riuscirà a mandarlo), che il documentario della Bbc Sex crimes and the Vatican ha già sollevato un mare di polemiche. L'Avvenire ha sferrato un durissimo attacco preventivo: «I calunniatori dovrebbero chinare il capo e chiedere scusa», ha scritto Andrea Galli dalle colonne del quotidiano della Cei.
In realtà, il documentario, andato in onda sulla tv britannica lo scorso 1 ottobre nell'ambito della serie investigativa "Panorama", non svela nulla di nuovo. Al centro dell'inchiesta, che ricostruisce diverse vicende di abusi perpetrati in Irlanda, Stati Uniti e Brasile, vi è il documento segreto del Sant'Uffizio Crimes Sollecitationis , inviato nel 1962 a tutti i vescovi e contenente le procedure da utilizzare per trattare i casi, compiuti in sede di confessione, di istigazione a pratiche sessuali da parte di sacerdoti. Il documento rivela la fermissima volontà da parte dell'allora prefetto della Sacra Congregazione del Sant'uffizio card. Alfredo Ottaviani, che i reati compiuti dal clero non emergano alla conoscenza dell'opinione pubblica (la punizione massima in cui avrebbero potuto incorrere coloro che fossero stati riconosciuti colpevoli del crimine di sollecitazione è infatti meno grave di quella prevista per chi avesse rotto il vincolo del segreto, ovvero la scomunica).
Il documento è però noto sin dal 2003, quando era stato presentato a tutto il mondo dal network statunitense Cbs e dal settimanale inglese The Observer (in Italia furono pubblicati anche ampi stralci della traduzione dal latino dall'agenzia di stampa Adista). Il documentario della Bbc si limita a riproporre la questione, puntando in particolare il dito contro Joseph Ratzinger, che da Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede sarebbe stato per 20 anni il responsabile dell'applicazione di questo decreto finalizzato all'"insabbiamento" dei casi di pedofilia nel clero.
Il vero dato che emerge da questa vicenda è l'ennesima dimostrazione che nel nostro Paese la Chiesa cattolica appare protetta da una virtuale "intangibilità". Mandare in onda un documentario già trasmesso dalla televisione pubblica britannica, una delle più prestigiose ed autorevoli del mondo, è considerato qui da noi un imperdonabile affronto, una provocazione laicista (chissà se anche in questo caso sarà rispolverata l'accusa di "terrorismo" come per il malcapitato Andrea Rivera, che dal palco del Primo Maggio aveva "osato" criticare la non concessione del funerale religioso a Piergiorgio Welby). L'informazione religiosa deve limitarsi a passare i comunicati stampa della Santa Sede, le sintesi dei discorsi del papa all'Angelus e le prolusioni del presidente della Cei.
Dei numerosissimi casi di pedofilia nel clero italiano quasi nessuno parla, dal momento che fa fede la versione ufficiale data dal segretario della Cei Betori: il fenomeno è «talmente minoritario che non merita attenzione specifica» (maggio del 2002. Nello stesso anno negli stati Uniti scoppiava lo scandalo dei preti pedofili). Peccato che dal 2000 ad oggi più di 50 sacerdoti sono andati sotto inchiesta, ed in molti casi condannati, per abusi sessuali a danni di minori. Il tutto nel più totale silenzio da parte dei media e della Chiesa cattolica, che fa di tutto per occultare i fatti. Il caso forse più clamoroso - che testimonia l'enorme impegno delle autorità ecclesiastiche per evitare che anche in Italia scoppi uno scandalo sul modello di quello americano - è quello del vescovo di Agrigento mons. Carmelo Ferraro. Il vescovo è infatti arrivato a chiedere ad un ex seminarista, vittima di un prete pedofilo che aveva già patteggiato la condanna a 2 anni e 6 mesi, un risarcimento di 200mila euro per danni all'"immagine" e al "prestigio" della Chiesa di Agrigento presso l'"opinione pubblica". La "colpa" dell'ex seminarista era stata quella di denunciare pubblicamente non solo gli abusi subiti, ma anche le responsabilità e i silenzi del vescovo nel corso dell'intera vicenda. Solo dopo una puntata di Mi manda Rai Tre dello scorso dicembre nella quale era stato ricostruito il caso, mons. Ferraro ha fatto marcia indietro e ha ritirato la citazione. Ora l'ex seminarista ha anche ricevuto da parte del prete condannato un risarcimento economico per i danni subiti.
Rimane il problema di una Chiesa cattolica che tende a sottrarre le proprie interne vicende al dibattito pubblico. E rimane il problema dei grandi organi di informazione nazionali spesso troppo acquiescenti nei confronti di un tale atteggiamento. Se la "provocazione" di Santoro contribuirà almeno in parte a infrangere questi tabù, non potrà che essere considerata una iniziativa meritoria del nostro servizio pubblico. Saranno poi gli spettatori a giudicare la qualità e l'equilibrio del lavoro giornalistico. La censura preventiva è in ogni caso la peggiore delle soluzioni, soprattutto quando è motivata da diktat esterni.