A Roma lo sfratto è "divino”
L'Opinione del 3 maggio 2007, pag. 4
di Dimitri Buffa
La coincidenza temporale con i giorni in cui si sta preparando il Family day sembra fatta apposta per provocare i facili sarcasmi da parte degli anti clericali duri e puri. Fatto sta che in questi giorni decine di famiglie e di anziani che abitano negli appartamenti dell' Apsa, "Amministrazione del patrimonio della sede apostolica" site intorno alle mura leonine appena fuori dello Stato Città del Vaticano, alcuni dei quali, ironia della sorte, in vie e piazze che portano il nome di illustri pontefici, tra cui un predecessore per nome dell'attuale pontefice, cioè un appartamento sito a via Benedetto XIV, stanno ricevendo lo sfratto per finita locazione. Ad agire per conto del patrimonio della Santa Sede l'avvocato Giulio Favino che rappresenta il Vaticano su delega di "sua eminenza reverendissima il signor Cardinale Attilio Nicora" presidente dell'Apsa, che a sua volta è delegato direttamente, mediante scrittura chirografa depositata presso il notaio Paride Marini Elìsei (studio in via Alberico II), dal Papa Benedetto XVI con atto notorio del 23 maggio 2005 firmato personalmente dal Papa attuale. E la cui firma è certificata come autentica da padre Giovanni Malizia, "officiale della segreteria di stato affari generali". Detta in parole povere è come se il Papa in persona chiedesse all'avvocato Giulio Favino di sfrattare le famiglie e gli anziani che abitano questi vecchi palazzi che oltretutto il Vaticano costruì nel dopoguerra con i soldi americani del piano Marshall riservati alla Santa Sede. Alcuni sfrattati e loro familiari si sono rivolti al consigliere della Rosa nel Pugno del primo municipio Mario Staderini e hanno raccontato storie poco edificanti come "contrattazioni prendere o lasciare" fatte da ammiccanti funzionari vaticani e suggerimenti di "trovarsi amicizie in Vaticano per fare revocare l'istanza di sfratto" Insomma rivolgersi ai più classici dei santi in paradiso. In udienza altri avvocati hanno raccontato che l'avvocato che rappresenta il Vaticano per gli sfratti, su delega indiretta del Papa, ha chiesto quasi sempre la procedura d'urgenza minacciando anche il ricorso alla forza pubblica. Così i diretti interessati hanno pensato bene di fare conoscere alla stampa la "carità cristiana con cui la Santa Sede si sta preparando al "family day". Dall'inchiesta fatta nel 1977 da "L'Europeo" risultava che un quarto di Roma era in mano vaticana, e la pubblicazione di dati e indirizzi costò al direttore Gianluigi Melega il licenziamento da parte dell'editore Rizzoli. Oggi sono almeno 2000 gli enti ecclesiastici proprietari di immobili a Roma: confraternite, pontifici collegi, monache, ordini religiosi. Nel centro storico possiedono negozi, appartamenti, interi stabili pregiati, che rendono il Vaticano determinante per qualsiasi politica abitativa, oltre che per l'evoluzione del mercato stesso. Il valore complessivo delle "case del Papa" oggi è enorme e la collocazione degli appartamenti è ambita. Ma non sempre è stato così: sino a 30/40 anni orsono, i rioni romani (come Campo dei Fiori, Trastevere, Borgo) erano luoghi da cui si scappava a causa della povertà e dell'abbandono in cui versavano i palazzi e per il degrado sociale di quelle zone frequentate da tossici e piccoli malviventi. Fu così che gli unici ad avere il coraggio di vivere in quelle case decrepite con i bagni alla turca fossero i ceti più poveri, cui gli enti religiosi affittarono gli appartamenti altrimenti destinati al degrado. Poi negli anni '80 ci fu la riqualificazione e gli immobili quadruplicarono di valore e iniziò (a lunga stagione degli sfratti pontifici.
Oggi si calcola che il patrimonio delle case di pertinenza vaticana solo in Roma sia almeno pari a un quinto di tutti gli alloggi del centro storico e delle zone limitrofe. Quando il proprietario è un ente ecclesiastico, e quindi collegato statutariamente con il Vaticano, le particolarità sono che le case pagano il 50% delle tasse sul reddito derivante dagli affitti perché trattandosi di enti della Santa Sede, enti ecclesiastici ed Onlus, i proprietari degli immobili hanno la riduzione del 50% dell'Ires, ovvero dell'imposta sul reddito cui vanno ricondotti i redditi fondiari derivanti da affitto di immobili. Si tratta spesso di immobili frutto di lasciti e donazioni, quindi vincolati ad "uso caritatevole": passati tanti anni nessuno più controlla e vengono magari trasformati in alberghi. Gli immobili ecclesiastici, specie quelli del centro storico, sono accatastati come case popolari o ultrapopolari, quindi pagano un decimo dell'ICI. Le persone sfrattate hanno per decenni mantenuto il patrimonio, quando non c'erano ne cessi ne riscaldamenti e le zone suddette erano considerate malfamate.
L'Opinione del 3 maggio 2007, pag. 4
di Dimitri Buffa
La coincidenza temporale con i giorni in cui si sta preparando il Family day sembra fatta apposta per provocare i facili sarcasmi da parte degli anti clericali duri e puri. Fatto sta che in questi giorni decine di famiglie e di anziani che abitano negli appartamenti dell' Apsa, "Amministrazione del patrimonio della sede apostolica" site intorno alle mura leonine appena fuori dello Stato Città del Vaticano, alcuni dei quali, ironia della sorte, in vie e piazze che portano il nome di illustri pontefici, tra cui un predecessore per nome dell'attuale pontefice, cioè un appartamento sito a via Benedetto XIV, stanno ricevendo lo sfratto per finita locazione. Ad agire per conto del patrimonio della Santa Sede l'avvocato Giulio Favino che rappresenta il Vaticano su delega di "sua eminenza reverendissima il signor Cardinale Attilio Nicora" presidente dell'Apsa, che a sua volta è delegato direttamente, mediante scrittura chirografa depositata presso il notaio Paride Marini Elìsei (studio in via Alberico II), dal Papa Benedetto XVI con atto notorio del 23 maggio 2005 firmato personalmente dal Papa attuale. E la cui firma è certificata come autentica da padre Giovanni Malizia, "officiale della segreteria di stato affari generali". Detta in parole povere è come se il Papa in persona chiedesse all'avvocato Giulio Favino di sfrattare le famiglie e gli anziani che abitano questi vecchi palazzi che oltretutto il Vaticano costruì nel dopoguerra con i soldi americani del piano Marshall riservati alla Santa Sede. Alcuni sfrattati e loro familiari si sono rivolti al consigliere della Rosa nel Pugno del primo municipio Mario Staderini e hanno raccontato storie poco edificanti come "contrattazioni prendere o lasciare" fatte da ammiccanti funzionari vaticani e suggerimenti di "trovarsi amicizie in Vaticano per fare revocare l'istanza di sfratto" Insomma rivolgersi ai più classici dei santi in paradiso. In udienza altri avvocati hanno raccontato che l'avvocato che rappresenta il Vaticano per gli sfratti, su delega indiretta del Papa, ha chiesto quasi sempre la procedura d'urgenza minacciando anche il ricorso alla forza pubblica. Così i diretti interessati hanno pensato bene di fare conoscere alla stampa la "carità cristiana con cui la Santa Sede si sta preparando al "family day". Dall'inchiesta fatta nel 1977 da "L'Europeo" risultava che un quarto di Roma era in mano vaticana, e la pubblicazione di dati e indirizzi costò al direttore Gianluigi Melega il licenziamento da parte dell'editore Rizzoli. Oggi sono almeno 2000 gli enti ecclesiastici proprietari di immobili a Roma: confraternite, pontifici collegi, monache, ordini religiosi. Nel centro storico possiedono negozi, appartamenti, interi stabili pregiati, che rendono il Vaticano determinante per qualsiasi politica abitativa, oltre che per l'evoluzione del mercato stesso. Il valore complessivo delle "case del Papa" oggi è enorme e la collocazione degli appartamenti è ambita. Ma non sempre è stato così: sino a 30/40 anni orsono, i rioni romani (come Campo dei Fiori, Trastevere, Borgo) erano luoghi da cui si scappava a causa della povertà e dell'abbandono in cui versavano i palazzi e per il degrado sociale di quelle zone frequentate da tossici e piccoli malviventi. Fu così che gli unici ad avere il coraggio di vivere in quelle case decrepite con i bagni alla turca fossero i ceti più poveri, cui gli enti religiosi affittarono gli appartamenti altrimenti destinati al degrado. Poi negli anni '80 ci fu la riqualificazione e gli immobili quadruplicarono di valore e iniziò (a lunga stagione degli sfratti pontifici.
Oggi si calcola che il patrimonio delle case di pertinenza vaticana solo in Roma sia almeno pari a un quinto di tutti gli alloggi del centro storico e delle zone limitrofe. Quando il proprietario è un ente ecclesiastico, e quindi collegato statutariamente con il Vaticano, le particolarità sono che le case pagano il 50% delle tasse sul reddito derivante dagli affitti perché trattandosi di enti della Santa Sede, enti ecclesiastici ed Onlus, i proprietari degli immobili hanno la riduzione del 50% dell'Ires, ovvero dell'imposta sul reddito cui vanno ricondotti i redditi fondiari derivanti da affitto di immobili. Si tratta spesso di immobili frutto di lasciti e donazioni, quindi vincolati ad "uso caritatevole": passati tanti anni nessuno più controlla e vengono magari trasformati in alberghi. Gli immobili ecclesiastici, specie quelli del centro storico, sono accatastati come case popolari o ultrapopolari, quindi pagano un decimo dell'ICI. Le persone sfrattate hanno per decenni mantenuto il patrimonio, quando non c'erano ne cessi ne riscaldamenti e le zone suddette erano considerate malfamate.