Il Vaticano perde la testa e insulta Metà mondo politico gli va dietro
Liberazione del 3 maggio 2007, pag. 1
di Checchino Antonini
«Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato il funerale a Welby e non sia stato così per Pinochet, Francisco Franco e uno della Banda della Magliana», ha detto Andrea Rivera dal palco del Concertone del Primo maggio, pochi istanti dopo aver preso di mira lo scetticismo di Ratzinger a proposito di darwinismo. «Infatti la Chiesa non s'è mai evoluta», ha commentato il giovane comico romano tra gli applausi (e qualche fischio) dei ragazzi a braccia alzate nella ressa di Piazza S.Giovanni. Immediata la presa di distanza dei promotori del più grande concerto pop d'Europa, i sindacati confederali, temperata solo dallo stupore di Paolo Rossi che non ha notato nulla di clamoroso nelle parole del collega. Ma il peggio doveva venire. «Anche questo è terrorismo», scriverà il giorno seguente L'Osservatore Romano , house organ del Vaticano, riaprendo la polemica a metà giornata. Terrorismo criticare il papa: «Terrorismo lanciare attacchi alla Chiesa, alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell'amore», scrive il quotidiano papale. Prodi, da Lisbona, manda a dire che «gli scriteriati ci sono sempre», suggerisce «chi ha buonsenso lo usi», ma resta il dubbio sulla riva del Tevere occupata dai senza criterio.
L'Osservatore se la prende sia con una folla «facilmente eccitabile» , sia con chi ha scelto l'artista romano per condurre l'evento assieme a Claudia Gerini e Paolo Rossi. La scomunica è secca e durissima, strumentale e pindarica: ci sarebbe un collegamento tra la satira a piccole dosi di Rivera, le recenti pesanti minacce al capo della Cei, Bagnasco, e perfino, i segnali di risveglio brigatista (su internet) e la chiesa deve difendersi dall'«offensiva che cerca di trovare terreno fertile nell'odio anticlericale». Fini aggiunge alla lista anche le minacce a Cofferati e l'incidente al banchetto referendario di Segni. Ma l'equazione del foglio d'Oltretevere è così hard che i ben informati mormorano qualcosa circa l'imbarazzo della Cei, la conferenza episcopale italiana, tutt'altro che tempio del politically correct, ma che per ora non parla.
A proposito del buon senso evocato da Prodi: in serata Fausto Bertinotti, presidente della Camera, rifiuterà di commentare il putiferio di dichiarazioni. «Meglio tacere - dice alle agenzie - per evitare che cresca inutilmente un rumore che non fa bene alla politica». Ma i buoi erano già scappati dalla stalla, fin da quando un esponente di medio calibro di Forza Italia, tale Maurizio Lupi, s'è messo a strepitare su una presunta emergenza democratica dicendo che gli sembrava di rivedere scene già viste, i cattivi maestri eccetera eccetera. Le deputate azzurre, prontamente, chiedono a Palazzo Chigi di dissociarsi dalle parole di Rivera (come se qualcuno abbia mai chiesto a Berlusconi di dissociarsi da Martufello). Francesco Giro, responsabile forzista per i rapporti col mondo cattolico, ordina di abbassare i toni. Naturalmente ce l'ha con Rivera che prova a dire che le battute erano concordate con gli autori, che lui non voleva offendere persone o religioni e che la satira serve a far riflettere non certo a istigare un clima d'odio. «Se alcune battute sono state ritenute fuori luogo, allora anche l'articolo 21 è da ritenersi fuori luogo dalla nostra Costituzione», dice Rivera costretto a incassare l'accusa di cacciatore di notorietà da gente come Rotondi, leader della mini Dc. Macché è solo «becero relativismo etico», ripete l'ennesimo azzurro, Sanza mentre l'ex ministro delle Comunicazioni, Landolfi di An, ritiene che la Rai dovrebbe porgere le scuse al Vaticano. Bondi è «preoccupato e disgustato» come Buttiglione la sera prima, che aveva reagito a caldo nei tg del primo maggio. I giovani dell'Udc ingaggiano un duello, dai toni quarantotteschi, contro i giovani socialisti colpevoli di aver difeso il diritto alla libertà d'opinione. E Volonté, giovane Udc, accusa i radicali di essere i «mandanti» di Rivera. A Mastella piaceva di più il Rivera calciatore, che manco a dirlo era democristiano.
«Quando si arriva a parlare di terrorismo per la battuta di un giovane comico mi pare che si faccia, anche se involontariamente, della pericolosa provocazione», sbotta Alessandro Curzi, consigliere d'amministrazione Rai, ricordando come, a prendere le distanze e a chiarire tempestivamente il caso Rivera sono intervenuti tutt'e tre i segretari confederali e il direttore di Rai3. «Che si voleva di più? Che bruciassimo in piazza Rivera? Che si dimettesse il governo? Che Marx chiedesse scusa per essere venuto al mondo?». «L'Osservatore sta veramente esagerando», aggiunge Giovanni Russo Spena, capogruppo alla Camera del Prc e cattolico, per il quale dovrebbero essere le gerarchie ecclesiastiche a dissociarsi dal suo rogano ufficiale: «Neanche scrivere sui muri è terrorismo. E' sgradevole, incivile ma non certo terrorismo. E se si arriva a intimidire i comici siamo davvero arrivat a un livello pericoloso di intolleranza». A pronunciarsi contro la caccia alle streghe saranno anche socialisti, Pdci e radicali mentre non mancheranno prese di posizione (come il ds Giulietti e il dl Cacciari) di assoluto disacccordo sia dalle parole di Rivera che dalla nota del giornale papale.
«Allora torniamo al Papa Re e a una sana teocrazia», suggerisce Beppe Grillo dal suo blog, avvertendo le eventuali «piccole conseguenze» come la «chiusura delle fabbriche di preservativi e qualche piccolo fuoco in Campo de' Fiori per i ragazzacci come Rivera». Resta il dubbio sull'accusa generica di scriteriatezza pronunciata da Prodi: «Spero che quelle parole siano rivolte all'Osservatore romano - si augura Michele De Palma, della segreteria nazionale di Rifondazione - dare del terrorista a chi pensa diversamente dalle gerarchie vaticane significa avvelenare il dibattito civile».
Liberazione del 3 maggio 2007, pag. 1
di Checchino Antonini
«Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato il funerale a Welby e non sia stato così per Pinochet, Francisco Franco e uno della Banda della Magliana», ha detto Andrea Rivera dal palco del Concertone del Primo maggio, pochi istanti dopo aver preso di mira lo scetticismo di Ratzinger a proposito di darwinismo. «Infatti la Chiesa non s'è mai evoluta», ha commentato il giovane comico romano tra gli applausi (e qualche fischio) dei ragazzi a braccia alzate nella ressa di Piazza S.Giovanni. Immediata la presa di distanza dei promotori del più grande concerto pop d'Europa, i sindacati confederali, temperata solo dallo stupore di Paolo Rossi che non ha notato nulla di clamoroso nelle parole del collega. Ma il peggio doveva venire. «Anche questo è terrorismo», scriverà il giorno seguente L'Osservatore Romano , house organ del Vaticano, riaprendo la polemica a metà giornata. Terrorismo criticare il papa: «Terrorismo lanciare attacchi alla Chiesa, alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell'amore», scrive il quotidiano papale. Prodi, da Lisbona, manda a dire che «gli scriteriati ci sono sempre», suggerisce «chi ha buonsenso lo usi», ma resta il dubbio sulla riva del Tevere occupata dai senza criterio.
L'Osservatore se la prende sia con una folla «facilmente eccitabile» , sia con chi ha scelto l'artista romano per condurre l'evento assieme a Claudia Gerini e Paolo Rossi. La scomunica è secca e durissima, strumentale e pindarica: ci sarebbe un collegamento tra la satira a piccole dosi di Rivera, le recenti pesanti minacce al capo della Cei, Bagnasco, e perfino, i segnali di risveglio brigatista (su internet) e la chiesa deve difendersi dall'«offensiva che cerca di trovare terreno fertile nell'odio anticlericale». Fini aggiunge alla lista anche le minacce a Cofferati e l'incidente al banchetto referendario di Segni. Ma l'equazione del foglio d'Oltretevere è così hard che i ben informati mormorano qualcosa circa l'imbarazzo della Cei, la conferenza episcopale italiana, tutt'altro che tempio del politically correct, ma che per ora non parla.
A proposito del buon senso evocato da Prodi: in serata Fausto Bertinotti, presidente della Camera, rifiuterà di commentare il putiferio di dichiarazioni. «Meglio tacere - dice alle agenzie - per evitare che cresca inutilmente un rumore che non fa bene alla politica». Ma i buoi erano già scappati dalla stalla, fin da quando un esponente di medio calibro di Forza Italia, tale Maurizio Lupi, s'è messo a strepitare su una presunta emergenza democratica dicendo che gli sembrava di rivedere scene già viste, i cattivi maestri eccetera eccetera. Le deputate azzurre, prontamente, chiedono a Palazzo Chigi di dissociarsi dalle parole di Rivera (come se qualcuno abbia mai chiesto a Berlusconi di dissociarsi da Martufello). Francesco Giro, responsabile forzista per i rapporti col mondo cattolico, ordina di abbassare i toni. Naturalmente ce l'ha con Rivera che prova a dire che le battute erano concordate con gli autori, che lui non voleva offendere persone o religioni e che la satira serve a far riflettere non certo a istigare un clima d'odio. «Se alcune battute sono state ritenute fuori luogo, allora anche l'articolo 21 è da ritenersi fuori luogo dalla nostra Costituzione», dice Rivera costretto a incassare l'accusa di cacciatore di notorietà da gente come Rotondi, leader della mini Dc. Macché è solo «becero relativismo etico», ripete l'ennesimo azzurro, Sanza mentre l'ex ministro delle Comunicazioni, Landolfi di An, ritiene che la Rai dovrebbe porgere le scuse al Vaticano. Bondi è «preoccupato e disgustato» come Buttiglione la sera prima, che aveva reagito a caldo nei tg del primo maggio. I giovani dell'Udc ingaggiano un duello, dai toni quarantotteschi, contro i giovani socialisti colpevoli di aver difeso il diritto alla libertà d'opinione. E Volonté, giovane Udc, accusa i radicali di essere i «mandanti» di Rivera. A Mastella piaceva di più il Rivera calciatore, che manco a dirlo era democristiano.
«Quando si arriva a parlare di terrorismo per la battuta di un giovane comico mi pare che si faccia, anche se involontariamente, della pericolosa provocazione», sbotta Alessandro Curzi, consigliere d'amministrazione Rai, ricordando come, a prendere le distanze e a chiarire tempestivamente il caso Rivera sono intervenuti tutt'e tre i segretari confederali e il direttore di Rai3. «Che si voleva di più? Che bruciassimo in piazza Rivera? Che si dimettesse il governo? Che Marx chiedesse scusa per essere venuto al mondo?». «L'Osservatore sta veramente esagerando», aggiunge Giovanni Russo Spena, capogruppo alla Camera del Prc e cattolico, per il quale dovrebbero essere le gerarchie ecclesiastiche a dissociarsi dal suo rogano ufficiale: «Neanche scrivere sui muri è terrorismo. E' sgradevole, incivile ma non certo terrorismo. E se si arriva a intimidire i comici siamo davvero arrivat a un livello pericoloso di intolleranza». A pronunciarsi contro la caccia alle streghe saranno anche socialisti, Pdci e radicali mentre non mancheranno prese di posizione (come il ds Giulietti e il dl Cacciari) di assoluto disacccordo sia dalle parole di Rivera che dalla nota del giornale papale.
«Allora torniamo al Papa Re e a una sana teocrazia», suggerisce Beppe Grillo dal suo blog, avvertendo le eventuali «piccole conseguenze» come la «chiusura delle fabbriche di preservativi e qualche piccolo fuoco in Campo de' Fiori per i ragazzacci come Rivera». Resta il dubbio sull'accusa generica di scriteriatezza pronunciata da Prodi: «Spero che quelle parole siano rivolte all'Osservatore romano - si augura Michele De Palma, della segreteria nazionale di Rifondazione - dare del terrorista a chi pensa diversamente dalle gerarchie vaticane significa avvelenare il dibattito civile».