giovedì 20 dicembre 2007

Bush tra veti e cellule etiche

Bush tra veti e cellule etiche
Il Riformista del 21 giugno 2007, pag. 4

di Anna Meldolesi

I ricercatori americani che vorrebbero lavorare sulle cellule staminali embrionali con fondi federali si devono rassegnare. Bush ha deciso di esercitare ancora una volta il veto contro la legge con cui il Congresso sperava di allentare le restrizioni imposte dalla Casa Bianca nel 2001. Per difendersi dalle critiche, però, il presidente americano ha annunciato anche una nuova iniziativa a favore della ricerca con le cellule pluripotenti «etiche», quelle prodotte senza danneggiare gli embrioni. Oltre a brandire il bastone, dunque, Bush allunga alla comunità scientifica una carota. Ma si tratta di un`offerta poco allettante, perché rafforza l’illusione che gli embrioni siano inutili e le alternative siano già pronte per l’uso. Purtroppo non è così.



La sequenza degli esperimenti salva-embrioni assomiglia a una marea montante ed è piena di schiuma. L’ultimo exploit risale al 7 giugno 2007, quando Nature e Cell Stem Cell annunciano progressi nel campo dello "sdifferenziamento": i risultati preliminari pubblicati l’estate scorsa dal gruppo del giapponese Shinya Yamanaka sono stati replicati e le cellule simil-embrionali così prodotte mostrano una spiccata pluripotenza. A leggere i giornali sembra che il Santo Graal sia ormai a portata di mano: a cosa servono gli embrioni se è possibile ri-programmare le cellule della pelle trasformandole in cellule equivalenti a quelle embrionali doc? Oltretutto la notizia viene diffusa la sera prima dell’ultimo voto della Camera sulle staminali e offre un aiuto insperato al fronte ostile alla ricerca sugli embrioni. La legge che si propone di ampliare il numero di linee cellulari ammesse nel registro federale ottiene una maggioranza notevole ma non a prova di veto (247 contro 176). Peccato però che gli esperimenti in questione siano stati fatti sul topo e prima di brindare sarebbe stato meglio aspettare di ripetere l’exploit con cellule umane.





Entusiasmi altrettanto eccessivi si erano accesi nel gennaio di quest’anno, quando Anthony Atala e Paolo De Coppi hanno pubblicato su Nature Biotechnology risultati incoraggianti sulle cellule staminali del liquido amniotico. Anche in questo caso il timing ha favorito Bush: pochi giorni dopo l’annuncio, infatti, la Camera ha votato ancora una volta la legge su cui l’estate scorsa si era abbattuto il primo veto presidenziale. Queste coincidenze, tra l’altro, hanno alimentato strampalate teorie cospirazioniste, secondo cui il potente gruppo editoriale di Nature vorrebbe tenere sotto scacco la ricerca pubblica americana per favorire la scienza britannica. Ma basta conoscere un po’ le dinamiche dell’editoria scientifica per avanzare ipotesi più sensate: per esempio che Nature e la rivista consorella abbiano semplicemente colto l’opportunità di avvicinare la data di pubblicazione dei lavori in questione a un appuntamento politico che avrebbe garantito un’ampia cassa di risonanza. I filoni di ricerca sulle staminali «etiche» piacciono alla stampa almeno quanto alla politica e nel 2005 era stata sempre Nature a lanciare la moda con la pubblicazione di altri due lavori del genere: il trasferimento nucleare alterato di Rudolf Jaenisch e il metodo della biopsia di Robert Lanza. Quest’ultimo è restato nella lista nera del Vaticano ma non dispera ancora di ottenere il placet della Casa Bianca e proprio ieri ha annunciato altri progressi al meeting annuale dell’International Society for Stem Cell Research che si è tenuto a Cairns in Australia.



Bush ha fatto sapere che sono stati proprio i recenti successi nel campo dello sdifferenziamento e delle staminali amniotiche che lo hanno convinto a perseverare e a rilanciare. Secondo quanto anticipato dalla stampa americana, infatti, chiederà al Dipartimento per la salute di sviluppare entro tre mesi le linee guida per finanziare gli studi salva-embrioni. Dovrebbe rientrarvi anche l’estrazione di cellule da embrioni clinicamente morti, anche se - è il caso di ricordarlo - non esiste alcun consenso nella comunità scientifica su come sia possibile stabilire la morte di un embrione.


Ovviamente queste proposte meritano di essere approfondite, ma a due condizioni. I finanziamenti dovrebbero andare alle ricerche che sono scientificamente, oltre che eticamente, più promettenti, altrimenti alla fine rischiamo di trovarci con un pugno di mosche in mano. E poi non dobbiamo stancarci di ricordare che la ricerca con le cellule embrionali resta necessaria. Nessuno, infatti, può essere certo di aver scommesso sul cavallo vincente finché non taglierà il traguardo e un unico traguardo, forse, non esiste neppure. Probabilmente tecniche diverse serviranno a risolvere problemi diversi e in definitiva tutti utilizzano una rete di conoscenze comuni, che non consente di tracciare confini netti tra esperimenti buoni e cattivi. Anche per questo ci teniamo a riferire che dal meeting australiano è arrivata un’altra notizia degna di nota: l’Oregon National Primate Research Center di Portland ha ricavato delle linee di cellule staminali embrionali da un primate clonato (una scimmia rhesus). Questo obiettivo è rimasto a lungo elusivo, tanto da far dubitare che clonare i primati (e dunque gli uomini) fosse effettivamente possibile. A Bush probabilmente questo risultato non farà piacere, ma serve a ricordare che la ricerca va avanti in tutte le direzioni.