giovedì 20 dicembre 2007

Il monsignore e la badessa

Il monsignore e la badessa

L'Opinione del 3 aprile 2007, pag. 1

di Paolo Pillitteri

Chi c'è di più "teo" dei cattolici tradizionali? Più papista dei teo-dem? Ovvio: gli atei devoti. Categoria bene individuata da uno che se ne intende come Giulio Andreotti. Che ha battezzato, è proprio il caso di dirlo, con questo felice neologismo una nuova genia di devoti al Papa che, purtuttavia, non credono a Dio, figuriamoci alla Santissima Trinità e men che meno al Pontefice stesso. Un non senso, ma tant'è, in momenti di identità politiche evanescenti.



Che sono forse, anzi senza forse. una delle cause di una simile conversio ad absurdum - ci si scusi il latinorum, ma nelle faccende di Chiesa, benché alea, è un must - che sta contagiando una significa­tiva setta di intellettuali e maitre a penser, guidata dal nostro Giuliano Ferrara, passato dal Foglio al So­glio. Del resto è stato proprio l'Ele­fantino, con una azzeccatissima trovata semantica - il che gli capita sovente, per fortuna - ad attribuire il titolo di Venerabile Badessa ad una neo adepta degli atei devoti, Lucia "Lucy" Annunziata. Avevamo ap­pena finito di leggere il ricordo del suo '"1977" - dove il culto del sasso da scagliare contro Lama s'intreccia col rimprovero severo al Pci di al­lora di non aver capito quei poveri ragazzi in vena di devastazioni quo­tidiane, e invece quel Pci aveva ra­gione da vendere - e ci accingevamo a trarre una nuova prova della con­tinuità di una vocazione giovanilistica a rivestire il peggio del peggio della nostra storia patria con le vesti auree e immacolate dell'ingenua principessa, quando la sua intervista a Monsignor Fisichella, nella "Mezz’ora" domenicale, ci ha con­fermato nelle più vive congratulazioni con noi stessi. La Lucy Annunziata è di certo una delle mi­gliori di quel bigoncio, per quanto non si sia mai visto da parte di nes­suno dei reduci del mitico '77, peraltro finiti a posti di primo piano nei mass media, un sia pur lieve cenno di pentimento, con l'aggra­vante che non pochi non ci rispar­miano, almeno un paio di volte alla settimana, la lezioncina etica ed estetica. Dunque, è stata per noi una imperdibile occasione assistere allo spettacolo dell'umiltà, della sot­tomissione, del pentimento. Era ora. Sui giornali infuriava la polemica dei laici, i pochi rimasti, col solito Capezzone educatamente ma ferma­mente in dissenso col Vaticano a proposito di Dico, gay, incesto e pe­dofilia. Era, anche e soprattutto per i neofiti atei devoti, la domenica delle Palme, festa che anticipa la Pa­squa e che ricordiamo, fin da pic­coli, indissolubilmente legata all'Ulivo benedetto segno di pace, ma non solo. Aleggiava quest'aura di preghiera in attesa dei riti della Settimana Santa e da ogni tele­schermo si spargevano le benedi­zioni delle sante messe televisive, culminate con quella grande in San Pietro. Per inciso: lo spazio dedicato in Tv alla Chiesa comprende anche le messe? In questo contesto l'inter­vista della Badessa a Monsignore Fisichella era, e non poteva non esserlo, in ginocchio. Nel conteggio del tempo televisivo, sarebbe una prova pro Ecclesiam, forse. Le domande dell'intervistatrice quasi sus­surrate, le considerazioni educate e i distinguo appena enunciati. Le ri­sposte ferme, pacate, cordiali. Ac­colte da cenni del capo della reverenda madre superiora di Rai Tre. Si avvertiva comunque, nel­l'eloquio di Monsignor Fisichella, sereno e mai interrotto - come sa in­vece fare l'Annunziata persino col Cavaliere - l'eco sempre immanente delle ultime uscite del Cardinale Bagnasco. che tanto clamore hanno suscitato. Non però in quello spazio televisivo, assurto a luogo di culto e di preghiera, dove la Badessa col Monsignore hanno celebrato il rito del Vespro pomeridiano. Un'espia­zione per i figli del '77. Una congratulazione per noi, che non lo siamo.