giovedì 20 dicembre 2007

I limiti della Chiesa

I limiti della Chiesa

La Repubblica del 17 maggio 2007, pag. 22

di Alberto Asor Rosa

A un'istituzione mille­naria come la Chiesa di Roma non si può pensare che manchi la saggezza. Questa saggezza, misurata con quel me­tro millenario, consiste (oltre in altre cose, come dire, più riserva­te ed interiori) nel praticare e predicare un formidabile senso del limite: «Pulvis es et pulvis rediebis». La vita terrena è una milizia, un transito: la vera vita, promos­sa e promessa dal Cristo, è l'Al­dilà, dove sarà tutto compiuto e perfetto quel che qui è tutto incompiuto e imperfetto.



C'è qualcosa d'eroico in que­sta immane resistenza al senso del moderno, che invece è tutto mutamento, fungibilità e ricerca del nuovo. E nessuno potrà obiettare in linea di principio che la Chiesa svolga questa funzione, che è la sua: perché se non la svol­gesse, non sarebbe più lei, e la modernità perderebbe il suo principio oppositivo, che è sem­pre bene che ci sia.



Tuttavia, la saggezza della Chiesa conosce anch'essa un li­mite: perché la Chiesa è ispirata da Dio, ma non è Dio, che è il so­lo infallibile (a dir la verità anche questo, come vedremo, è un punto di discussione). Mi per­metto di osservare che la Chiesa entra qualche volta nell'errore (e qualche volta anche clamorosa­mente) quando pratica senza senso del limite il suo senso del limite. Ovvero quando contraddi­ce manifestamente il nocciolo più profondo della sua saggezza, che consiste nel mantenere un certo (necessariamente instabi­le) equilibrio fra il terreno e il di­vino, fra il celestiale e l'umano.



In casi del genere, quanto più il caso è acuto, si può arrivare al de­lirio.



Farò due soli esempi sul piano storico.



Nel 1633, com'è noto, Galileo Galilei fu sottoposto a processo dal Sant'Uffizio (che operava in pieno accordo con il Pontefice Urbano Vili) a causa della tesi da lui sostenuta nel suo Dialogo so­pra i due massimi sistemi del mondo, secondo cui (molto sin­teticamente) la terra girava intorno al sole e non viceversa. Il 22 giugno di quell'anno Galilei fu giudicato colpevole e condanna­to, per «aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch'il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente a occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo» (lo stesso Ga­lilei, timoroso di fare la fine di Bruno o di affrontare di nuovo i rigori della tortura dichiarò nella sua abiura di essersi persuaso a «lasciar la falsa opinione che il so­le sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muo­va», perché «detta dottrina è con­traria alla Sacra Scrittura»).



In questo caso, di una certa in­negabile rilevanza (mi pare), alla scoperta scientifica ci si limitava ad opporre puramente e sempli­cemente ['«autorità» dei Libri sa­cri (vecchia questione, su cui non posso soffermarmi, ma che meri­terebbe di essere riesumata an­che oggi).



Dunque: se la Chiesa di Roma l'avesse avuta vinta, e se la condanna di Galilei avesse consegui­to i frutti sperati, noi saremmo qui tutti ancora a sostenere che «la terra sia il centro del mondo e che non si muova» (il Dialogo ga­lileiano fu tolto dall'Indice solo due secoli più tardi quando or­mai la battaglia per fermare il corso del sole appariva inequivo­cabilmente persa).



Nel 1870 lo Stato della Chiesa, dopo le precedenti vicende risor­gimentali, era ridotto al solo Lazio. E' noto che passi furono fatti, in particolare dall'entourage di Vittorio Emanuele II, per ottenere che Papa Pio IX accettasse pa­cificamente la riunificazione del Lazio e di Roma all'Italia.



Solo dopo il rifiuto netto del Pontefice, e approfittando del­l'indignazione provocata dalla decapitazione in Roma di Monti e Tognetti (gli ultimi patrioti che abbiano perso la vita per la causa dell'Unità italiana), le truppe ita­liane entrarono nel Lazio e libe­rarono Roma, passando per la breccia di Porta Pia. In questo ca­so, le Sacre Scritture non diceva­no nulla in merito del potere tem­porale dei Papi. Tuttavia la Chie­sa di Roma fece della difesa del­l'ultimo brandello di «teocrazia» un baluardo invalicabile della propria dottrina, ancorando i cattolici, per quasi mezzo secolo, alla «non collaborazione» con il neonato Stato liberale italiano (non sarà male ricordare che il cattolicesimo liberale nasce nel corso del Risorgimento proprio in opposizione all'intransigentismo papale).



Dunque: se il punto di vista della Chiesa di Roma avesse pre­valso, non ci sarebbe l'Italia, e Roma non ne sarebbe la Capitale (so che qualcuno lo considere­rebbe positivo, ma io resto fedele alle scelte dei nostri padri).



La forma del mondo e il potere temporale: due forme concrete, l'una del sapere l'altra della poli­tica, l'una della realtà fisica, l'al­tra di quella umana, su cui la Chiesa ha impegnato tutto il suo prestigio per mantenere lo status quo: perdendo, direi inevitabil­mente, date le premesse.



Che accade oggi? Cos'è in gio­co oggi? Qual è il sole che sta fer­mo, quale la terra che gira (o vice­versa)? Alla frontiera fisica e a quella pratica, terrena, se ne ag­giunge una, ancor più decisiva: quella della vita. Quel che è in gioco oggi è l'insieme delle que­stioni che riguardano più da vici­no l'esistenza umana: la vita, ap­punto, e con la vita, necessaria­mente, la morte; le relazioni fra le persone, il sesso; la conoscenza dei misteri della sopravvivenza; la possibilità d'influenzare le na­scite.



Insomma, ogni momento è scelta della vita umana, dalla pri­ma comparsa sulla scena del mondo (il concepimento) fino alle modalità della definitiva scomparsa (ed è evidente, non si può far finta di non vedere, che ci sarà dentro prima o poi anche l'eutanasia).



Sullo sfondo il problema dei li­miti (appunto) della conoscenza umana. Un complesso formidabile di fattori, da affrontare, sul­l'uno come sull'altro versante, con estrema prudenza. Ma in­tanto senza mai dimenticare che Galilei andò sotto processo esat­tamente per aver infranto i limiti della conoscenza e non essersi accontentato, come facevano quasi tutti al suo tempo, della «verità» delle Sacre Scritture (che in realtà sull'argomento da lui af­frontato dicevano poche parole di sapore quasi infantile).



Ora, pare a me che la Chiesa di Roma reagisca oggi a questo complesso di fattori con la medesima assenza di senso del limite con cui reagì quando le furono strappati prima il dominio della conoscenza dell'Universo e poi il dominio (politico e territoriale) su di un pezzo della nostra terra (miserabile cosa, a pensarci be­ne, ma a fronteggiar la quale, so­lo pochi mesi prima che accades­se, fu elaborato niente di meno che il dogma dell'infallibilità pa­pale ex cathedra, la cosa più in­credibile che abbia mai partorito la teologia cattolica nel corso di tutta la sua storia). E' la preoccu­pazione di perdere un altro pez­zo del suo dominio sugli uomini che le fa perdere il senso del limi­te e, con il senso del limite, il senso della misura. I preti in piazza!



L'appello alla fedeltà di co­scienza da parte dei politici cat­tolici! Sembra d'esser tornati a una situazione pre-risorgimentale, al Papa-Re, agli esorcismi contro quelli che s'azzardavano a scrutare la volta del cielo con due lenti infilate in un tubo di metallo (il cosiddetto cannocchiale).



Invece ci sarebbe molto biso­gno di una posizione cattolica saggia.



Ce ne sarebbe bisogno, perché dall'altra parte il senso del limite e la prudenza si misurano con un eccesso travolgente di ottimismo progressista. Il relativismo - tan­to per mettere i puntini sulle i -, non è l'assenza dei valori (che potrebbe esserne, e non sempre, una conseguenza). Il relativismo è il mutamento incessante delle conoscenze e delle tecnologie, che ad ogni istante ci mettono di fronte a passaggi per ognuno dei quali in passato ci sarebbero vo­luti secoli. Regole son da porre, non v'è dubbio. Ma non a partire dal rifiuto dei risultati della conoscenza, che va per suo conto, e opporsi alla quale significhereb­be solo andare incontro ad un'al­tra cocente sconfitta (forse quel­la decisiva, perché non si vede cosa ci sia oltre la vita).


Il dibattito sulla vita (compre­so quello sui sessi e sulla sessua­lità) come fenomeno caratterizzante i livelli attuali dell'espe­rienza umana non ha forse lo stesso valore scardinante che eb­be la scoperta di Galilei che la terra girava intorno al sole, ma è cer­tamente della stessa natura, per­ché cambia nozione e pratica dell'umano--umano che, per de­finizione, è divino. Perché la Chiesa di Roma non ne prende atto?