mercoledì 19 dicembre 2007

La follia religiosa uccide il giuramento d'Ippocrate

La follia religiosa uccide il giuramento d'Ippocrate

Corriere della Sera del 13 luglio 2007, pag. 46

di Christopher Hitchens

A dispetto di ogni possibile presunzione d'inno­cenza, si direbbe che l'ultima cellula di aspiran­ti assassini in Gran Bretagna, in ordine di tem­po, sia composta da membri della professione medica. Quando ero ragazzo, sentir parlare della «congiura dei dottori» faceva correre un brivido nella schiena: racchiudeva tutta la paranoia del dittatore sovietico Stalin nei confronti dei suoi medici ebrei, accusati di un infame complotto — inventato di sana pianta — per far fuori i massimi esponenti del partito.



Oggi appare certo che il mese scorso vi sia stata dav­vero una «congiura dei dottori» a Londra, dove un paio di auto cariche di bombole di gas e di chiodi sono state scoperte e fermate in tempo, mentre a Glasgow un'altra vettura è saltata in aria schiantandosi contro le barriere di sicurezza dell'aeroporto cittadino. I com­plici coinvolti in questo complotto terroristico erano talmente assetati di martirio da precipitarsi dalla sce­na di un attentato fallito alla successiva, tanto brama­vano far scempio della vita altrui. Sono stati arrestati sei sospettati, molti dei quali lavoravano alle dipenden­ze del servizio sanitario britannico.



Davanti a tanto orrore, la reazione normale è un profondo shock, proprio perché pensiamo che i princi­pi di Ippocrate dovrebbero attirare un tipo speciale di persona verso l'alta vocazione e la nobile pratica della medicina. Non solo vogliamo essere sicuri di questo, quando ci rechiamo dal medico per una visita, ma ci aspettiamo altresì che il medico impegnato in politica sarà ispirato da motivazioni umanitarie.



Certo, questo era vero un tempo per la sinistra. Tra i più potenti fattori di attrazione esercitati dal sociali­smo sulle classi medie vi era proprio l'esperienza dei medici nei ghetti urbani, costretti ad affrontare gior­nalmente le gravi ingiustizie e disuguaglianze che ri­guardavano la salute pubblica. Mao Zedong compo­se un peana in onore del medico canadese Norman Bethune, inventore della trasfusione sul campo di bat­taglia, che rinunciò a una promettente carriera per correre in aiuto alle forze rivoluzionarie nelle guerre civili in Spagna e in Cina. Salvador Allende in Cile, Vassoi Lyssarides a Cipro, questi sono i nomi di alcu­ni famosi leader politici che hanno saputo conquistar­si l'ammirazione dei poveri, mettendo in pratica gli ideali ippocratici.



Se la medicina è gerarchica in quanto professione, essa resta democratica nella sua essenza. In principio, il dottore non deve rifiutarsi di curare nessuno e deve sempre fare del suo meglio per salvare la vita umana e debellare la malattia. Quando si legge di dottori che ingannano i loro pazienti o li avvelenano per appro­priarsi dei loro beni o per altri motivi, proviamo un'indignazione ben più profonda che se si trattasse di un avvocato che tenta di spennare un cliente. Qui siamo davanti a un tradimento che ci tocca molto più da vici­no: il medico che uccide a caso è una figura terrificante che ha violato la nostra fiducia.



Eppure anche il lato oscuro della professione medi­ca appartiene a una tradizione popolare ben nota. I signori Burke e Hare, che hanno ispirato la storia di Robert Louis Stevenson, «Il ladro di cadaveri», non erano sempre disposti a pazientare per procurarsi i cadaveri da vendere al professore di anatomia, e non esi­tavano a uccidere per rifornirsi di materia prima.



Un opinionista del Financial Times di recente ha fatto i nomi di Josef Mengele e di Che Guevara, due medici capaci di crudeltà estrema. Ai miei occhi tutta­via il paragone è ingiusto: Mengele, un nazista, era un sadico in camice bianco, mentre Guevara, un rivolu­zionario che non esitava a far fuori i nemici di classe, non giunse mai al punto di prostituire la sua professio­ne medica per raggiungere i suoi scopi.



Tuttavia, gli elementi sadici e aberranti nella pro­fessione medica non spiegano il ricorso alla strage nel caso attuale. Qui non c'è nulla da guadagnare sotto il profilo sperimentale e le occasioni per una bella vivi­sezione sono assai limitate, quando la borsa degli strumenti è una macchina imbottita di gas propano e di chiodi.



Pertanto occorre guardare altrove, se vogliamo tro­vare una spiegazione. Perché i dottori in questo caso volevano trasformarsi in assassini? La risposta è sem­plice. Per ideologia religiosa.



Forse ricorderete il caso del dottor Baruch Goldstein. Il 25 febbraio del 1994, questo medico dell'eserci­to israeliano si precipitò nella cosiddetta «Tomba dei Patriarchi» a Hebron imbracciando una mitragliatri­ce e aprì il fuoco contro la folla di fedeli musulmani, uccidendo 29 persone di ogni età e di entrambi i sessi, prima di essere abbattuto egli stesso.

Non ci volle molto per stabilire che Goldstein, che non era un tipo strano né tanto meno uno psicotico, aveva dato ampio preavviso del suo carattere e delle sue intenzioni. Fonti dell'esercito riferirono che si rifiu­tava di curare pazienti arabi, drusi o «gentili», citando a sostegno del suo comportamento la legge Halachica, che esonera l'ebreo devoto dal prestar soccorso a un non ebreo. (Questa storia allucinante è narrata nel Ca­pitolo 6 del libro «Il fondamentalismo ebraico in Israe­le» di Israel Shanak e Norton Mezvinsky).



Dal punto di vista di Goldstein, gli insegnamenti religiosi scavalcavano tutti i precetti ippocratici e ci furono numerosi rabbini che appoggiarono la sua posi­zione. Ci furono anche molti rabbini che trasformaro­no la sua toniba in un sacrario all'eroico martire ebreo, e i figli dei coloni ultra-ortodossi indossarono ben presto un distintivo con la frase «Il dottor Gold­stein ha curato i mali di Israele».



Oggi pare che un medico iracheno, nell'antica e cele­bre cittadina universitaria di Cambridge, sia stato in­fettato dalla propria fede religiosa al punto da invoca­re la morte dei suoi rivali musulmani e mostrare video di decapitazioni agli amici che si macchiavano di sacri­legio, perché ogni tanto suonavano la chitarra.



Ricordiamo che lo stalinismo stesso si era autodefi­nito un «grande esperimento» sull'essere umano e che i fascisti si vantavano di voler estirpare i tumori della società e i «bacilli» che provocavano disordini nel «cor­po politico» (altra espressione rivelatrice).


Persino le nostre metafore di guarigione possono trasformarsi in orribili negazioni, come la forma più antica e più attuale di totalitarismo, la follia religiosa, che oggi rischia di infettare anche i medici.

NOTE

Christopher Hìtchens, 2007 Traduzione di Rita Baldassarre