Chiara Lalli, docente di logica e filosofia della scienza alla Sapienza - autrice di "Dilemmi della Bioetica", Liguori Editore - interviene nella discussione nata dopo la presa di posizione dei quattro direttori delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia delle facoltà di Medicina delle università romane che invitano a rianimare il feto abortito a prescindere dalla volontà della madre. «E' un attacco politico - dichiara Lalli - il bersaglio è la 194».
«Un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio». Cosa vuol dire? Cosa cambierebbe rispetto alla 194? Niente. Perché l'articolo 7 della legge 194 afferma testualmente: «Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo6 (ovvero di grave pericolo per la vita della donna) e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto».
Dunque, nessun attacco alla 194?
Non in modo onesto e diretto. L'attacco e il rischio risiedono nel voler trasformare le indicazioni sui prematuri in legge o linee guida. Gli interventi e le decisioni vanno prese caso per caso, in base alla patologia.
In concreto?
Per esempio un grande prematuro può trovarsi in condizioni simili sia 22 o che a 28 settimane; cosi come per gli anencefali la situazione non cambia con l'avanzamento della gestazione. Non basta l'età gestazionale per decidere cosa fare e se rianimare, e sarebbe assurdo stilare un documento con tutti i casi possibili. Lo spazio decisionale del medico è una parte buona della 194 che va difesa. La battaglia, ancora una volta, è mal posta anche se il bersaglio è chiaro.
Il bersaglio è ancora una volta la 194?
Certo, è un attacco politico. Sul piano operativo sarebbe sufficiente adottare la carta di Firenze del 2007 (redatta come regolamento etico), stilata da importanti neonatologi insieme a molte associazioni. E sarebbe fondamentale ricordare che circa il 30-35% dei neonati prematuri (22,23 o 24 settimane di gestazione) muore in sala parto. Circa il 45% è sottoposto a cure intensive e muore durante la terapia. La sopravvivenza è del 25%; ma il 95% dei sopravvissuti ha gravi handicap cerebrali. Quanto riportato sul "prendere tempo" (nel documento che ha avviato le polemiche) è un orrore umano morale e medico. Prendere tempo significa protrarre una agonia? Il tempo non è moralmente neutrale ed invocarlo schiaccia e ignora i sentimenti dei genitori, incastrati in un meccanismo delirante di intubazioni forzate e di terapia intensiva.
Da qualche tempo si sente riparlare dei valori religiosi anche in ambito medico-scientifico. Quali rischi?
Il rischio maggiore è quello di immettere valori personali in una pratica che dovrebbe tendere a valere per tutti e a considerarli dati "oggettivi".
Perché parla di valori personali?
Personali perché la religione riguarda la sfera personale e intima, non quella pubblica ne, tantomeno, quella medica e scientifica. Che l'embrione sia persona oppure no è un giudizio morale non medico. Vorrei inoltre ricordare che il cattolicesimo è una delle religioni, non "la Religione". Per questo motivo è così importante il valore della laicità. Non per una moda sciocca ed edonista, ma perché garantisce uno spazio entro il quale ognuno sceglie secondo le
proprie preferenze a patto di non danneggiare i terzi. Se io faccio il pompiere non posso dire che la mia religione mi impedisce di spegnere un incendio in un luogo sconsacrato. Dunque, se faccio il medico devo prendere in carico anche i miei doveri, oltre che lo stipendio.
E' una critica ai medici obiettori?
Io mi chiedo: essere Testimone di Geova è compatibile con la professione di medico? Se non faccio entrare le mie credenze direi di sì. Ma se dico non ti faccio una trasfusione perché è contraria alla mia religione, allora qualche problema di compatibilità si pone.
Dunque, se il medico è convinto che l'embrione è persona potrebbe anche opporsi alla contraccezione o alla pillola del giorno dopo; e di fatto accade spesso. Senza contare che la 194 ammette l'obiezione di coscienza, ma pervertendo il suo significato profondo. L'obiezione in senso stretto prevede rischi personali (perfino il carcere); invece oggi chi fa l'obiettore riceve una promozione.
Testamento biologico, eutanasia, ora aborto. Ultimamente si è creato un fronte di medici e di politici pronti alle barricate. Che ne pensa?
Nonostante le dichiarazioni sulla libertà come valore fondamentale, è diffusa l'idea che le persone non siano capaci di scegliere cosa sia meglio per loro. Lo Stato vuole scegliere qual è il nostro bene e dirci se e come morire, come curarci, come vivere. Il tratto comune è l'attacco alla libertà personale e alla autodeterminazione. E' bene anche ricordare che se c'è la libertà di scegliere nessuno è costretto ad abortire, morire o divorziare. E' una possibilità in più e solo se ci sono più possibilità ci sono scelte morali. Se ho una sola strada da percorrere non sarà né morale né immorale: è l'unica possibilità che ho. L'alternativa al relativismo morale, che ormai dire a qualcuno "sei un relativista" è quasi un insulto, è l'oppressione e il dogmatismo.
In che senso?