I vescovi dettano legge al Tribunale
Il Manifesto del 26 settembre 2007, pag. 3
di Mimmo De Cillis
La sentenza è arrivata puntuale. Dopo quella del tribunale, è giunta quella del pulpito. La Chiesa italiana non ha digerito il pronunciamento del Tribunale di Cagliari sul diritto, concesso a una coppia di cittadini talassemici, di effettuare la diagnosi preimpianto su un embrione congelato, per il ricorso alla fecondazione assistita. Proprio ieri la Conferenza Episcopale Italiana chiudeva la sua assemblea del Consiglio permanente e l'occasione è stata buona per il segretario generale dei vescovi, mons. Giuseppe Betori, di esprimere sdegno e disappunto. «Pensavo che i tribunali applicassero le leggi e giudicassero in coerenza con esse», ha detto piccato il segretario. «La sentenza è in netto contrasto con la legge 40 e con l'interpretazione della Corte Costituzionale: un giudice non può emettere un giudizio che smentisce la legge e la Consulta». E i vescovi chiudono in men che non si dica la questione della discussa legge 40, in cui sembra aprirsi una crepa, per non lasciare alcuna speranza a chi vorrebbe rimetterla in discussione: «L'abbiamo sempre difesa - ha ricordato Betori - sia pure con le sue imperfezioni. Non abbiamo nessuna intenzione di ritornarci sopra». Così come si preoccupano di legittimare pienamente ed elogiare l'operato di realtà quali il «Forum delle associazioni familiari», o il comitato «Scienza & Vita», «organismi laicali accomunati dai medesimi obiettivi: essere presentì sulla scena del paese, partecipare al dibattito pubblico, difendere la dignità della persona, costruire ponti verso gli altri soggetti sociali, esercitarsi nel dialogo con il mondo attraverso il discernimento culturale». Il merito - sottolinea il comunicato firmato da Betori - è quello di «porsi come segno di contraddizione rispetto al pensiero dominante e ai comportamenti più diffusi» e di aprire il dialogo con quanti «a livello culturale, politico e sociale sono sinceramente disponibili a lasciarsi provocare» dalle questioni relative alla vita, alla famiglia, alla società come concepita nel pensiero cattolico.
E la questione della diagnosi sull'embrione ha oscurato altri due temi toccati nell'intervento di Betori: gli scandali a Firenze («La chiesa non teme la verità») e il movimento dell'antipolitica, bocciato dalla Cei che invece invita i cittadini a partecipare attivamente alla vita pubblica e alla dialettica democratica (e partitica) nel paese.
Ma tant'è. Le dichiarazioni di Betori hanno provocato il coro dei politici nostrani che si sono affannati a rincorrere o delegittimare l'intervento dei vescovi. Scandalizzato (!) per la decisione della magistratura sarda è l'Udc che, con il capogruppo alla Camera, Luca Volonté, ha chiesto l'intervento del ministro della Giustizia e ha ricordato che «in Italia l'eugenetica è vietata». Stesso pericolo paventato dal senatore Fi Gaetano Quagliariello, mentre per il presidente Udc, Rocco Bottiglione, «il pronunciamento di Cagliari viola chiaramente la separazione dei poteri fra legislativo e giudiziario». Ben diversa è l'opinione del ministro per il Commercio internazionale, Emma Bonino: «Per fortuna, un elemento di buon senso», ha commentato, chiedendo: «Quando la tecnologia mette a disposizione o dei medicinali o delle soluzioni per problemi del cittadino, è possibile impedire a questo cittadino l'accesso alle tecnologie, con motivazioni religiose o di qualunque tipo?». E l'associazione Luca Coscioni chiede con urgenza «una riforma della legge 40, assurda legge proibizionista». «Con le parole di Monsignor Betori abbiamo capito che le leggi le fa la Cei e non il Parlamento», nota Lanfranco Turci, vicecapogruppo della Rosa nel Pugno alla Camera. «Al presule vorremmo ricordare l'obbligo anche per l'episcopato italiano di rispettare la Costituzione».
«Il Tribunale di Cagliari ha emesso una sentenza che non lascia spazio all'ipocrisia», chiosa Graziella Mascia, vice presidente dei deputati di Rifondazione comunista. «La giovane donna è malata di talassemia e il rischio che il suo bimbo possa ereditare tale malattia è molto forte», spiega Mascia. «Questa vicenda dimostra ancóra una volta quanto l'attuale legge sulla procreazione assistita sia un vero e proprio scempio. Accogliere la richiesta della giovane coppia significa dare una possibilità in più a chi vuole avere figli. Negare questo diritto è una vergogna».
NOTE
Lettera22
Il Manifesto del 26 settembre 2007, pag. 3
di Mimmo De Cillis
La sentenza è arrivata puntuale. Dopo quella del tribunale, è giunta quella del pulpito. La Chiesa italiana non ha digerito il pronunciamento del Tribunale di Cagliari sul diritto, concesso a una coppia di cittadini talassemici, di effettuare la diagnosi preimpianto su un embrione congelato, per il ricorso alla fecondazione assistita. Proprio ieri la Conferenza Episcopale Italiana chiudeva la sua assemblea del Consiglio permanente e l'occasione è stata buona per il segretario generale dei vescovi, mons. Giuseppe Betori, di esprimere sdegno e disappunto. «Pensavo che i tribunali applicassero le leggi e giudicassero in coerenza con esse», ha detto piccato il segretario. «La sentenza è in netto contrasto con la legge 40 e con l'interpretazione della Corte Costituzionale: un giudice non può emettere un giudizio che smentisce la legge e la Consulta». E i vescovi chiudono in men che non si dica la questione della discussa legge 40, in cui sembra aprirsi una crepa, per non lasciare alcuna speranza a chi vorrebbe rimetterla in discussione: «L'abbiamo sempre difesa - ha ricordato Betori - sia pure con le sue imperfezioni. Non abbiamo nessuna intenzione di ritornarci sopra». Così come si preoccupano di legittimare pienamente ed elogiare l'operato di realtà quali il «Forum delle associazioni familiari», o il comitato «Scienza & Vita», «organismi laicali accomunati dai medesimi obiettivi: essere presentì sulla scena del paese, partecipare al dibattito pubblico, difendere la dignità della persona, costruire ponti verso gli altri soggetti sociali, esercitarsi nel dialogo con il mondo attraverso il discernimento culturale». Il merito - sottolinea il comunicato firmato da Betori - è quello di «porsi come segno di contraddizione rispetto al pensiero dominante e ai comportamenti più diffusi» e di aprire il dialogo con quanti «a livello culturale, politico e sociale sono sinceramente disponibili a lasciarsi provocare» dalle questioni relative alla vita, alla famiglia, alla società come concepita nel pensiero cattolico.
E la questione della diagnosi sull'embrione ha oscurato altri due temi toccati nell'intervento di Betori: gli scandali a Firenze («La chiesa non teme la verità») e il movimento dell'antipolitica, bocciato dalla Cei che invece invita i cittadini a partecipare attivamente alla vita pubblica e alla dialettica democratica (e partitica) nel paese.
Ma tant'è. Le dichiarazioni di Betori hanno provocato il coro dei politici nostrani che si sono affannati a rincorrere o delegittimare l'intervento dei vescovi. Scandalizzato (!) per la decisione della magistratura sarda è l'Udc che, con il capogruppo alla Camera, Luca Volonté, ha chiesto l'intervento del ministro della Giustizia e ha ricordato che «in Italia l'eugenetica è vietata». Stesso pericolo paventato dal senatore Fi Gaetano Quagliariello, mentre per il presidente Udc, Rocco Bottiglione, «il pronunciamento di Cagliari viola chiaramente la separazione dei poteri fra legislativo e giudiziario». Ben diversa è l'opinione del ministro per il Commercio internazionale, Emma Bonino: «Per fortuna, un elemento di buon senso», ha commentato, chiedendo: «Quando la tecnologia mette a disposizione o dei medicinali o delle soluzioni per problemi del cittadino, è possibile impedire a questo cittadino l'accesso alle tecnologie, con motivazioni religiose o di qualunque tipo?». E l'associazione Luca Coscioni chiede con urgenza «una riforma della legge 40, assurda legge proibizionista». «Con le parole di Monsignor Betori abbiamo capito che le leggi le fa la Cei e non il Parlamento», nota Lanfranco Turci, vicecapogruppo della Rosa nel Pugno alla Camera. «Al presule vorremmo ricordare l'obbligo anche per l'episcopato italiano di rispettare la Costituzione».
«Il Tribunale di Cagliari ha emesso una sentenza che non lascia spazio all'ipocrisia», chiosa Graziella Mascia, vice presidente dei deputati di Rifondazione comunista. «La giovane donna è malata di talassemia e il rischio che il suo bimbo possa ereditare tale malattia è molto forte», spiega Mascia. «Questa vicenda dimostra ancóra una volta quanto l'attuale legge sulla procreazione assistita sia un vero e proprio scempio. Accogliere la richiesta della giovane coppia significa dare una possibilità in più a chi vuole avere figli. Negare questo diritto è una vergogna».
NOTE
Lettera22